Nei momenti che precedono le tante finali di Coppa Italia disputate dalla Juventus nel recente passato, riaffiora ogni volta nella memoria il ricordo di un lontanissimo pomeriggio di aprile del 1990, quando la squadra allora guidata in panchina da Dino Zoff, dopo il pareggio per 0-0 nella gara di andata disputata al vecchio Comunale, si aggiudicò la coppa nazionale battendo il Milan degli olandesi nel ritorno giocato a San Siro. L’unica rete di quella partita, segnata nei minuti iniziali da Roberto Galia, un centrocampista che esibiva molto spesso una naturale propensione all’inserimento vincente, regalò a due piccoli tifosi il primo trofeo del loro percorso bianconero. Le emozioni ancora vive di quel giorno raccontano l’ingenua felicità di due bambini, accompagnati verso la loro prima soddisfazione sportiva dal papà, sempre attento nel trovare le parole giuste per tranquillizzare le due giovani anime nei momenti in cui il Milan andava vicino a recuperare il risultato. Il tempo passa. Quei bambini sono diventati adulti. La bacheca bianconera si è arricchita negli anni di tanti altri prestigiosi trofei. La Juventus ha vinto talmente tanto che le nuove generazioni di tifosi non sembrano nemmeno più in grado di apprezzare uno scudetto (una cosa inconcepibile per chi ha dovuto forgiare la sua anima tifosa durante i nove lunghi anni nei quali il titolo tricolore rimase lontano da Torino), figuriamoci se riescono ad emozionarsi per una Coppa Italia. Nel personale libro dei ricordi del tifoso bianconero che si accinge a prendere posto sulla scomoda sedia da cui, come ogni volta, seguirà la partita, quel gol segnato da Galia a San Siro, rimane una delle pagine più belle, forse soltanto appena ingiallita dallo scorrere degli anni.

Si torna al presente.
Juventus - Inter, una sfida che non sarà mai come le altre, mette in palio il trofeo. Allegri, per l’ultima partita significativa della stagione bianconera, sceglie di mandare in campo la sua squadra schierata su un 4231. In porta, come in tutte le gare della competizione, tocca a Perin. La linea di difesa è formata da Danilo, De Ligt, Chiellini e Alex Sandro. Zakaria e Rabiot compongono la diga di metà campo, mentre Cuadrado, Dybala e Bernardeschi avranno il compito di supportare Vlahovic, riferimento verticale dell’attacco bianconero.
Simone Inzaghi, che da questa finale cerca nuovi impulsi per rilanciare una volata scudetto adesso in ripida salita per la sua squadra, si affida come di consueto al collaudato 352. Handanovic; Skriniar, De Vrij, D'Ambrosio; Darmian, Barella, Brozovic, Calhanoglu, Perisic; Dzeko, Lautaro Martinez; sono gli undici uomini scelti dal tecnico interista per iniziare la partita.

Uno stadio Olimpico completamente esaurito accoglie le due squadre, guidate sul terreno di gioco dall’arbitro Valeri. La curva sud colorata di bianconero da migliaia di bandierine porta il libro dei ricordi sulla pagina di un’altra dolce notte romana ormai troppo lontana nel tempo. Vestite nei loro tradizionali colori, le due formazioni si allineano di fronte alla tribuna autorità per l’esecuzione dell’Inno Nazionale. Cantato da tale Arisa, che persone con una conoscenza musicale più avanzata rispetto a quella dell’autore di questo pezzo, raccontano essere una cantante anche di un certo livello, il “Canto degli Italiani” sembra irriconoscibile. Non riesce ad imprimere un effetto trascinante sul pubblico presente che partecipa senza particolare trasporto. 
