Non è un fallimento.
Uscire dalla Champions League perdendo, in maniera inesorabile, quattro partite su cinque, rappresenta, secondo Massimiliano Allegri, un incidente lungo il percorso di crescita che la squadra starebbe affrontando. Ritrovarsi dopo metà campionato staccati di dieci punti dalla vetta, a rincorrere affannosamente una quarta posizione al momento troppo lontana, vedere ancora oggi, dopo una stagione e mezza, una squadra che continua ad inciampare su se stessa, che non riesce a organizzare una parvenza di manovra anche contro squadre sulla carta ampiamente alla portata, che non vince uno scontro diretto da quasi due anni, per il nostro tecnico non significa necessariamente aver fallito. Significa qualche altra cosa. Ma lui preferisce non dire cosa. In conferenza stampa (divenute ormai uno spettacolo anche peggiore di quello proposto dalla squadra sui campi d’Italia e d’Europa), ha lasciato ai giornalisti il compito di trovare un termine per definire quanto accaduto dal momento del suo sciagurato ritorno sulle scene del mondo bianconero. In fondo, conclude il Mister davanti ai giornalisti prima della trasferta di Lecce, situazioni del genere capitano. Ci sono società che non hanno giocato in Champions League anche per tante stagioni consecutive.

Questo è oggi Massimiliano Allegri.
Un allenatore confuso, superato, quasi scioccato dal fatto che il suo bluff (reso possibile nel quinquennio precedente da una squadra nettamente superiore alle avversarie) sia stato ormai svelato. 
Un allenatore che, con la sua gestione, ha reso normale e accettabile la sconfitta all’interno dell’ambiente juventino.
Un allenatore che purtroppo continuerà a rimanere su quella panchina per chissà quanto tempo ancora, nonostante il campo da diverse settimane suggerisca un cambiamento immediato.
La Juventus si presenta alla trasferta di Lecce, stadio a detta di Max dove è sempre difficile giocare (e verrebbe da chiedergli oggi quale campo non rappresenti un duro ostacolo per la sua squadra), con la rosa falcidiata dai numerosi e, fin da inizio stagione ampiamente prevedibili, problemi muscolari, effetto di un lavoro fisico evidentemente sbagliato. Per una sfida che i bianconeri non possono permettersi di sbagliare, Allegri propone Szczesny tra i pali, protetto da una linea di difesa formata da Cuadrado, Gatti, Danilo e Alex Sandro. Al centro del campo agiranno McKennie e Rabiot, mentre, in avanti, Soulé, al debutto dal primo minuto, Miretti e Kostic avranno il compito di rifornire Milik, riferimento centrale dell’attacco bianconero.
Sulla sponda giallorossa, il tecnico Baroni risponde con il suo abituale 433. Falcone; Baschirotto, Pongracic, Gendrey, Gallo; Blin, Hjulmand, Gonzalez; Strefezza, Ceesay, Oudin; sono gli undici uomini scelti per iniziare un incontro che sulla carta, nonostante le tante assenze, vede il pronostico nettamente sbilanciato in favore della Juventus.
Il tifoso bianconero prende posto sulla solita scomoda sedia nel momento in cui le due formazioni, guidate dall’arbitro Chiffi, fanno il loro ingresso in campo accolte da uno stadio gremito. Il pubblico che popola il “Via del Mare”, ben consapevole che la Juventus in questa stagione è andata in giro a regalare serate di gloria praticamente a chiunque, dal ridicolo pareggio di Genova alle due sconfitte di Monza e Haifa, sventola sciarpe e bandiere giallorosse sognando una notte di festa.
