Dopo la sconfitta di Milano, la Juventus riparte da Haifa. In Israele, la squadra di Allegri è chiamata ad ottenere a tutti i costi una vittoria per continuare a percorrere la strada, diventata ormai sconnessa ed in salita, che porta agli ottavi di finale della manifestazione. La partita di San Siro ha riacceso i tantissimi dubbi intorno ai bianconeri. Dubbi che sembravano parzialmente fugati (almeno sforzandosi di dar credito a quanto dichiarato dallo stesso Allegri durante la conferenza stampa alla vigilia di questa trasferta) dopo le due vittorie consecutive ottenute con il Bologna e nella gara di andata proprio con il Maccabi. Contro il Milan si è invece rivista la solita Juventus che, da inizio stagione, mostra un’autonomia fisica mai superiore ai venti minuti e una preoccupante tendenza ad arrendersi alla prima rete subita o al primo episodio sfavorevole.
Per la sfida in terra israeliana, il tecnico livornese si affida a Szczesny tra i pali. Danilo, Bonucci, Rugani e Alex Sandro in difesa. Paredes agirà in cabina di regia, supportato in mezzo al campo da Rabiot e McKennie, mentre Cuadrado e Di Maria avranno il compito di rifornire Vlahovic, unico riferimento centrale dell’attacco bianconero.
Sulla panchina dei padroni di casa, il tecnico Bakhar, rispetto alla gara di andata, recupera gli elementi rimasti fuori a Torino a causa del digiuno imposto dal “giorno dell’espiazione”. Cohen; Sundgren, Batubinsika, Goldberg, Cornud; Lavi, Mohamed, Chery; David, Pierrot, Atzili; sono gli undici uomini scelti dal tecnico per iniziare la sfida.
Guidate dall’arbitro spagnolo Mateu Lahoz, le due formazioni entrano in campo in un orario insolito e decisamente scomodo che costringe il tifoso ad una serie di corse per raggiungere la sua scomoda postazione davanti alla tv in tempo per il fischio d’inizio.
Nonostante la grafica proposta dalla Uefa presentasse una formazione schierata con il 433, fin dalle prime battute appare evidente come la Juventus si muova sul campo disposta invece con il più classico 442 allegriano. Un sistema ibrido che prevede la presenza di McKennie sulla fascia destra, con Cuadrado sistemato a sinistra, come poche altre volte gli è capitato nel corso della carriera. 

La squadra di Allegri, in avvio, si sforza di tentare di prendere il controllo della gara. Nei primissimi minuti il pallone viene gestito dai bianconeri che però manifestano fin da subito una grande difficoltà nel proporre una manovra verticale. La palla si muove in orizzontale o, ancora più spesso, all’indietro, agevolando il compito della difesa avversaria che ha sempre tutto il tempo per schierarsi. Vlahovic rimane presto isolato e abbandonato al proprio destino, cercato soltanto con lanci lunghi dalle retrovie, che si rivelano decisamente imprecisi. Nell’imbarazzo tecnico esibito dai bianconeri, il Maccabi, sceso in campo in una veste decisamente più offensiva rispetto al primo tempo di Torino, trova il suo filone aureo sulla zona di destra della difesa juventina, dove McKennie non arriva mai a raddoppiare la marcatura sugli esterni avversari e dove si paga in misura maggiore ed evidente il disequilibrio tattico causato dalla posizione di Di Maria. Né punta, né ala, l’argentino, senza risultati particolarmente apprezzabili, cerca in giro per il campo le zone dove poter mettere in mostra il suo talento e cambiare l'inerzia di una manovra offensiva ben presto rivelatasi piatta e sterile. 
E così, dopo una parata di Szczesny su un pericoloso colpo di testa di Pierrot, abile a sovrastare Rugani su un cross da sinistra di Cornud, il Maccabi passa in vantaggio. Dopo quattro tentativi, Cornud calibra il pallone giusto per la testa di Atzili, che anticipa Rugani e batte uno Szczesny apparso nella circostanza poco reattivo. Dopo appena sei minuti la Juventus si trova a rincorrere. La strada verso gli ottavi, già strettissima, diventa adesso quasi proibitiva.