Esaurito il protocollo introduttivo con l’ennesima “americanata” di cui non si sentiva necessità alcuna, l’arbitro Valeri può dare inizio alla Finale. I primi minuti scorrono come una sorta di fase di studio durante la quale nessuna delle due formazioni prende l’iniziativa con decisione. Il gioco è fin da subito piuttosto spezzettato, con il direttore di gara che interviene ad ogni minimo contrasto per evitare che la partita assuma troppo presto un livello di agonismo eccessivamente elevato. Si coglie la decisione di Simone Inzaghi di impiegare Skriniar al posto di Bastoni, sulla zona sinistra del trio di difesa. Probabilmente, rispetto a D’Ambrosio, schierato dalla parte opposta, lo slovacco offre al tecnico maggiore solidità in una parte di campo in cui la Juventus, con Cuadrado e Dybala, cerca di alzare il livello qualitativo della sua manovra.

In una fase di gioco in cui le due squadre sono ancora in pieno assestamento, arriva all’improvviso, quasi inaspettato, il gol dell’Inter. Fa tutto Barella, che riceve palla sulla sinistra, lungo il lato corto dell’area di rigore, e si accentra evitando prima l’intervento portato senza alcuna decisione da parte di Cuadrado e quindi quello in evidente ritardo di Bernardeschi. Il tiro del centrocampista si infila, imparabile, nell’angolo più lontano. Perin può soltanto guardare. Dopo poco più di cinque minuti l’Inter sblocca il risultato. I vari replay evidenziano il troppo spazio lasciato dai difensori bianconeri al centrocampista sardo.
L’immediato svantaggio stordisce la Juventus. Nella fase iniziale della partita, nella formazione bianconera non sembra funzionare nulla. I giocatori di Allegri appaiono lenti, privi di idee, disposti male in campo, in sofferenza nei contrasti. Tolto forse il solo Rabiot, che almeno in mezzo al campo riesce comunque a proporre un valido lavoro in fase di filtro, la squadra non sembra nemmeno essere scesa sul terreno di gioco. Dybala gira a vuoto, Sandro e Danilo non superano mai la linea di centrocampo (di raggiungere il fondo nemmeno a parlarne), Cuadrado incappa in una partita di grande confusione, mentre Vlahovic riceve i soliti pochi palloni giocabili, riuscendo però a sbagliare ogni tocco. Con l’Inter in vantaggio e, per predisposizione, portata ad agire in ripartenza, spetta alla Juventus attaccare. I bianconeri riescono però soltanto ad esibire uno sterile e monotono palleggio, molto spesso impreciso, che non disturba minimamente la squadra di Inzaghi.
Dopo venti minuti abbondanti giocati in maniera sconcertante, la squadra di Allegri arriva per la prima volta a proporsi con una certa pericolosità dalle parti di Handanovic. E’ Dybala il primo giocatore bianconero a smarcarsi tra le linee di difesa interiste e chiamare alla parata il portiere sloveno con un sinistro rasoterra, purtroppo poco angolato. L’occasione non capitalizzata da Dybala scuote finalmente la Juventus. La squadra di Allegri alza il baricentro e propone una manovra più fluida, attraverso la quale riesce a portare diversi elementi all’interno della trequarti campo avversaria. I bianconeri adesso trasmettono la sensazione di essersi scrollati di dosso il trauma della rete subìta in avvio e di essere finalmente dentro la partita. Il filtro offerto da Zakaria e Rabiot a centrocampo e il costante lavoro di anticipo di Chiellini su Dzeko, consentono alla Juventus di mantenere un baricentro più alto e di sfruttare le rapide ripartenze che nascono dalle situazioni di contrasti vinti.
E’ un anticipo di Chiellini sul centravanti bosniaco ad avviare un contropiede della Juventus, rifinito da Dybala con un passaggio filtrante che premia il movimento di Vlahovic e lo libera al tiro in area di rigore. Il serbo calcia forte, incrociando con il sinistro. La mano aperta di Handanovic gli nega un gol che insegue da diverse partite. La Juventus però ha cambiato passo e vive adesso il momento migliore del suo primo tempo. Bernardeschi prova la conclusione dal limite dell’area, trovando una deviazione che manda il suo sinistro in calcio d’angolo. De Ligt di testa, dagli sviluppi del tiro dalla bandierina, salta più in alto di tutti e impegna Handanovic in una parata non semplicissima. Infine, su una palla uscita da una mischia sul successivo calcio d’angolo, Dybala, praticamente a colpo sicuro, in controbalzo, manca la porta per pochissimi centimetri, regalando al popolo juventino per un momento l’illusione del gol. Pinsoglio e Bonucci, scattati in piedi per esultare, si riaccomodano delusi in panchina.