La gara parte con la Juventus che, come la differenza dei valori in campo impone, tenta per prima di prendere il controllo della partita. La squadra di Allegri si schiera con un sistema di gioco ibrido che prevede le due tradizionali linee da quattro uomini in fase di non possesso del pallone. In fase offensiva, invece, la squadra scivola sul 352. Soulé stringe maggiormente verso il centro del campo per lasciare lo spazio, almeno nelle intenzioni, alle avanzate di Cuadrado. Miretti è l’uomo deputato a muoversi intorno a Milik con il compito di catturare i palloni che escono dai contrasti aerei portati dal centravanti polacco. Ne viene fuori un sistema di gioco che ricorda da vicino il “calcio liquido” di Pirlo. Un’idea fin troppo complessa, nella quale i vari meccanismi di scivolamento previsti nelle diverse fasi del gioco non producono altro che l’ulteriore rallentamento di una manovra già di per sé non particolarmente fluida. La gara viaggia lungo un binario di equilibrio. La Juventus, pur tenendo il pallone per la maggior parte del tempo, non riesce in nessun momento a prendere il sopravvento su un Lecce molto chiuso e difensivamente ben organizzato da Baroni. Evidente nell’impianto tattico del tecnico dei salentini, l’intenzione di colpire la Juventus con veloci ripartenze sul lungo, sfruttando la velocità di Strefezza e la capacità di Ceesay di offrire un riferimento verticale alla manovra.
Sono i giovani Soulé e Miretti a tentare prima degli altri di scuotere la partita proponendo iniziative personali sulle fasce concluse con due cross allontanati dalla difesa di casa. L’azione della Juventus risente delle criticità che evidenzia ormai dalla scorsa stagione. Il pallone viaggia ad una velocità relativamente bassa e la prevalenza di passaggi in orizzontale non permette alla squadra di Allegri di sorprendere l’attento schieramento allestito da Baroni. La gara mantiene comunque una carica agonistica elevata, proponendo decisi contrasti in ogni zona del campo. In meno di mezz’ora Miretti, Milik, Cuadrado e Gatti finiscono nell’elenco degli ammoniti. Il cronometro corre veloce senza che si registrino vere occasioni da gol. Cuadrado, da posizione molto defilata, cerca il tiro in diagonale. Il pallone si perde sul fondo senza che Milik riesca a deviare in rete. Rabiot poco dopo la mezz’ora, con una conclusione dalla distanza, chiama per la prima volta alla parata, in verità facilissima, Falcone.
I due ragazzi emersi dal settore giovanile sono gli unici a trasmettere l’impressione di avere, soprattutto nella testa, quel qualcosa di differente che potrebbe accendere l’attacco della Juventus, altrimenti ancorato al lancio lungo per Milik e alle aperture sulla destra per i cross di Cuadrado, le rare volte ormai che il colombiano riesce a raggiungere la linea di fondo. In troppe circostanze, però, i movimenti tra le linee e le richieste di passaggio in avanti proposte dai due giovani vengono ignorate in favore del solito palleggio conservativo dal quale forse la squadra trae una minima sicurezza. Quasi nessuno si assume la responsabilità di tentare una giocata più rischiosa. Serve un’iniziativa di Alex Sandro, a ridosso dell’intervallo, per riportare la Juventus pericolosamente nell’area giallorossa. L’azione del terzino brasiliano viene rifinita da Soulé che libera Miretti al tiro dal limite dell’area. La palla, leggermente deviata da un difensore, si perde di poco a lato della porta leccese. Sul calcio d’angolo successivo, Rabiot di testa impegna Falcone nella prima vera parata della sua partita.
Trascorso il minuto di recupero concesso dall’arbitro Chiffi, il primo tempo si conclude. 
Una prova non all’altezza quella offerta dalla Juventus fino a questo punto. Gli amici che popolano i vari gruppi su whatsapp lasciano affiorare un malumore in costante crescita ormai da inizio stagione. Finisce nel mirino l’impianto tattico, ritenuto fin troppo complicato. Dall’esito di rotazioni e scivolamenti non rimane che una squadra confusa, con giocatori costantemente fuori posizione. Risulta di difficile comprensione la decisione di impiegare McKennie da mediano. I pochi commenti di apprezzamento li ottengono i giovani Miretti e Soulé, gli unici a mostrare qualcosa di differente rispetto al solito palleggio piatto e orizzontale.