Incassata la rete, un Allegri che mostra evidenti segni di nervosismo, prova a porre rimedio al disastro tattico iniziale ridisegnando la squadra con un 352 nel quale, almeno, vengono rispettati i ruoli in base alle caratteristiche dei giocatori. Il cambio di modulo produce una piccola reazione da parte dei bianconeri che però si esaurisce in una serie di calci d’angolo che non producono esiti apprezzabili. La debole fiammella si spegne nel giro di cinque minuti. Il Maccabi riprende il controllo della partita e sembra potersi rendere pericoloso ogni volta che attacca l’area di Szczesny. Chery su punizione colpisce la parte alta della traversa. David e Atzili, palla al piede, creano diversi momenti di apprensione alla squadra di Allegri. L’esterno con il numero sette, al termine di un’iniziativa personale, chiama Szczesny ad una complicata deviazione in angolo. 

La Juventus non sembra nemmeno essere in campo. Sicuramente non con la testa. La squadra è completamente scollegata, lunga e sfilacciata. Non mantiene le distanze tra i reparti, non propone, nonostante lo svantaggio, alcun tipo di recupero palla in avanti, non presenta, ma questa ormai è una costante che si ripete da un anno e mezzo, alcun tipo di trama di gioco. L’unica idea che Allegri sembra essere riuscito a trasmettere ai suoi è la ricerca del pallone lungo per Vlahovic e Di Maria. Ed è proprio per inseguire l’ennesimo pallone vagante uscito dalla difesa, che l’argentino, a metà tempo, si infortuna e lascia il posto a Milik. Il solito guaio muscolare si presenta puntuale a colpire un giocatore della Juventus. L’autore di queste modeste righe, ricorda bene che ad inizio stagione aveva promesso di tenere il conto dei guai muscolari che sarebbero inevitabilmente occorsi ai giocatori juventini. L’impresa si è rivelata, fin dalle prime partite, troppo ardua a causa dell’elevato numero di infortuni verificatisi, superiore anche alle peggiori previsioni. La manifestazione più evidente di una preparazione atletica disastrosa.
Mentre Atzili, sul solito cross da sinistra proposto da Cornud, in mezza girata sfiora il palo alla destra di Szczesny, cominciano ad alzarsi le proteste da parte dei membri del piccolo gruppo d’ascolto davanti alla tv, oggi ancora più ristretto rispetto al solito. L’insofferenza verso una squadra che da un anno e mezzo propone sempre la stessa partita è ormai sfociata in un clima di forte ostilità nei confronti di società, tecnico e squadra.

La Juventus sul campo di Haifa si rende protagonista di una prova indegna, probabilmente la peggiore di questa infelice stagione, al punto che nessuno rimane sorpreso quando a meno di cinque minuti dalla chiusura del primo tempo il Maccabi segna ancora. Un pallone perso a centrocampo da Cuadrado innesca la ripartenza di Pierrot. Arrivato al limite dell’area, il centravanti francese allarga sulla destra per il solito Atzili. L’ala punta Alex Sandro che ha il torto di leggere male le intenzioni del giocatore e si allarga troppo verso il secondo palo, per coprire la probabile conclusione a giro. Atzili invece è astuto a percepire lo spazio per calciare sul primo palo e molto bravo a chiudere la conclusione in modo da renderla imparabile per Szczesny, anche lui in attesa di un altro tipo di tiro. Il gol del 2-0 sembra quasi l’inevitabile conseguenza di un primo tempo nel corso del quale gli israeliani hanno disposto a loro piacimento della partita, dando la sensazione di poter trovare la via della rete ad ogni azione. La Juventus impegna per la prima volta Cohen ad un soffio dalla fine della prima parte di gara. Vlahovic di testa, su cross da destra di Cuadrado, cerca l’angolo più lontano trovando il portiere israeliano pronto alla parata.