In questa fase della gara, l’Inter in avanti non si vede quasi più. Dzeko e Lautaro spariscono dal campo, cancellati da Chiellini e De Ligt. La squadra di Simone Inzaghi, in fase offensiva, si segnala soltanto per un’iniziativa sulla fascia di Perisic, conclusa da Brozovic con un tiro terminato lontano dai pali. La Juventus adesso ha il controllo della partita. L’incapacità di concretizzare però le occasioni avute, riporta alla mente il ricordo della recente partita di campionato, andata in scena a Torino e vinta dai nerazzurri grazie ad un solo tiro in porta in mezzo a tante occasioni non capitalizzate della Juventus.
Nonostante il buon momento dei bianconeri, durante il quale anche Bernardeschi, decisamente più a suo agio sulla fascia sinistra, riesce ad offrire un contributo apprezzabile, alla squadra di Allegri continua a mancare quasi completamente l’apporto di Cuadrado. Leggero in copertura e troppo spesso impreciso in appoggio, il colombiano, oltre a non riuscire mai a contrastare Perisic, inquina con giocate sbagliate gran parte delle manovre bianconere.
Danilo, che fino a quel momento aveva evidenziato alcune difficoltà, è costretto a fermarsi prima della fine del tempo per un problema fisico. Sotto di una rete, Allegri decide di giocarsi subito la carta Morata, rivoluzionando la sua formazione. Cuadrado scala al posto di Danilo, Bernardeschi si sposta sulla destra, mentre il nuovo entrato prende la zona sinistra nel trio che agisce alle spalle di Vlahovic. I minuti finali della prima frazione di gioco servono alla Juventus per assestarsi sulle novità tattiche.
Senza ulteriori emozioni, dopo due minuti di recupero si conclude il primo tempo. Una Juventus molto negativa nella prima parte di gara è piano, piano riuscita ad entrare in partita e, per alcuni momenti, a mettere alle corde l’Inter. Il gol del pareggio, che sarebbe stato meritato per lo sforzo profuso e le occasioni create, non è però arrivato. Errori di mira, seppur leggeri, e la bravura di Handanovic hanno permesso all’Inter di andare al riposo con il vantaggio minimo.
Nonostante una leggerissima soddisfazione per il modo in cui la Juventus è riuscita ad arrampicarsi dentro la partita dopo il brutto avvio, i messaggi che arrivano sui soliti gruppi whatsapp che accompagnano l’intervallo del tifoso, evidenziano comunque una carenza piuttosto seria della squadra nell’esercitare con continuità una pressione efficace in fase di recupero del pallone. In troppi momenti, anche quando la squadra sembra poter prendere il pieno controllo della partita, accade che i giocatori scelgano di riallinearsi sulle ormai conosciute due linee da quattro, lasciandosi sfuggire l’inerzia favorevole del momento.

I quindici minuti di intervallo si esauriscono. Il tifoso riprende posto sulla sua scomoda sedia, mentre le due squadre si ripresentano sul terreno di gioco con le stesse formazioni con cui avevano concluso il primo tempo. Buon approccio alla ripresa da parte della Juventus, che incanala la sua gara sullo stesso binario propositivo con cui aveva condotto la parte finale dei primi quarantacinque minuti di gioco. Il pareggio non può continuare a farsi attendere ancora a lungo. Un’azione insistita ai limiti dell’area interista, viene risolta da un tocco verticale di prima intenzione da parte di Dybala verso Vlahovic. Il serbo ingaggia un duello fisico con De Vrij che gli ribatte il tiro. Sul pallone, al limite dell’area, arriva per primo Alex Sandro. Il brasiliano lascia partire un sinistro che, forse leggermente deviato da Morata, batte Handanovic, non impeccabile nella circostanza. La Juventus trova un pareggio meritato per quanto proposto fino a questo momento.
