Ci eravamo fatti un bel film mentale. Noi che credevamo davvero in una partita pulita, senza alcuna tensione e polemica. Proprio noi che non appena l'arbitro ha fischiato la fine dell'incontro ci siamo lasciati andare ai primi commenti, condizionati dal risultato. Poi, la guerra fredda. Immagini che lasciano il segno, come il dito medio di Conte al suo ex Presidente Agnelli e le ripetute offese che tutto il clan juventino gli ha rifilato dal primo all'ultimo minuto. E' ricominciata la polemica italiana, così romantica e instabile. Quella che negli altri campionati più seri come la Premier League viene risolta davanti ad un boccale di birra con la conseguente stretta di mano a fare da paciere. In Italia invece il ragionamento va avanti per ore, forse giorni, all'insegna del paradosso.

Antonio Conte e Andrea Agnelli non si sono mai amati, neppure quando hanno condiviso assieme la prima e unica esperienza vincente della Juventus. Il turbolento addio nell'estate 2014 ha surriscaldato ancora di più gli animi, niente però in confronto al "tradimento" dello stesso Conte quando ha abbracciato la causa nerazzurra. E così ieri sera hanno inaugurato il loro Far West personale. La posta in palio era pesantissima: l'Inter avrebbe dovuto rimontare due gol dopo la sconfitta dell'andata, mentre la Juventus avrebbe dovuto dimostrare di essere cresciuta nella gestione difensiva delle partite. I bianconeri, seppur con fortuna, hanno passato agevolmente l'esame, mentre all' Inter resterà solo il campionato, da vincere a tutti i costi per salvare in parte una stagione fallimentare.

Il nervosismo di Antonio Conte per i non successi della sua squadra sta raggiungendo picchi altissimi, così elevati dal mostrare di fronte alle telecamere il dito medio in direzione di Agnelli. Che però è stato scorretto a sua volta, pronunciando una frase (mettitelo nel c..o quel dito, co....ne!) offensiva e barbara. Il tutto dopo aver vinto l'accesso alla finale di Coppa Italia e aver ripetutamente preso in giro nei novanta minuti il suo ex allenatore, assieme agli altri dirigenti presenti in tribuna. Entrambi hanno sbagliato, ma è possibile che il quarto uomo non abbia sentito niente? Conte si è espresso a riguardo in conferenza stampa, chiedendo coraggio e rispetto per atti scorretti che ricordano quelli verificatisi due anni fa ai danni di Josè Mourinho proprio all'Allianz Stadium.

Un'esagerazione quella del sig. Agnelli e del suo staff. Ancora più beffarda e ignobile la frase sul rispetto pronunciata da Bonucci dopo le proteste per il presunto rigore su Lautaro da parte dell'allenatore interista. Proprio colui, il quale è andato a muso duro sugli arbitri quando non gli hanno fischiato un intervento a favore, si permette di usare un termine del genere? Oppure, non era Bonucci quello che alzò le mani sui compagni (Dybala su tutti) nell'intervallo di Cardiff? E non era sempre il centrale della Juventus l'artefice dei subbugli interni che saltuariamente si sono creati nello spogliatoio bianconero? Insomma, la parola "rispetto" è sembrata azzardata e immorale, così come le ripetute offese nei confronti di un allenatore che ha inaugurato il ciclo vincente a Torino. 

E noi avevamo creduto negli eroi e nella correttezza. Invece, come ogni anno nel periodo del Derby d'Italia, volano accuse e tensioni. Una guerra fredda, insomma. Il ruolo degli Stati Uniti è assunto dall'Inter, indignata e compatta al fianco del suo allenatore. Per quello dell'ex Unione Sovietica ci ha pensato invece la stessa Juventus, inaugurando una rivoluzione che a detta di molti avrebbe dovuto togliere la stella di Conte dallo Stadium. Un segno assoluto di scarsa riconoscenza e una penuria di emozioni degna purtroppo dell'attuale calcio italiano.

Se arriveranno polemiche saranno più che giuste. Ancora una volta il verdetto fuori dal campo ha interessato più di quello interno al rettangolo verde. Con la politica del paradosso che non viene mai dimenticata.