Storie di calcio - III stagione - XI episodio

"Abbiamo passato insieme i migliori anni della nostra vita, vinto tanto, condiviso gioie bellissime. Quando sono andato via dalla Juve siamo comunque rimasti molto legati. Era impossibile non volergli bene, era impossibile parlare male di lui. Gli volevo molto bene."

Franco Causio ne ha fatta di strada per diventare un qualcuno. Il ragazzo, dopo una lunga gavetta che lo ha portato dal Lecce (sua città natale) fino alla Juventus, è stato un giocatore capace di avere il guizzo della punta e il cervello del centrocampista raffinato. In tutto ha collezionato nove trofei compreso il mondiale spagnolo del 1982. 

L'undicesima puntata la dedichiamo a Franco Causio "Il Barone salentino."

Nato il Lecce il primo febbraio 1949, il giovane fin dai tempi della scuola aveva una propensione naturale al gioco del calcio. Quando frequentava l'istituto tecnico industriale, nelle ore di educazione fisica, tutti i compagni di classe vollero fare una partita insieme a lui.

Cresciuto nella Juventina Lecce, il suo maestro Attilio Adamo, lo porta nel settore giovanile giallorosso. A soli quindici anni, Causio verrà convocato alla "De Martino" che sarebbe l'attuale Primavera. Per Franco inizia la sua fase ascendente e tutto arriva quando il Lecce nella stagione 1964/65 stava per ottenere una tranquilla salvezza, fino a quando alcuni giocatori iniziarono a protestare per il mancato pagamento degli stipendi. Addirittura non si presentarono in campo nelle ultime tre partite dell'annata.

Causio debuttò così alla terzultima giornata contro la capolista Reggina. Nella giornata successiva, il Lecce doveva affrontare una Sambenedettese in grandissima forma. Il match era fermo sull'1-1 e il tecnico dei marchigiani Alberto Eliani fece una sfuriata ai suoi giocatori e alla fine i rossoblù vinsero l'incontro con un 2-1 sofferto. Tra i migliori in campo, spicca il giovanissimo Causio. La Samb non è riuscita a fermare l'incredibile avanzata del Barone. 

Alberto Eliani ne rimase impressionato dalla sua qualità e decise a tutti i costi di ingaggiare il sedicenne Causio. Al club salentino gli viene presentata l'offerta di 20 milioni di lire. Franco era indeciso, per lui significherebbe lasciare la sua città natale per andare altrove. Il ragazzo andava anche a scuola la mattina, poi nel pomeriggio faceva i compiti e niente di meno, racimolava qualche soldo a casa facendo il garzone presso un barbiere.

L'allenatore della Sambenedettese decide di ottenere da Adamo un colloquio con i genitori di Franco. Il papà accettò la proposta di Eliani, però in cambio voleva che il figlio doveva ritornare (un giorno) a giocare per il Lecce. Il mister accompagnò Causio con la macchina fino a San Benedetto del Tronto e venne sistemato da una famiglia del posto, che avevano il compito di controllare il giovane centrocampista negli orari e del suo regime alimentare.

Per Franco inizia una nuova vita da vero atleta. Guadagnerà i suoi primi soldini, versando tramite vaglia metà stipendio alla sua famiglia come risarcimento per i sacrifici che i suoi genitori avevano fatto per lui. Eliani fece allenare duramente Causio anche in mezzo alla spiaggia insieme alla prima squadra. Il giovane collezionerà tredici presenze con i rossoblù nella stagione 1965/66 e nel bel mezzo ci si mettono anche le sue prestazioni avvincenti che impressioneranno il commisario tecnico della nazionale italiana dell'Under 16, Giuseppe Galluzzi.

Causio fece anche dei provini in varie parti d'Italia, nella speranza di piazzarlo e fargli fare il salto di qualità nella stagione seguente. Il ragazzo ottiene solamente delle delusioni: verrà scartato sia dal Mantova che dall'Inter. Va bene col Bologna, ma il Torino sembra più interessato. Franco dimostrò delle grandi qualità tecniche al Filadefia del Grande Torino e quando tutto sembra fatto, arriva l'ennesima beffa: Nereo Rocco non si fida e incaricò il suo vice che era Enzo Bearzot di far sapere a Eliani che non era pronto.

