In altri tempi, come hanno fatto notare a De Boer, l'Inter per un 1-1 contro il Bologna sarebbe uscita tra i fischi impietosi del Meazza. Eppure, oggi non si respirava atmosfera di guerra, a parte forse contro Ranocchia per la grossa occasione sul finale, ma quello è stato un momento di scoramento generale, di quando stai per prendere qualcosa che ti è caro ma ti scivola via tra le dita come fosse sabbia fine. Eppure, sono arrivati gli applausi per questa Inter. Come mai? Diverse ragioni.

Anzitutto, per via di quella che è stata la decisione incredibile di De Boer, la vera chiave di volta del match nerazzurro: quella di togliere dopo ventotto minuti dal campo Geoffrey Kondogbia. Ma non per infortunio, nè per motivi fisici, quanto per il vero, autentico motivo che correva tra le bocche di tutti gli spettatori del Meazza: perchè stava giocando in un modo indecoroso. La palla sanguinosa persa a centrocampo che ha dato il via al gol di Destro è opera sua, e dopo quell'errore non si è più ripreso, anzi, tutt'altro, ha dato inizio al suo personale calvario: passaggi sbagliati e prevedibili, marcature approssimative, e una tensione pari a quella dello studente poco preparato ad un esame universitario. E De Boer, da buon, intransigente professore come sta dimostrando di essere, non ha concesso il lusso della successiva domanda all'esaminando francese, ma lo ha semplicemente invitato ad alzarsi dalla sedia comunicandogli la bocciatura. Una bocciatura che il pubblico di casa ha dimostrato di condividere ampiamente, chi coi fischi, che sono piovuti, chi con gli applausi, se all'indirizzo dell'olandese per il cambio, se per il subentrante Gnoukouri, se per incoraggiare comunque Kondogbia non ci è dato sapere. Probabile un misto tra queste tre.

Ed anche nel dopopartita, l'allenatore non ha certo tenuto a freno la lingua, anzi, se possibile ha messo le cose in chiaro nel modo più crudo e sincero possibile. Senza edulcorare, senza perdersi in giri di parole. Straight to the point, come si direbbe in inglese, dritto al punto. E adesso Kondogbia rischia davvero grosso, perchè c'è chi scalpita in panchina, e oggi lo ha dimostrato. E con buona pace dei 30 milioni spesi, che ormai sono volati via, ora l'Inter non deve più difendere un investimento pesante. Deve difendere sè stessa.

Il secondo motivo è direttamente collegato a quello di prima: De Boer. Arrivato tra lo scetticismo di tutti, di chi gli preferiva tutto sommato Mancini, di chi pensava ad un nuovo salto nel buio, di chi pensava che dopo le prime due partite c'era già pronto Capello, ha mostrato di cosa è capace. Non con arroganza, non con superficialità, ma con una dote rara, che non si vedeva da queste parti da un pò di tempo: col lavoro. Già, perchè l'olandese non è uno che transige sulla serietà negli allenamenti, sulla visione dei giocatori come una squadra, sul fatto che in campo si deve mantenere l'intensità sino al triplice fischio finale. Brozovic ne sa qualcosa, dopo la partita contro l'Hapoel. Ecco, da quella partita probabilmente De Boer ha capito molte cose su come funzionava l'Inter prima di lui, ovvero che chi se ne frega. Si gioca male? e vabbè. Non ci si impegna? Tanto anche gli altri non si impegneranno, perchè devo farlo io, spiegatemelo. Subiamo un gol? è finita, non ce la faremo mai. De Boer ha intaccato sin dalle fondamenta queste cattive abitudini, con la rabbia e la grinta del nuovo capo che vede mollezza da parte dei suoi dipendenti. Il campionato è ancora lungo, quindi come prima si sbagliava ad affossarlo adesso non si deve fare l'errore opposto di incensarlo per ogni respiro, ma il modo in cui ha cambiato l'Inter è sotto gli occhi di tutti, e non solo per la vittoria contro la Juventus. Adesso c'è un'Inter che pressa dal primo minuto, che mantiene una costante intensità, che si sacrifica davanti e dietro, che sputa sangue, che lotta e che ringhia. Si vede la passione ritrovata, e questo è un grosso merito proprio del coach, e il tifoso questo lo capisce subito. Ora più che mai, diamogli tempo. Sta pure imparando l'italiano, segno che ci tiene per davvero, almeno per questo merita fiducia. Giusto come aneddoto, sempre all'Inter, nel 2009, un allenatore tolse al ventinovesimo Sulley Muntari, che non stava seguendo le direttive in campo, senza tanti complimenti, alla prima di campionato. Chi era quell'allenatore?