La rete esalta la squadra e il popolo juventino presente all’Olimpico. Passano pochi minuti. Da un calcio d’angolo in favore dell’Inter, Morata recupera palla e avvia un contropiede che sarà micidiale. Lo spagnolo esce in progressione dalla trequarti difensiva bianconera, quindi, con un tocco pregevole, alza il pallone verso Bernardeschi, bravissimo nella circostanza con una giocata di petto ad indirizzarlo verso Dybala. L’argentino con il suo sinistro trova il corridoio per lanciare in campo aperto Vlahovic. Il serbo si presenta davanti ad Handanovic, evita con una finta il rientro di D’Ambrosio e calcia in porta. Il portiere si oppone con la faccia alla prima conclusione del centravanti bianconero ma non può nulla sulla successiva ribattuta. La Juventus nel giro di due minuti ha ribaltato la partita. Vlahovic può finalmente correre felice sotto la curva sud per esultare assieme a tutti i compagni. I replay evidenziano la bellezza dell’azione proposta da una squadra che dimostra di saper anche giocare a calcio.

Il gioco riparte. La partita viaggia ora ad un livello di tensione altissimo. L’Inter si presenta subito dalle parti di Perin, impegnato da una conclusione di Darmian. Rapido cambio di campo e questa volta è Morata a trovare pronto Handanovic su una conclusione dall’interno dell’area. La Juventus continua a muoversi sul prato dell'Olimpico in maniera fluida, trasmette la sensazione di poter trovare da un momento all’altro anche il terzo gol. Aumenta anche il nervosismo. Brozovic ferma una ripartenza di Dybala con una trattenuta evidente. Il giallo è inevitabile. L’arbitro Valeri sorvola sul pallone scagliato via dal centrocampista croato.
L’ora di gioco è da poco trascorsa. Inzaghi tenta di cambiare il destino della partita operando tre sostituzioni in una sola finestra. Escono Dzeko, cancellato dal campo da Chiellini, D’Ambrosio e Darmian. Entrano Correa, Di Marco e Dumfries. Purtroppo, pochi minuti dopo tocca anche ad Allegri proporre due sostituzioni. In vantaggio di un gol a poco meno di venti minuti dalla conclusione della partita, il tecnico livornese sale in cattedra per l’ennesima lezione del suo insopportabile “cortomusismo”. Come tante volte accaduto in passato, nonostante la Juventus tenga bene il campo e continui a dare la sensazione di essere pericolosa, Allegri dimostra di non poter resistere alla tentazione di inserire un altro difensore. Escono Bernardeschi e Zakaria, autori di una prestazione positiva e che sembravano avere entrambi ancora una buona riserva di energie da spendere nella partita, entrano Bonucci e Locatelli. La Juventus si disegna adesso con un modulo a tre difensori. 
Come un incubo, riaffiorano i fantasmi, lontani e più recenti, di tante imprese sfiorate e poi buttate via dalla Juventus in questo modo. Monaco, Madrid, il Manchester United a Torino, solo per citare le principali, sono ricordi che adesso tornano attuali. Il risultato è sempre il solito. La squadra quasi smette di giocare e abbassa il suo baricentro, portando l'Inter nella propria metà campo. Assente da oltre un mese per infortunio, Locatelli non riesce a fornire il contributo atteso dal suo allenatore. Privata della forza di Zakaria, l’azione di contrasto del centrocampo bianconero perde di efficacia. La squadra si schiaccia all’interno della propria area. Sempre più spesso, Morata è costretto a ripiegare fino ad assumere quasi in pianta stabile una posizione da terzo mediano. Dybala, chiamato adesso ad una partita di continue rincorse, esaurisce le ultime energie rimaste e scivola ai margini dell’incontro. Una volta deciso di impostare un finale di gara in esclusivo contenimento, forse sarebbe stato necessario togliere dal campo l’argentino. Le mosse di Allegri lasciano praticamente la Juventus con un uomo in meno, un attaccante costretto ad agire da mediano e Vlahovic completamente isolato in avanti. Alla resa dei conti, sono le scelte dell’allenatore bianconero a rimettere in partita un avversario in difficoltà.