"Xe bon, ma ‘no gà el fisico” in accento piemontese.

In italiano significava :

"È bravo ma non ha il fisico".

Eliani non si arrese e lo portò a Forlì per l'ennesimo provino organizzato dalla Juventus. Causio in quel provino si scatenò a suon di scatti e dribbling demolendo così la squadra avversaria. Realizza anche un paio di goal. Un signore con la divisa da ferrotranviere lo invitò a lasciare il campo da gioco con il ragazzo che voleva subito delle spiegazioni. Causio gustava già l'ennesimo fallimento e mandò tutti a quel paese (Eliani compreso). Si scoprì che il dipendente delle Ferrovie dello Stato era il capo scouting della Juventus per le Marche e il Lazio. 

Luciano Moggi era presente a quell'ennesimo provino fallito da Franco, tantomeno che alla partita tra Sambenedettese-Bari, il numero uno bianconero manderà l’osservatore bianconero Virginio Rosetta. Tutto cambia quando nell'estate del 1966, arrivò una chiamata inaspettata da Torino. Si pensava che Nereo Rocco avesse cambiato idea, ma a gran sorpresa, era la Juventus che decise di puntare sul giovane centrocampista. 

Nella stagione 1966/67, Causio gioca con la Primavera bianconera e poteva allenarsi con la prima squadra sotto gli occhi attenti e severi di mister Heriberto Herrera. Però, l'allenatore paraguaiano non lo fece debuttare per niente nella massima categoria, rimanendo così nel settore giovanile per tutto il resto dell'annata. L'occasione arriva nel gennaio del 1967, quando Herrera gli concede un posto da titolare nel match contro il Mantova.

"Luis è indisponibile. Quindi tocca a lei: è il suo momento." 

Causio ripagò la scelta di Herrera con una buona prestazione. Il match non andò oltre lo 0-0. Heriberto, intervistato dai giornalisti sulla prestazione del giovanissimo talento profetizza:

"Se saprà soffrire diventerà un campione".

Iniziava così la sua avventura nel grande calcio e per diventare sempre più in gamba, la dirigenza bianconera mandò Causio tra Reggio Calabria e Palermo a "farsi le ossa" per modo di dire. Con la Reggina disputa un buon campionato con cinque reti all'attivo, così la Juventus decise di far girare Causio in prestito con diritto di riscatto alla corte dei rosanero. Il centrocampista si ambienta subito e lega molto con il tecnico Carmelo Di Bella.

Avevo 20 anni quando arrivai in Sicilia. Ero di proprietà della Juve, che mi aveva mandato la stagione precedente alla Reggina in B. L’impatto con la città è stato bello, ho ancora tanti amici e per me è stato importante l’incontro con mister Di Bella".

"Era una persona eccezionale. Mi ha insegnato a giocare per la squadra. Ricordati, non devi giocare per te stesso, ma per gli altri: sei bravissimo e se lo capirai, diventerai un grande. E mi ha anche insegnato come è la vita, che non è soltanto quella che si vive su un campo di calcio".

A Palermo, il ragazzo debutta in Serie A proprio contro la Juventus. Entrato nella ripresa al posto di Reja, i padroni di casa perdono il match per 4-1. Con l'Inter, Causio va in campo dall'inizio. Il leccese siglò il vantaggio del Palermo beffando il grande Facchetti, ma alla fine i nerazzurri vinsero per 2-1. L'anno successivo, sempre contro la Juventus, Causio fece impazzire il jolly bianconero Antonello Cuccureddu. I bianconeri si imposero ancora una volta con un facilissimo 3-1. Boniperti rimase sorpreso dalla prestazione di Franco che stava crescendo sempre di più:

Il Palermo non aveva esercitato il diritto di riscatto, ero ancora di proprietà della Juve. A fine partita Boniperti si avvicina e mi dice: se non sbaglio sei ancora della Juve, penso che ci vedremo presto a Torino".