Con l’occasione capitata al centravanti serbo, si chiude il primo tempo. Il silenzio dei vari gruppi di whatsapp che solitamente accompagna l’intervallo risuona in maniera assordante. Somiglia ad un grido di dolore per una situazione che pare ormai irreparabile. L’unico messaggio arrivato “E’ diventato un tormento continuo”, ricorda a chi scrive uno striscione esposto nell’allora Delle Alpi dopo un’eliminazione in coppa Uefa subita per mano del Cagliari nel lontano 1994.
“Il silenzio degli innocenti” recitava lo striscione di allora.
Ed è proprio con rassegnato silenzio che i tifosi innocenti, partita dopo partita, assistono allo scempio perpetrato ai danni della Juventus da una dirigenza e un allenatore che si stanno mostrando ogni giorno che passa sempre più confusi e inadeguati.

Senza particolare trasporto, già rassegnato all’inevitabile sconfitta, il tifoso riprende posto davanti alla tv nel momento esatto in cui l'arbitro Lahoz fischia l’inizio della ripresa. Allegri propone immediatamente due novità. Restano negli spogliatoi McKennie e Paredes, entrambi autori di prestazioni decisamente negative, rimpiazzati da Kostic e Locatelli. Fatto salvo Rugani per Bremer, il tecnico bianconero affida dunque le speranze di rimonta alla stessa formazione maltrattata pochi giorni prima a San Siro dal Milan. La Juventus si sforza, nelle prime battute della ripresa, di mostrare un volto maggiormente propositivo. Sotto di due reti e con la speranza di qualificarsi al prossimo turno di Champions League ormai ridotta a meno di un lumicino, la squadra di Allegri tenta di portare la partita nella metà campo dei padroni di casa. Qualcosa in più rispetto alla prima frazione di gara in effetti si vede. Il Maccabi, forte del doppio vantaggio, tende ad abbassare i ritmi e a concedere alla Juventus la possibilità di giocare il pallone. La manovra, sempre scolastica e posizionale, della squadra di Allegri, produce un’altra serie di calci d’angolo che però non permettono ai bianconeri di creare particolari occasioni fatta eccezione per un colpo di testa di Rugani alzato da Cohen sopra la traversa. Resterà la migliore occasione dell’intero secondo tempo.
La Juventus minuto dopo minuto si spegne, come le sue possibilità di proseguire nel cammino in Champions League. Destano particolare impressione la lentezza con cui la squadra si muove sul terreno di gioco, l’assoluta assenza di movimenti tra le linee dei calciatori senza palla, le distanze tra i reparti e le numerose incomprensioni tra i giocatori nel dettare e nel ricevere il passaggio. La Juventus non da mai la sensazione di poter riaprire la partita. La prestazione assume contorni imbarazzanti.
Mentre sugli spalti inizia a prendere corpo la festa del pubblico biancoverde, Allegri cerca dalla panchina le risorse per cambiare il destino di una gara ormai segnata. Inserisce prima Kean al posto di Danilo, quindi Soulé al posto di Alex Sandro. La gara scivola via verso l’inevitabile destino senza che la Juventus trovi la forza e il colpo nemmeno per riaprirla. Un destro rasoterra di Cuadrado, contenuto senza troppi problemi da Cohen, è l’ultimo tiro dei bianconeri verso la porta avversaria. 
Dopo la festa regalata al Monza per la prima vittoria in serie A, la squadra di Allegri offre al Maccabi Haifa la possibilità di tornare a brindare per un successo nella massima competizione europea dopo 20 anni. Dovrebbe essere sufficiente per cacciare finalmente via questo allenatore, ormai inviso alla stragrande maggioranza della tifoseria ed iniziare finalmente un vero percorso di ricostruzione, accantonando anche alcuni elementi della rosa che ormai hanno poco da dare alla Juventus. I gruppi rimasti silenti dopo i primi 45 minuti adesso esplodono. Il tecnico è il principale imputato.