Esauriti i quindici minuti di intervallo, le due formazioni rientrano sul terreno di gioco. Allegri propone il primo cambiamento al suo undici iniziale. Lascia il campo McKennie, apparso ai margini della partita per l’intero primo tempo, per niente a suo agio nel ruolo di centrale affidatogli dall’allenatore. Al posto dell’americano entra Fagioli. E’ proprio il giovane centrocampista, fin troppo trascurato in questo avvio di stagione, a prendere in mano l’azione bianconera, regalandole un tocco di qualità di cui si avverte immediatamente l’impatto. Il nuovo entrato si presenta con una bella apertura a smarcare Cuadrado sulla destra. Il colombiano indugia troppo in fase di controllo, permettendo alla difesa di chiudere una potenziale occasione da gol. La Juventus si mostra, fin dalle prime battute della ripresa, maggiormente determinata nella sua azione offensiva. La squadra di Allegri, pur sistemata in maniera stabile con uno strano 352, nel quale Soulé è chiamato a fare la mezzala, mentre Miretti continua ad agire alle spalle di Milik, porta la partita nella metà campo del Lecce, esibendo un ritmo di gioco più elevato e l’intensità necessaria per mettere in difficoltà un avversario ben organizzato ma modesto. Una verticalizzazione di Alex Sandro innesca una velocità combinazione tra Milik e Miretti. Il centrocampista appena dentro l’area, richiama su di sé l'attenzione della difesa per poi scaricare sulla sinistra dove arriva Kostic, alla prima incursione offensiva di una gara fino a quel punto anonima. Il cross radente del serbo viene deviato con il tacco da Milik. Il tocco del centravanti polacco, pur ben indirizzato verso l’angolo, risulta però troppo morbido. Falcone riesce a bloccare il pallone prima dell’arrivo di Cuadrado. Più decisa e proficua appare anche la pressione esercitata sui portatori di palla avversari. Miretti ruba il pallone a Pongracic ed entra in area dal lato corto. Sul cross basso, Gallo anticipa Milik con una chiusura tempestiva.
Dopo un’ora di gioco Allegri propone la sua seconda mossa. Lascia il campo Miretti. Kean prende il suo posto. Il nuovo entrato si mette subito in evidenza con un velo che apre lo spazio a Milik per la conclusione dal limite dell’area. Il tiro del polacco viene deviato da Falcone. La partita si svolge quasi interamente nella metà campo leccese. Cuadrado dalla destra trova Kean in area. L’attaccante, lasciato fin troppo solo in posizione pericolosa, di testa non riesce ad inquadrare la porta. La Juventus nel secondo tempo convince molto di più rispetto ai primi quarantacinque minuti. Prende il controllo della partita e tiene sotto una pressione costante la fase difensiva avversaria. Il gol però continua a mancare, nonostante la squadra meriterebbe di passare in vantaggio per quanto mostrato fino a questo punto.
Quando mancano poco meno di venti minuti al termine dell’incontro, Allegri decide di giocare la carta Iling, che tanto bene aveva fatto nei due spezzoni avuti a disposizione contro Empoli e Benfica. Lascia il campo Kostic, autore di una prestazione non particolarmente brillante, nella quale si è presentato sul fondo in maniera molto meno continua rispetto al solito. Anche in questo caso, l’impatto di Iling sulla partita sarà determinante. L’inglese raccoglie un pallone respinto da Falcone sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Lo difende dalla pressione di due avversari quindi serve Fagioli, appena dentro l’area, all’altezza del vertice sinistro. Dalla zona di campo che ha reso immortale Del Piero, il centrocampista, praticamente da fermo, pennella un tiro a giro verso l’incrocio più lontano. Il pallone bacia la faccia interna del palo e rotola dolcemente in rete. La Juventus passa finalmente in vantaggio. Lo fa con un capolavoro di uno dei talenti cresciuti nel suo vivaio. Un fiore prezioso che adesso corre felice e commosso verso la panchina dove riceve l’abbraccio di tutta la squadra, Pinsoglio e Bonucci in testa. I vari replay evidenziano la bellezza di una rete che somiglia ad un fascio di luce acceso sul cammino bianconero. Una traiettoria perfettamente identica a quella tracciata dall’eterno Capitano contro la Steaua Bucarest ormai ventisette anni fa. 