Nell'estate del 1970, il giovane ritorna alla Juventus per affermarsi come un grande campione. Il rapporto con Picchi è difficile, con Causio che viene mandato in panchina per tutta la prima parte della stagione. La svolta arriva in quel 25 ottobre 1970, il leccese entra al posto di Roveta e disputa un buono scorcio di partita. Il primo goal in bianconero arriva nella trasferta ungherese contro il Pécsi Dózda di Coppa delle Fiere. Picchi non cambiò la sua idea e il centrocampista viene messo di nuovo fuori con una sorta di turnover.

Inserito come mezzala destra con il suo numero otto sulle spalle, i risultati saranno eccezionali. La sua parabola ascendente continuava sul più bello. Da lì nacque il suo soprannome di Barone (coniato dal giornalista Fulvio Cinti), per il suo stile e la sua eleganza in campo e fuori. Le sue prestazioni fecero impressionare i giornalisti.

"Sembra un impasto fra Mazzola e Rivera."

La squadra gioca bene, ma a frenare questo momento, fu un male incurabile che colpì il giovane allenatore Armando Picchi che muore il 26 maggio 1971. 

Il Barone si sboccia nell'annata 1971/72 mettendo d'accordo tutti e sottostando ai dettami imposti dalla società. La Juventus grazie ai suoi goal vincerà lo scudetto dopo una lunga rimonta contro i rivali del Torino. Il tricolore arriva il 28 maggio grazie al pareggio contro la Fiorentina.

"Lo Scudetto cui sono più legato è il primo  perché come il primo amore non si scorda mai. Come potrei dimenticare la tripletta all'Inter?".

Stessa cosa avverrà nell'annata successiva, quando all'ultima giornata i bianconeri vinsero lo scudetto beffando il Milan nella cosiddetta Fatal Verona. La nuova stagione coincise con il debutto di Causio nella Coppa dei Campioni. Il centrocampista sarà protagonista della cavalcata della Juventus fino alla finale di Atene persa ai danni dell'Ajax. 

"Ero arrabbiato. Fino a mezzora dal fischio di inizio non sapevamo ancora chi avrebbe giocato. Con la Coppa dei Campioni in mano avrei fatto mille volte il giro del campo, mentre loro quasi se ne fregavano, l’avevano già vinta l’anno prima. La tenevano in mano, così, come se fosse una coppetta qualsiasi".

Causio con la maglia bianconera collezionerà altri quattro scudetti sotto la guida di Parola e Trapattoni. Nel 1976, il Trap diventa il nuovo allenatore della Juventus e per il leccese arriverà una nuova svolta nella carriera. L'allenatore lombardo impiegherà il 4-3-3 e riporta Causio sulla fascia destra. La scelta verrà subito azzeccata, il giovane diventa l'ala destra più forte in Italia e una delle migliori al Mondo. 

Anche il suo look verrà rivoluzionato: dopo i capelli lunghi e abbondanti, il Barone aggiunge due folti baffoni, un po' per moda, un po' per far contento il padre, un po' per ripicca nei confronti di Boniperti.

L'avventura di Trapattoni a Torino è invincibile. Causio oltre a vincere il tricolore per altri due anni consecutivi, tra cui quello dei 51 punti da record, nell'annata 1976/77, solleverà per la prima volta la Coppa UEFA. Si tratta del suo primo trofeo internazionale del club. Con undici presenze su dodici gare, il centrocampista è anche autore di un bellissimo goal nella semifinale di andata con l'AEK Atene. Ma le soddisfazioni per Franco non sono finite. Il giovane sarà decisivo anche nella conquista della Coppa Italia vinta in quel 20 giugno del 1979 contro il Palermo.

"Abbiamo sudato sette camicie e avrei preferito battere un'altra squadra, non il Palermo. Ricordo che mi marcava Maritozzi, bravo ragazzo. Veneranda, l’allenatore del Palermo, gli aveva detto di non perdermi mai di vista, mi avrebbe seguito anche dentro il buco di una serratura. L’indomani sono partito per l’Argentina per giocare con il Resto del Mondo".