Lentamente l’inerzia della finale scivola verso l’Inter. Sulla sinistra, Di Marco e Perisic compongono una catena di gioco capace di raggiungere costantemente il fondo e di proporre cross con grande continuità. La fase difensiva di Cuadrado praticamente non esiste. I due nerazzurri da quella parte fanno quello che vogliono. L’Inter raccoglie una lunga serie di calci d'angolo. La Juventus inizia a mostrare una certa sofferenza. Pur non ricavando occasioni importanti, è la continua pressione che l'Inter porta nell’area bianconera e la difficoltà della Juventus nel ripartire, a rendere chiaro al tifoso preoccupato davanti alla tv che sta per andare in scena un copione già visto fin troppe volte.
Dumfries dalla fascia destra alza il pallone verso il secondo palo a beneficio di Perisic. Il croato assolutamente indisturbato, Cuadrado resta fermo a guardarlo, offre una sponda aerea per Lautaro, al primo pallone giocabile della sua partita nel cuore dell’area di rigore. L’argentino si incastra tra Bonucci e De Ligt, quindi rotola a terra. L’arbitro Valeri concede immediatamente il tiro dal dischetto. Il Var in questo caso non ha margini di intervento, nonostante dai vari replay proposti dalla regia non risalti in maniera chiara un tocco irregolare. 
“Lautaro Martinez rimane in piedi dopo un contatto con De Ligt e successivamente incrocia le gambe di Bonucci, posizionato dietro di lui. Il difensore bianconero non sembra fare nulla per intervenire, la sensazione è che sia l’argentino ad agganciare l'avversario" (cit. moviola Corriere dello Sport).
In ogni caso è rigore. Per quelli lì, quelli che anni orsono si proclamarono onesti e indossarono lo smoking bianco, il rigore è sempre e comunque legittimo. Dal dischetto Calhanoglu batte Perin con un tiro all’incrocio dei pali. Dopo dieci minuti di pressione l’Inter raggiunge il pareggio. L’inerzia della partita adesso sembra nettamente a favore dei nerazzurri. Allegri litiga con la panchina interista, rimediando un cartellino giallo. Pinsoglio invita i compagni a tentare di riprendere il controllo della partita che avevano avuto fino a pochi minuti prima. Il momento migliore della Juventus però ormai è passato. Nei minuti finali di gara, la Juventus non da mai la sensazione di poter riprendere in mano la sfida.

Allegri interviene di nuovo sulla sua formazione, inserendo Arthur al posto di Chiellini. La Juventus adesso si schiera con un 433, per sostenere il quale però ha già dimostrato di non avere più le energie fisiche necessarie. Simone Inzaghi risponde togliendo Calhanoglu e Lautaro, sostituiti da Vidal e da Sanchez, autore del gol decisivo nella sfida di Supercoppa dello scorso gennaio. In campo non accade più nulla. Trascorsi i tre minuti di recupero concessi, l’arbitro Valeri fischia la conclusione del secondo tempo. Saranno dunque i supplementari a decidere la vincitrice della coppa. Il tifoso davanti alla tv non nutre più particolari aspettative. La sua squadra non sembra in grado di segnare una rete. Al massimo può puntare ai calci di rigore. 