La gara riprende. La squadra di Allegri, ora in vantaggio di un gol, continua a controllare la partita quando, a dieci minuti dal termine, accade l’inaspettato. Salta la corrente elettrica. La tv si spegne e con lei ogni luce accesa nella casa. L’abitazione rimane completamente al buio. I primi tentativi di ripristinare l’elettricità vanno a vuoto. Il salvavita continua a scattare. Mentre uno dei membri del piccolo gruppo di ascolto tenta con il telefonino di mantenersi aggiornato su quanto accade a Lecce, nel salone buio piomba di corsa la piccola Zoe. Spaventata dall'oscurità nella quale è precipitata l’intera casa, raggiunge i suoi amici e si accuccia sopra una poltrona, aspettando in compagnia che si torni a vedere. La normalità viene presto ristabilita e il piccolo gruppo si riposiziona davanti alla tv nel momento in cui Soulé, autore di una buona prestazione, lascia il campo per Bonucci. L’intenzione di Allegri di blindare la squadra è subito chiara. La Juventus adesso si sistema con un copertissimo 532, nel quale Iling agisce da mezzala sinistra e Alex Sandro prende il ruolo di esterno.
La piccola Zoe, adesso più tranquilla, comincia il suo personale 'assalto alle buffe pantofole rosa di Costanza, mentre la Juventus forse troppo presto inizia ad abbassarsi, rinunciando già prima del novantesimo a calciare gli angoli e a portare il pallone dalle parti di Falcone, preferendo cercare una gestione del tempo che non sempre riesce per il meglio. Il Lecce, fino a quel momento inesistente in avanti, si riversa nella metà campo bianconera. Dalla pressione offensiva i padroni di casa ricavano una serie di cross e di calci d’angolo. Quando il cronometro è ormai a ridosso del novantesimo, un angolo respinto corto da Cuadrado vede il pallone raccolto da Hjulmand al limite dell’area. Il destro del capitano giallorosso supera Szczesny ma termina la sua corsa andando ad infrangersi contro la base del palo più lontano. I cinque minuti di recupero concessi dall’arbitro Chiffi si esauriscono con il Lecce che preme alle porte dell’area bianconera e, pur senza ricavare significative occasioni da rete, costringe la Juventus a stringere le maglie per proteggere la porta di Szczesny. Un ultimo calcio d’angolo in favore dei padroni di casa e la partita si conclude. Per la Juventus arriva la terza vittoria consecutiva in campionato al termine di una sfida nella quale la squadra è andata in crescendo e nella quale hanno avuto ancora una volta un impatto determinante i ragazzi saliti in prima squadra dal settore giovanile.
Mentre trascorre il sabato notte a battere le dita a caso sulla tastiera del computer, cercando di racchiudere al meglio novanta minuti di calcio in poche righe, con la piccola Zoe che dorme serena ai suoi piedi, il tifoso si ritrova ancora più convinto che l’indicazione da seguire per la ricostruzione della Juventus sia scritta nel suo nome. 
A volte basta soltanto leggere con attenzione.

Le PAGELLE di Carlo e Zoe
SZCZESNY 6
Mai impegnato seriamente dall’attacco leccese, sbriga con tranquillità l’ordinaria amministrazione. Sull’unico tiro in porta degli avversari non ha margine di intervento. Gli viene in soccorso il palo.