“Lo mandano via o bisogna perdere pure il derby? Ad Ottobre siamo già fuori da tutto”

“Ma dai! Ma fate qualcosa! Ci stanno portando alla distruzione totale. Sembriamo l’Inter”
“Ora qualcosa dovrebbe accadere”
“Io da stasera ho finito”.
Mentre gli animi infuocati dei tifosi danno sfogo, anche nelle radio, nei vari spaces di twitter e sui canali social, alla rabbia causata dalla frustrazione per una situazione dalla quale non sembra esistere via d’uscita, Andrea Agnelli, rompe il suo lungo silenzio, iniziato dopo le vicende della superlega, e torna a parlare ai microfoni di Sky. Dopo le dovute critiche mosse per un inizio di stagione pessimo e, più nello specifico, per una partita “di cui vergognarsi”, il Presidente ribadisce la sua fiducia al tecnico (o forse al caro amico Max) e al suo staff.
Per il momento Allegri resta al suo posto. 
Si fa però una fatica enorme nel cercare di capire su quali basi si regga l’illimitata fiducia riposta dalla società verso questo allenatore. La Juventus sta precipitando in una caduta verticale di cui ancora non si riesce a vedere il fondo. Dopo Monza, si era portati a credere che non sarebbe stato possibile fare peggio. La disfatta di Haifa segna il nuovo punto più basso di un progetto alla resa dei conti mai iniziato. Non fosse bastata tutta la stagione scorsa, le avvisaglie di quanto sarebbe accaduto durante la stagione erano già percepibili fin dalle amichevoli estive. I quattro gol dell’Atletico Madrid alla Continassa suonarono come un campanello d’allarme che rimase colpevolmente inascoltato. Probabilmente, in società qualcuno dovrebbe giocare meno a golf e cominciare a guardare più partite di calcio, soprattutto internazionale. Rendersi conto di quello che accade altrove, potrebbe aiutare a compiere un primo passo per uscire dall’oscurantismo allegriano che ha avvolto la Juventus in una spirale di nulla.

PAGELLE
SZCZESNY 5
In netto ritardo sul colpo di testa di Atzili, lascia scoperto il primo palo in occasione del raddoppio segnato dallo stesso giocatore israeliano. In entrambi i casi si tuffa dentro la porta. Tenta di favorire alcune ripartenze con rinvii profondi spedendo regolarmente la palla in fallo laterale.
DANILO 5 Dalla sua parte, nei primi minuti, nascono tutti i pericoli creati dal Maccabi. Poco supportato da McKennie, patisce le combinazioni tra Cornud e David.
(SOULE’ 6 Entra per l’ultimo quarto d’ora a partita ormai compromessa. Porta in campo personalità e alcune iniziative pregevoli. Sta arrivando il momento di iniziare a concedergli maggiore spazio).
BONUCCI 5 Soffre, come tutta la difesa, la scarsa protezione offerta dal centrocampo. Fatica molto nel primo tempo ad arginare gli attaccanti israeliani. Non bene nemmeno in costruzione dove gioca palloni corti e banali.
RUGANI 5 Subisce il fisico di Pierrot che già dopo pochi minuti lo sovrasta di testa. Schierato a sorpresa in quella che era diventata la partita chiave della stagione, non si dimostra all’altezza della situazione. Ma era cosa già abbondantemente risaputa.
ALEX SANDRO 5 Il meno peggio del pacchetto arretrato fino a quando non legge male le intenzioni di Atzili in occasione del secondo gol, regalandogli troppo spazio per colpire sul primo palo. 
(KEAN 6 Come a Milano entra in una situazione di risultato compromessa ma gioca in maniera seria, mostrando determinazione e una condizione fisica migliore rispetto a quella esibita da tanti suoi compagni).