Il terzo motivo è legato invece sia al primo che al secondo, perchè in parte si genera dal primo e in parte è merito del secondo. Ovvero, Gnoukouri (classe 1996) e Miangue (classe 1997). Chi ha seguito in questi anni l'Inter Primavera sa bene che questi due ragazzi non sono certo lì per caso, ma sono lì perchè nella loro categoria hanno fornito eccellenti prestazioni. La nuova società, ed anche Thohir, ha sempre avuto come obiettivo la valorizzazione del vivaio e dei tanti, promettenti giovani che vi militano. Eppure, il loro utilizzo in campionato è sempre stato limitato. Mancini ha prima lodato Gnoukouri l'estate scorsa per poi non fargli giocare pressochè nessuna partita, e occludendogli la possibilità di giocare in prestito in qualche altra squadra per farsi le ossa. Per un calciatore giovane questo equivale a una condanna a morte. Checchè ne pensino alcuni, i giovani calciatori non crescono meglio in panchina, ma crescono meglio giocando le partite, tastando con mano (specialmente i portieri, per ovvi motivi) le difficoltà della Serie A e le responsabilità che derivano dall'accontentare gli esigenti tifosi neroazzurri, che per loro han sempre avuto un debole: lo si vede quando nominano più Gnoukouri di Melo, quando affianco a Santon, Nagatomo e D'Ambrosio, iniziano a pronunciare anche Miangue, in attesa di Ansaldi. Poi quando scendono in campo, mostrano pressochè' tutto il loro repertorio, con l'emozione che ancora fa ballare loro le gambe: Gnoukouri, subentrato al disastroso Kondogbia, mostra subito di avere un altro passo, e anche una maggiore precisione nei passaggi, come oggi quando ha lanciato Candreva con un pallone perfetto, da centrocampista/mediano vero, senza ovviamente disinteressarsi della fase difensiva; Miangue invece ha dimostrato che un terzino può non solo stare in difesa e fare pressing sugli avversari, ma anche spingersi in avanti, cercare il dribbling, ed addirittura crossare al centro. Sembra inaudito, ma i terzini fanno anche questo, creano superiorità e coadiuvano gli esterni d'attacco nella manovra offensiva. Insomma, si sono trovate in casa le alternative a Joao Mario ed Ansaldi. Vediamo di non dimenticarlo. Ma De Boer sembra uno con una buona memoria. Chissà se vedremo anche Yao.

Il quarto motivo, è l'Inter in sè. Vedere Ranocchia che azzecca una scivolata nel secondo tempo è come assistere ad un miracolo divino, vederlo azzeccare una seconda scivolata di fila ha fatto accendere diversi ceri nelle chiese. E quando gira addirittura lui, significa che qualcosa (tra molti "forse") sta davvero cambiando. Avrebbe potuto segnare quel gol, ma sarebbe stato chiedergli davvero troppo, sarebbe venuto giù lo stadio intero. Il fatto che abbia preso la sufficienza, al netto tra una netta insufficienza nel primo tempo e un secondo tempo convincente, parla da solo. Icardi continua con il suo solito lavoro a cui ci sta abituando in queste giornate, oltre ai gol: sacrificio, rottura ed interdizione, come un vero capitano. Peccato solo per quel liscio in area. Perisic, superati gli iniziali screzi con De Boer, adesso si è rimesso in piedi alla grandissima, segnando il gran gol del pareggio e risultando il migliore in campo, per chilometri macinati e panico creato. Miranda è il classico muro, così come Medel, due guerrieri instancabili che lottano per novanta minuti. Candreva è al suo terzo assist stagionale, e mostra che la fiducia in lui era ben riposta. Handanovic poteva fare meglio sul gol ma questa è un giornata di lodi, quindi passerà un pò più in secondo piano, per una volta. Il quinto, conclusivo motivo, è l'ingresso di Gabriel Barbosa. Gabigol ha subito mostrato di non sentire affatto la pressione, ed infatti al primo pallone toccato eccolo tentare un paso doble. Ha toccato non molti palloni, ma la voglia di fare la ha. Ancora non è ancora integrato negli schemi, ma ci sarà tempo. Nel frattempo, è bello vederlo esordire di fronte al pubblico di casa ed è bello sentire il boato che ha accompagnato il suo ingresso in campo.

Insomma, un punto che certo, sta stretto per quanto si è visto, ma che non fa disperare come i punti persi l'anno scorso o il punto perso contro il Palermo. Contro, va detto, un gran Bologna, molto bene organizzato da Donadoni. In attesa della sfida di coppa e della Roma, godiamoci questa Inter in divenire, è sempre meglio che vedere quella finita dell'anno scorso.