Il terzo Juventus - Inter in poco meno di un mese mette in palio la finale di Coppa Italia. Come sempre accade quando queste due squadre si affrontano, l’attesa per la partita inizia a farsi sentire fin dalle prime ore della giornata. Juventus - Inter, indipendentemente dalla posta in palio, non sarà mai una partita come tutte le altre. E’ uno scontro tra anime opposte, differenti modi di essere e di vivere il calcio. Esiste da sempre un solco profondo tra noi e loro. Un solco che quella farsa chiamata calciopoli ha trasformato in voragine. Conte ritorna per la seconda volta da allenatore dell'Inter allo Stadium, anche questa volta le porte chiuse gli risparmiano la prevedibile accoglienza dei tifosi juventini. 

Senza Ramsey, alle prese con il solito guaio muscolare, e Arthur, fermato dall’influenza, e con McKennie che, da qualche partita, mostra la necessità di almeno un turno di riposo per recuperare energie, Pirlo opta per quello che almeno sulla carta sembra un classico 442. Davanti a Buffon, l’alternanza tra passato, presente e futuro viene risolta in favore della coppia difensiva del domani, De Ligt e Demiral. I brasiliani Danilo e Alex Sandro completano la linea difensiva bianconera. Bentancur, dopo la giornata di squalifica scontata contro la Roma, riprende il suo posto a centrocampo affiancato da Rabiot. Cuadrado e Bernardeschi agiranno sulle due fasce, con la duplice funzione di appoggiare in fase offensiva Ronaldo e Kulusevski e offrire, in fase difensiva, il supporto ai due terzini per contrastare il gioco avversario sugli esterni. Morata, recuperato all’ultimo momento, siede in panchina, mentre Dybala rimane ancora un volta fuori dalla lista dei convocati. Un recupero il suo che purtroppo continua a farsi attendere. Conte risponde con il suo solito 352, di cui presenta questa sera una variante più offensiva con l’inserimento di Eriksen nel trio di centrocampo. Saranno Brozovic e Barella a coprire le spalle al danese. Hakimi, assente nella gara di andata, si riprende la fascia destra, mentre la corsia sinistra è affidata a Darmian. Davanti ad Handanovic, l’allenatore nerazzurro schiera la sua difesa titolare, composta da Skriniar, De Vrij e Bastoni. Il ritorno di Lukaku in avanti, al fianco del solito Lautaro, restituisce all’Inter quella verticalità in fase di costruzione che manca in maniera irrimediabile in sua assenza.

