Molto spesso incontro persone che mi rivolgono questa particolare domanda: ma tu che cosa ci trovi di divertente nel calcio? Rispondo: quell’emozione nel raccontare le partite che non tutti gli sport hanno, ma anche la possibilità di conoscere e approfondire determinate dinamiche sportive. 

A questo punto però decido di non entrare nel pieno dell’argomento perché il mio interlocutore non riuscirebbe a capire fino in fondo le intenzioni di un appassionato di questo sport; mi permetto pertanto di focalizzare la mia attenzione sul passato e inizio a pensare a tutti i ricordi calcistici che hanno influenzato fino ad oggi la mia giovane carriera. Immediatamente, la macchina del tempo mi porta a rimembrare i tempi della scuola primaria, quelli dove il fruscio di un pallone sull’erba riusciva a coprire la stanchezza accumulata nelle 5 ore di lezione. 

E ricordo, ricordo come se non ci fosse un domani. Ma non penso alle squadre italiane, bensì a un club finito troppo rapidamente nel dimenticatoio, il Manchester United. Sono cresciuto ammirando i cori dell’Old Trafford e la spinta di un popolo troppo affezionato ai propri beniamini. Erano gli anni dello scozzese Sir Alex Ferguson, i cosiddetti anni d’oro che cantava Max Pezzali, anche se in quel caso al centro di tutto c’era il grande Real. Ma credo fortemente che quella squadra era a dir poco magica. 
Gli anni di Van der Sar, di Vidic e Ferdinand, di Rooney e di un Cristiano Ronaldo che si preparava a entrare nella storia, perché era un segno del destino troppo forte da essere cancellato. E quando mi sdraiavo sul divano il sabato pomeriggio dalla finestra entrava quell’aria britannica che dava una spinta in più al Manchester. Insieme allo spuntino di metà giornata e al tè caldo, che soprattutto a dicembre mi faceva attendere felicemente il Natale, la parola tifo entrava nel cuore perchè anche se non c’era il campionato italiano, la maestosità di quello stadio e il coro dei tifosi mi facevano innamorare ancora, come canta Ermal Meta nel suo ultimo singolo.

Porterò per sempre nel cuore lo splendido campionato 2007/2008, caratterizzato da un testa a testa epocale fra Old Trafford e Anfield Road. A prevalere furono gli uomini di Ferguson con 90 punti, mentre il Liverpool di Benitez si arrestò a quota 86. Erano altre stagioni perché nella bontà di quei sabati si percepiva l’essenza della storia e la garra agonistica. La semplicità prevaleva sempre perché eravamo di fronte ad un calcio primordiale, in virtù del fatto che ogni campionato aveva le proprie sfaccettature e le squadre che in Champions League andavano a giocare in Inghilterra si trasformavano nell’arco dei 90 minuti in club britannici. Lo sport voleva questo e la paura di andare incontro alle critiche non esisteva perché, a differenza di oggi, il sorriso di un bambino che assisteva ad una partita della propria squadra del cuore, valeva di più della materialità del portafoglio. Era proprio un gioco di sentimenti, un po’ come se il poker praticato il sabato sera avesse al posto dei soldi un po’ di buonsenso.
Ma i tempi passano e come succede troppe volte nella vita, arrivano i cambiamenti e in un batter d’occhio il tuo migliore amico d’infanzia può deludere le aspettative e trasformarsi in una persona come tutte le altre. E così, dalle prime posizioni in campionato e in Europa, i Red Devils si ritrovano a lottare con una nuvola nera che non intende uscire dall’aria fresca di Manchester. Crisi di risultati, di gioco e tante, forse troppe proteste. Ma ancora oggi, in modo inconscio, osservo quel club con tanta ammirazione e i commenti di chi mi dice che è finita un’epoca mi rimbalzano addosso, come quelle facce disegnate nei castelli medievali che riflettevano le maledizioni. Old Trafford è storia e merita rispetto. Anche perché Mourinho ha un palmares che parla da solo e trovo scorretto attaccare un manager con tre libri di storia alle spalle. Il presente però rivela la pochezza della squadra del portoghese e ormai tutti sanno che tra i giocatori della mia infanzia e quelli di ora c’è un vuoto troppo difficile da colmare.
Ma la tradizione insegna che nei momenti difficili nascono le opportunità, basti pensare alla disfatta di Caporetto, che ha permesso all’Italia nell’arco della Prima Guerra Mondiale di rimediare agli errori e di scatenare la vendetta sugli Asburgo. Ecco che allora non è mai troppo tardi perché il tempo cura i lividi e il Manchester United lotterà contro coloro che adesso godono a  vederlo abbandonato nel Purgatorio della classifica. Ma quando gli eroi si rialzano, perché accadrà proprio questo, è bene correre ai ripari e si vedrà davvero chi sarà l’ultimo dei templari. Adesso però è un momento difficile, ma io, caro United, non ti dimentico...