Il suo viaggio con i colori bianconeri terminerà nel 1981 con il suo ultimo e sesto scudetto. L'annata non sarà delle migliori e lui capisce che il suo ciclo vincente alla Juventus sta per chiudersi. 

"L'allenatore cui devo di più è stato Armando Picchi, mentre il compagno di squadra con cui ho legato maggiormente è Sergio Brio, leccese come me".

Nell'estate del 1981, si trasferisce all'Udinese con l'obiettivo di riconquistare la maglia della nazionale. La sua scelta di andare ad Udine non era poi così soddisfacente, ma piano piano inizierà a disputare tre stagioni eccellenti. Enzo Bearzot gli fece quella famosa promessa: quella di tornare a vestire la maglia dell'Italia se avrebbe disputato un campionato al di sopra delle aspettative.

Appena arrivato alla corte dei bianconeri, il trentaduenne verrà subito nominato capitano dai suoi compagni, inoltre l'allenatore Enzo Ferrari gli da il compito di portare una mentalità vincente alla squadra e di dare entusiasmo all'ambiente. La fiducia viene subito ripagata. Franco ottiene delle ottime prestazioni attraverso il campo e contribuirà alla salvezza dell'Udinese con un mese d'anticipo trascinandola fino all'undicesima piazza. Alla fine del campionato, viene premiato come "Miglior giocatore del campionato."

L'annata 1982/83 si rivela sorprendente per l'Udinese che conquisterà a sorpresa il sesto posto ad un passo dalla qualificazione per la Coppa UEFA anche in virtù di una campagna acquisti di vera qualità. Il vero colpo arriva nell'estate del 1984, quando i dirigenti bianconeri portarono ad Udine il fuoriclasse brasiliano Zico, per un affare da sei miliardi di lire. I tifosi nel vedere quel tridente targato Causio-Virdis-Zico, iniziarono a sognare in grande, infatti a marzo la squadra si trova inaspettatamente al terzo posto in classifica. Malgrado l'infortunio del fantasista brasiliano, la piccola provinciale scivola al nono posto finale spegnendo di fatto i sogni di gloria.

Si trasferisce all'Inter, dove vi resta per una sola stagione. L'esperienza sotto al Duomo sarà in chiaroscuro. In Europa riesce ad essere tra i migliori della squadra capitanata da Ilario Castagner fino ad un passo dalla finalissima di Coppa UEFA. Stessa cosa avverrà in Coppa Italia, con i nerazzurri che vengono eliminati dal Milan in semifinale, mentre in campionato si piazzano al terzo posto dietro alla rampante Verona e Torino.

Una volta terminata l'esperienza a Milano, Causio mantenne la promessa del padre che ricordiamo era quella di tornare a giocare con il Lecce. In quell'anno, nella stagione 1985/86, i salentini vedono per la prima volta il sogno della Serie A. La campagna acquisti dei giallorossi era importantissima: oltre a Causio, arrivarono anche Juan Alberto Barbas e Pedro Pablo Pasculli. Tra i giovani della Primavera spiccarono nomi di certo calibro tra cui: Antonio Conte (futura bandiera bianconera) e Francesco Moriero. In Serie A, il centrocampista disputa l'ennesimo campionato di alto livello, ma non riesce a portare alla salvezza la squadra salentina che retrocederà nella serie cadetta. Un momento da ricordare in quella stagione, era nel penultimo turno, quando il Lecce si assurse ad "arbitro" della lotta-scudetto con la sua decisiva vittoria a Roma nel penultimo turno. 

Con la Triestina, il trentanovenne disputa le sue due stagioni, chiudendo di fatto, un capitolo stupendo della sua carriera calcistica e nel 1988 annuncia il suo ritiro dal calcio giocato.

La seconda maglia cucita nel corso della sua carriera era quella azzurra. Il centrocampista debuttò il 29 aprile 1972 nella sfida contro il Belgio a Milano. Ferruccio Valcareggi lo inserì nella ripresa al posto di Domenghini, segnando di fatto il passaggio di consegne con colui che era stato il suo predecessore in azzurro. 

Disputa il suo primo mondiale nel 1974, con i nostri che vennero eliminati clamorosamente alla fase a gironi nonostante fossero i favoriti.