La Juventus si presenta al via del prolungamento con Pellegrini al posto di Alex Sandro. Alla ripresa del gioco, è ancora l’Inter a gestire il pallone. La squadra di Inzaghi sembra avere maggiori risorse a livello fisico rispetto agli avversari. Cuadrado continua a sbagliare ogni singolo pallone, mentre la Juventus non trasmette più la sensazione di potersi rendere pericolosa. Con il passare dei minuti diventa sempre più evidente come arrivare ai calci di rigore rappresenti ormai l’unica possibilità rimasta alla Juventus per provare a vincere la coppa. Non ci riusciremo. 
De Ligt, al decimo minuto del primo tempo supplementare, entra in ritardo su De Vrij in area di rigore. Un’entrata tanto evidente quanto inutile, che sfugge a Valeri ma non agli arbitri in sala Var, che richiamano il direttore di gara al monitor. Fin dai primi replay, appare evidente l’ingenuo fallo di De Ligt sul compagno di nazionale. Non ci sono margini per aspettarsi una decisione differente dal calcio di rigore. Valeri chiude la revisione e concede ai nerazzurri il secondo tiro dal dischetto della serata. Perisic calcia in maniera perfetta incrociando con il destro. Il pallone va all’incrocio, Perin dalla parte opposta. Esulta il pubblico interista. La regia propone adesso immagini difficili da digerire per un tifoso davanti alla tv che vede la coppa prendere la direzione di Milano. 
Raggiunti e poi superati, diventa ancora più dura sopportare la decisione di Allegri, con la squadra in vantaggio, di schierare la difesa a tre, togliendo oltretutto due giocatori che sembravano avere le energie per proseguire l’incontro. La scelta dell’allenatore, oltretutto incoerente nel mantenere a quel punto tre attaccanti contemporaneamente in campo, ha finito per concedere all’Inter il pallone e lo spazio per riversarsi nella nostra metà campo. Succede tutte le volte. Lui però non sembra comprenderlo.
Prima della ripresa del gioco, il tecnico bianconero richiama in panchina un esausto Dybala, che chiude in maniera amara un’avventura durata sette anni. Kean prende il posto dell’argentino ma ormai la Juventus è uscita dal campo. Alla prima ripartenza l’Inter colpisce ancora. Di nuovo con Perisic che, questa volta con il sinistro, trova l’incrocio dei pali. Allegri perde la testa. Forse a causa di una provocazione da parte della panchina interista, il tecnico livornese si scaglia verso avversari e quarto uomo. Inevitabile arriva il cartellino rosso. Allegri lascia la panchina mentre il tifoso avvilito davanti alla tv si ritrova a pensare che sarebbe meglio se il cartellino rosso arrivasse anche alla sua esperienza come allenatore della Juventus. Tecnico superato, non più proponibile a meno di non regalargli una squadra nettamente più forte rispetto alla concorrenza. A quel punto però a cosa servirebbe pagargli un ricco contratto?

Il gol del 4-2 sigilla la partita. La coppa Italia è dell’Inter.
I minuti che restano, compreso il secondo tempo supplementare, sono un lungo supplizio al quale il tifoso sconsolato davanti alla tv non si sottrae soltanto per il forte senso di lealtà verso una maglia alla quale si ritrova indissolubilmente legato da una vita. Inzaghi trova il modo di protestare anche per i due minuti di recupero concessi, trascorsi i quali la partita finalmente finisce. Festeggiano gli interisti. La Juventus chiude nel modo peggiore una stagione negativa, nella quale, nonostante le parole di Arrivabene alla vigilia della finale, che ha parlato di una squadra capace di centrare gli obiettivi che si era posta, non lascia nessun buon ricordo, nessuna piacevole emozione ai tifosi e soprattutto nessuna sensazione di aver posto le basi per aprire un nuovo percorso. Evidentemente, per il nuovo amministratore delegato, il quarto posto in un campionato modesto come l’attuale Serie A, una brutale eliminazione agli ottavi di Champions League contro una solida ma piccola realtà spagnola e il secondo posto in coppa italia, raggiunti al termine di una stagione giocata in maniera inguardabile, sono traguardi degni della Juventus. Viene il dubbio se abbia chiaro dove si trovi.