Le squadre si presentano in campo indossando i loro colori tradizionali. Belli i nostri, brutti quelli loro.
L'avvio della partita è caratterizzato da un lungo possesso palla della Juventus, praticamente ininterrotto. Bentancur si abbassa tra De Ligt e Demiral, Cuadrado e Bernardeschi si allargano fino a giocare con i piedi sulla linea laterale, Danilo e Sandro entrano invece dentro il campo per consentire alla squadra di avere la superiorità numerica a centrocampo in fase di palleggio. Nonostante abbia bisogno di segnare almeno due gol, l'Inter, in tutta questa fase iniziale dell’incontro, aspetta la Juventus nella propria metà campo, cercando la ripartenza con il lancio su Lukaku oppure innescando la velocità di Hakimi.
La prima scintilla della partita si accende dopo dieci minuti. Cross basso in area di Hakimi, deviazione di Demiral, Lautaro arriva per primo sul pallone ma zappa il terreno, sfiora il piede di Bernardeschi, sbuccia la palla e cade. I giocatori e la panchina dell’Inter invocano il rigore. L'arbitro Mariani, con ampi e inequivocabili gesti, fa capire che non  è successo niente e ordina di continuare a giocare. Latrati feroci si alzano da parte degli uomini in campo e dal resto della delegazione interista. Skriniar, con i compagni in maglia nerazzurra tutti con le braccia alzate ad invocare qualcosa che non c’è, calcia il pallone in fallo laterale per permettere al Var di intervenire. Valeri, dalla stanza dei monitor, conferma la bontà della decisione presa dall'arbitro in campo. Non c'è niente, solo un maldestro tentativo di Lautaro di calciare verso porta. Come di consueto, nella maleducazione generale si distingue Antonio Conte che si concede un’altra delle sue vergognose sceneggiate a bordo campo. Grida qualcosa verso l'arbitro, discute con il quarto uomo, si agita. Vive il tormento di colui che è convinto di avere contro tutto il mondo. Farebbe ridere se non risultasse così terribilmente insopportabile. Ancora Conte, pochi minuti dopo l’episodio del maldestro tentativo di tiro di Lautaro, rilancia il suo triste show, contestando un cartellino giallo dato a Darmian che appare invece corretto. L’allenatore interista, ormai perfettamente calato nella parte, questa volta va a sedersi in panchina con fare offeso per mostrare il suo disappunto verso la decisione del direttore di gara. E’ Bonucci, uno che quando non è in campo si prende di diritto il ruolo di leader della tifoseria, dalla sponda opposta, a gridargli di farla finita.
La partita è viva ma di occasioni da gol se ne contano poche. Il possesso della Juve sembra mirare di più a conservare il risultato favorevole e si muove troppo spesso a ridosso dell’area di rigore. La pressione che l’Inter inizia a portare con maggiore decisione verso la metà del tempo, provoca i soliti momenti avventurosi che sono diventati una costante quando non c’è Arthur ad offrire sicurezza al giro palla. Uno alla volta sbagliano praticamente tutti. Sbaglia Cuadrado, sbaglia Bentancur, sbaglia Sandro, sbaglia Danilo, sbaglia Buffon. Si agita il tifoso bianconero davanti alla tv, maledicendo queste nuove mode che hanno preso piede sui campi di calcio. 
Gli errori in serie minano la sicurezza nel palleggio della Juventus che inizia ad allungarsi pericolosamente sul campo. L’Inter attraversa nella parte centrale del primo tempo il momento migliore della sua partita. Produce un pressing più deciso ed ha maggiore facilità nel trovare la combinazione Lukaku - Hakimi che, lanciato in velocità, si rivela l’arma più pericolosa a disposizione di Conte. Alex Sandro, poco protetto da Bernardeschi, soffre la velocità del marocchino in campo aperto. E’ costretto a ricorrere al fallo e a prendere quel cartellino giallo che gli costerà la finale. L’Inter trova una serie di calci d’angolo e punizioni che producono mischie in area sempre potenzialmente pericolose. Su una di queste, Lukaku trova con l’anca una maldestra deviazione che fa uscire il pallone non lontano dal palo. Occasioni vere non se ne vedono. La partita difensiva della Juventus è praticamente perfetta. Demiral e De Ligt alzano un muro invalicabile davanti a Buffon, aiutati dal filtro di Rabiot e Bentancur a centrocampo. Danilo ha gioco facile nell’arginare Darmian. Il pericolo viene solo da destra, quando l’Inter riesce a lanciare Hakimi in velocità. La Juventus riprende campo nella parte finale del primo tempo. Inizia a vedersi Kulusevski, fino a quel momento ai margini della manovra juventina, e soprattutto Ronaldo. Il portoghese ha la possibilità di concludere a rete in un paio di occasioni prima della fine del tempo ma trova prima Handanovic pronto alla parata e poi De Vrij che, con un grande intervento difensivo, ribatte una conclusione molto bene indirizzata. 

Si va al riposo sullo 0-0. Accade qualcosa a ridosso del varco sotto la tribuna centrale, quello che separa il terreno di gioco dagli spogliatoi. Protagonista il solito Conte, che indirizza un gesto non particolarmente garbato nei confronti di qualcuno in tribuna.
Le squadre escono dall’intervallo con le stesse formazioni con cui hanno iniziato la gara. L’Inter appare più decisa, rispetto al primo tempo, a cercare una partita propositiva, la Juventus sembra invece ripercorrere il copione della sfida di sabato scorso contro la Roma. Come i giallorossi, la squadra di Conte muove il pallone, cerca l’apertura sulle fasce, guadagna alcuni calci d’angolo ma non riesce a costruire vere occasioni da gol. L’azione interista si infrange inesorabilmente contro un muro di maglie bianconere. L’unico tiro in porta della squadra di Conte è un sinistro di Hakimi che si perde abbondantemente a lato. Il cronometro scorre impietoso, Conte tenta di forzare il destino con un cambio offensivo. Entra Perisic al posto di Darmian. Pirlo risponde inserendo Mckennie per Bernardeschi, non sempre puntuale nell’aiutare Alex Sandro in copertura. La Juventus sta bene in campo, la sensazione è che l’Inter non segnerà mai. Demiral e De Ligt, se possibile, alzano ulteriormente il livello della loro prestazione. Il turco cancella letteralmente Lautaro dalla partita. Al termine del secondo tempo ci si ricorderà di lui solo per un paio di inquadrature che la regia gli dedica. Conte interviene ancora sulla sua formazione. Fuori Eriksen, protagonista di una prestazione piuttosto anonima, dentro Sensi, un altro dei grandi abbagli del popolo interista. Discreto centrocampista spacciato per il nuovo Iniesta dopo un paio di buone partite.
La letteratura nerazzurra non conosce alcun senso del pudore. Entra anche Kolarov al posto di Bastoni. Il mondo rimane esattamente com'era prima. Nonostante il possesso palla sia prevalentemente nei piedi dei giocatori di Conte, le vere occasioni del secondo tempo capitano entrambe alla Juventus. Ronaldo, smarcato da un tocco di Mckennie, si presenta solo davanti ad Handanovic che è bravo nel ribattere la conclusione stranamente incerta del portoghese. L’errore che non ci si aspetta da lui. Qualche minuto dopo, sempre Ronaldo palla al piede disorienta Skriniar, Barella e De Vrij. In piena area, calcia forte verso la porta ma trova ancora una volta la grande risposta di Handanovic che gli nega un gol che sarebbe stato memorabile. Alla fine dell’incontro il portiere sloveno sarà il migliore in campo dei suoi. 
Il cronometro scorre, la partita e la qualificazione iniziano a scivolare via sempre più velocemente dalle mani nervose di Antonio Conte. Ultimi cambi per la Juventus. Pirlo blinda la squadra inserendo Chiellini per Cuadrado. La partita corre verso il suo naturale epilogo. L’Inter prova con qualche cross, alza qualche pallone ma trasmette la sensazione di non crederci più, frustrata da una linea difensiva sempre efficace e pulita nel contrastare ogni tentativo. Entra anche Chiesa al posto di Kulusevski. I quattro minuti di recupero indicati dall’arbitro Mariani scorrono via senza sussulti. La partita si conclude con Bonucci e Pinsoglio in campo a festeggiare con la squadra la finale raggiunta e il Presidente Agnelli che scende di corsa le scale della tribuna per indicare a Conte un utilizzo più opportuno di quel dito medio indirizzato verso gli spalti un attimo prima dell’intervallo. 