"La squadra era forteSolo che si parlava troppo, riunioni su riunioni, il dualismo Mazzola-Rivera. In quell’occasione ho apprezzato Gianni Rivera soprattutto come uomo".

L'ascesa del Barone nella nazionale italiana, avverrà ai mondiali argentini del 1978. Enzo Bearzot costruì una squadra capace di regalare spettacolo agli addetti ai lavori. L'ala destra gioca un gran mondiale, macchiato dalla finalina del terzo posto persa contro il Brasile. 

"Giocammo il calcio più bello. Non siamo andati in finale perché, contro l’Olanda, eravamo convinti di aver già vinto dopo aver chiuso 1-0 il primo tempoBearzot mi sostituì con Claudio Sala per farmi riposare in vista della finale. Invece, gli olandesi fecero due goal e addio finale".

Dopo un deludente quarto posto agli Europei del 1980, il giovane si riscattò alla famosa edizione del mundial 1982 che si svolsero in Spagna. La promessa fatta da Bearzot a Causio venne mantenuta. Infatti il centrocampista lo ripagherà con una stagione di alto livello all'Udinese, che come avevamo accennato prima, chiuse il campionato con un ottimo sesto posto. Gioca la ripresa della gara contro il Perù e alcuni minuti finali della finalissima contro la Germania. Per lui si tratta di uno dei trionfi più belli della sua carriera, specialmente se si tratta del mondiale.

"A Bearzot, che conosco dal provino che feci per il Torino a 16 anni, ho sempre voluto bene. E gliene avrei voluto anche se non mi avesse portato con lui in quel Mondiale. Il mio ingresso in campo in finale non era previsto e fu un’emozione straordinaria. Fu un regalo bellissimo fattomi da un uomo eccezionale".

In molti, ricordano la famosissima partita a scopone insieme al presidente della Repubblica, Sandro Pertini, con Bearzot, Zoff e appunto con Causio al ritorno dal mondiale spagnolo appena concluso.

"Il Presidente decise di arruolare tre volontari per mettere su una partita di scopone. Fu un modo per unire tutti gli italiani, per azzerare le distanze e sentirsi tutti uguali e felici. Perché tutti al bar o con gli amici hanno giocato almeno una volta come abbiamo fatto noi. Io ho chiesto di stare col 'Vecio', Pertini ha scelto il capitano, Zoff. Io e Bearzot abbiamo vinto grazie a una mia mossa, estrosa come quelle che facevo in campo e anche lì c’è stato di mezzo un 7, il mio numero, che ho calato al momento giusto".

In seguito ha ricoperto vari ruoli dirigenziali, tra cui all'Udinese e come team manager nelle altre squadre. Oggi vive ad Udine dove ha aperto, niente di meno, un negozio di articoli sportivi.

Ma lo sapete chi ha scoperto Del Piero? Proprio Franco Causio.

Siamo nel 1992, Bruno Mazzia segnalò al Barone un ragazzo di Conegliano Veneto che militava nel Padova e aveva un grande talento: Alex Del Piero. Causio corse subito all'Euganeo per tenere d'occhio questo giovanotto e ne rimase sorpreso, tanto che non esita a chiamare Boniperti:

"Presidente, guardi che qui c'è uno che somiglia a Roberto Baggio. Venga a Udine: lascia che le presenti questo ragazzo." 

Causio fece tombola e disse ad Alex di presentarsi in maniera educata davanti a Boniperti. Il giovane di presentò davanti al numero uno bianconero con due semplici paroline:

"Sono Alessandro Del Piero".

Boniperti gli rispose:

"Bene Alessandro Del Piero. L’anno prossimo giochi con noi, perciò tagliati quei capelli".

Se Pinturicchio è diventato una vera leggenda nella Juventus, lo deve a Franco che ha subito notato un talento di grande qualità.

La vita ti regala delle grandi opportunità e se sarai bravo, dovrai dimostrare chi sei veramente altrimenti è tutto fumo e poco arrosto.

Causio è stato un giocatore determinato che coniugava una grande classe a mezzi atletici invidiabili. 

Chapeau.

Pasqui