MCKENNIE 4,5 Un tempo in cui non lascia alcuna traccia del suo passaggio. Parte esterno di destra e conclude da mezzala. Trasmette sempre la sensazione che quando non segna il suo apporto è nullo.
(KOSTIC 5 Entra ad inizio ripresa. Non manca la volontà alla quale purtroppo non fa seguito l’accuratezza dal punto di vista tecnico. La confusione in cui è precipitato Allegri, lo costringe a ricoprire tre ruoli diversi in appena 45 minuti. Ha lo sguardo di uno terrorizzato dalla situazione nella quale si è ritrovato).
PAREDES 4,5 La troppa superficialità con la quale viene raccontato il calcio sui giornali e in tv, dopo l’acquisto di Locatelli, ha indotto la società a commettere un altro grave errore di valutazione. Doveva essere il regista che per la quasi totalità degli opinionisti avrebbe dovuto rappresentare la chiave per permettere ad Allegri di mostrare il suo calcio (quale?). Al momento si sta rivelando l’ennesimo acquisto sbagliato (oppure bruciato da un tecnico obsoleto e superato)
(LOCATELLI 5 Giocatore in pericolosa involuzione che sembra, partita dopo partita, destinato a perdersi definitivamente. Entra nel secondo tempo ma sembra dare segnali di stanchezza già dopo cinque minuti. Non lascia traccia del suo passaggio dentro la gara)
RABIOT 5 Peggiore prestazione da diverso tempo a questa parte. Gioca anche lui ai ritmi bassi proposti da tutta la squadra. Manca di far sentire il suo peso in mezzo al campo. Non cerca mai di sganciarsi in appoggio alla manovra.
CUADRADO 5 Cambia quattro ruoli in novanta minuti senza mai trovare uno spunto o prendere un’iniziativa tale da dare un significato alla sua partita. Rallenta costantemente la manovra. Perde per eccesso di lentezza il pallone da cui origina il raddoppio del Maccabi.
DI MARIA 5,5 Gli tocca uno dei ruoli più ingrati del sistema di gioco allegriano. E’ l’uomo deputato ad accendere una manovra sterile, piatta ed orizzontale pescando soluzioni nel suo bagaglio tecnico superiore alla media. Non riesce nell’impresa. Se ne va a metà primo tempo per un problema muscolare.
(MILIK 5 Dopo un buon avvio di stagione, durante il quale aveva portato gol e mostrato giocate di qualità, si cominciano a vedere gli effetti della cura “normalizzatrice” di Allegri. E’ toccato anche a Ronaldo, che con il vate livornese ha avuto, dal 2006, la stagione meno prolifica della sua carriera. Il polacco deve cominciare a farsene una ragione)
VLAHOVIC 5,5 Presto abbandonato al suo destino da solo lì in avanti. Cercato solo con palloni lunghi, non partecipa quasi mai alla manovra. Bravo nel colpo di testa verso la fine del primo tempo con il quale chiama Cohen ad una parata non semplicissima. La sua partita inizia e finisce lì. 

ALLEGRI SV La sola cosa positiva del suo sciagurato ritorno è che il prossimo allenatore (perché oggi sembra tutto buio e non vediamo speranza ma prima o poi la Juventus avrà un altro allenatore) sarà un uomo libero dalla figura ingombrante del Max che tutto vede, tutto sa e a tutto provvede. La seconda esperienza in bianconero lo ha ridimensionato al punto che viene da chiedersi che tipo di carriera avrebbe avuto senza quelle folli dimissioni di Conte a metà luglio nel 2014. Fosse stato furbo, come pretende di far passare con un paio di battute in dialetto toscano durante le conferenze stampa, sarebbe rimasto al Gabbione di Livorno. Non sarà forse l’unico colpevole ma di sicuro non ha niente da dare alla squadra. Un progetto che non ha mai visto luce. In quasi un anno e mezzo non ha portato alcun miglioramento e non ha valorizzato alcun giocatore. La sensazione è che possa soltanto fare ulteriori danni.