Finisce 0-0. La Juventus conquista la finale di coppa Italia, dove troverà la vincente di Atalanta - Napoli. Una finale guadagnata nell’andata a San Siro e difesa con sicurezza nel ritorno dello Stadium. Ottima prova del reparto difensivo. I due terzini brasiliani si dimostrano tra i pochissimi specialisti del ruolo rimasti in circolazione, mentre De Ligt e Demiral rappresentano la coppia del futuro che chiede strada già nel presente. Tra i migliori in campo Rabiot, autore di una prestazione decisa in contenimento e sicura in appoggio, ben supportato da Bentancur, come al solito protagonista di un numero impressionante di contrasti vinti e palloni recuperati, che però macchia in parte la sua partita con un paio di errori in fase di disimpegno. Il solito problema dell’ostinata ricerca dell’uscita palla al piede dalla difesa che molto spesso lo vede in difficoltà, non soltanto per colpe sue. Troppe volte riceve il pallone in situazioni scomode. Rimango convinto che senza Arthur sia necessario impostare il gioco in una maniera differente, limitando il ricorso a quei passaggi dentro la nostra area che tanta apprensione provocano ogni volta nel tifoso bianconero davanti alla tv. Certamente molto più di Lukaku e Lautaro. Resta di fondo un leggero dispiacere per non aver vinto. Juventus - Inter va sempre oltre qualsiasi dinamica del doppio confronto. Le occasioni per fare nostra la partita le abbiamo avute. Certamente in numero maggiore rispetto ai nostri rivali. Bravissimo Handanovic a negare due volte la rete a Ronaldo. Rispetto a Buffon, che non ha dovuto compiere alcun intervento rilevante, limitandosi solo a far pulizia dentro la sua area, la prestazione del portiere sloveno è stata determinante sul risultato.

La serata si conclude con la presenza di Conte davanti ai microfoni Rai. Il mister nerazzurro racconta di una squadra che ha fatto la partita e che è stata eliminata per due errori commessi nella semifinale di andata. Come al solito inizia poi  a parlare di step da compiere e percorsi di crescita da completare. Liquida lo scontro con Andrea Agnelli indicando la necessità che qualcuno impari la buona educazione e inizi a rispettare chi lavora. Detto da  lui suona molto divertente.

Mi domando di cos'altro ci sia bisogno per rimuovere dal pavimento dello Stadium quella stella che porta il suo nome. Una stella che si era guadagnato soprattutto per il forte senso di appartenenza mostrato alla Juventus e per la lunga militanza in bianconero. Lui che in quegli anni si era elevato a portabandiera dei tifosi juventini. Lui che scendeva in campo con una fascia di capitano che recava inciso il coro dedicatogli dalla curva. Un coro ormai disperso nel vento.
Un sentimento, il suo, poco sincero e dettato evidentemente da ragioni di bieco opportunismo. Da Chiellini a Bonucci, passando per Marchisio, Barzagli e Lichtsteiner è forse arrivato il momento di rendere omaggio con una stella a quelli che sono stati i maggiori protagonisti di questo ciclo che stiamo ancora vivendo.
Prima di cancellarlo definitivamente dal libro dei ricordi, ad Antonio Conte farei solo una domanda: “Che effetto fa tornare al ristorante da dieci euro e trovare Cristiano Ronaldo seduto ad uno dei tavoli?”.