CUADRADO 6 Una prova leggermente migliore rispetto alle prestazioni inguardabili offerte da qualche tempo a questa parte. Pur continuando ad evidenziare alcune criticità che lo stanno accompagnando nella fase conclusiva della carriera, errori nelle scelte soprattutto, il colombiano si rende protagonista di alcune valide iniziative sulla fascia destra che gli valgono forse la prima sufficienza della stagione. Ormai ci accontentiamo di poco.
GATTI 6,5 Propone una marcatura aggressiva, riuscendo ad emergere vincitore in quasi tutti i duelli. Tenta di dare il suo contributo anche in fase offensiva tentando in un paio di occasioni sortite palla al piede che aprono varchi interessanti. Sicuramente la prestazione migliore da quando veste il bianconero.
DANILO 6 In assenza di particolari sollecitazioni provenienti dagli attaccanti del Lecce, dovrebbe essere l’uomo del primo tocco di qualità nella manovra. Lo fa a sprazzi, alternando buone giocate a errori di precisione, soprattutto sul gioco lungo.
ALEX SANDRO 6,5 Una prestazione difensiva solida alla quale abbina una buona partecipazione alla manovra. I vari cambiamenti tattici cui Allegri sottopone la squadra nel corso della gara, lo portano a giocare spesso dentro al campo. Lo fa bene, trovando in un paio di occasioni verticalizzazioni interessanti.
SOULE’ 6 Tra i più attivi fin dall’inizio della partita, l’argentino si muove in maniera costante cercando di suggerire soluzioni di passaggio tra le linee. Troppo spesso viene ignorato dai compagni. Mostra le sue qualità tecniche e, in diversi momenti, una certa propensione a puntare l’avversario. Nella ripresa, Allegri lo schiera mezzala. Tutto sommato se la cava ma la sensazione è che non sia la posizione ideale per valorizzare le sue qualità.
(BONUCCI SV Entra nei minuti finali per rinforzare gli argini)
MCKENNIE 5 Partita impalpabile per l’americano, schierato in una posizione nella quale mostra di non sapersi muovere. Poco incisivo in fase di contrasto, lascia il campo dopo quarantacinque minuti. Rimane il dubbio che avrebbe potuto rendersi maggiormente utile qualche metro più avanti, ma questo non dipende da lui.
(FAGIOLI 7,5 Fin troppo trascurato in questo avvio di stagione, nonostante le lacune della Juventus in fase di manovra, propone tocchi limpidi e lucidità nelle giocate. Trova il primo, pesantissimo, gol in serie A con un calcio di classe purissima. Le sue doti meritano maggiore attenzione)
RABIOT 6 Conferma di attraversare un buon momento di forma. La sua superiorità fisica permette alla Juventus di avere il controllo del centrocampo. Evidenzia però la tendenza ad andare troppo spesso in orizzontale, anche quando ci sarebbe la possibilità di tentare qualcosa di diverso.
KOSTIC 5 Pochi spunti in una gara nella quale viene raramente sollecitato dai compagni. Propone qualcosa in più nel secondo tempo ma lascia sempre la sensazione di ritrovarsi ai margini della partita.
(ILING JR 6,5 Al primo pallone toccato trova Fagioli in area per il gol che regala i tre punti alla Juventus. Giocatore che sembra già maturo per essere considerato qualcosa di più che un giovane da lanciare)
MIRETTI 6 Allegri gli chiede di muoversi in una posizione troppo avanzata che ne limita le capacità di inserimento e soprattutto toglie la sua qualità al centrocampo. Chiama continuamente palla offrendo movimenti smarcanti, in netto contrasto con la monotonia del palleggio proposto dalla squadra, che vengono troppo spesso ignorati dai compagni. Da sue iniziative nascono due occasioni importanti ad inizio ripresa.
(KEAN 6 Entra subito in partita aprendo la strada per un tiro di Milik. Manca di testa una buona occasione. Nel complesso conferma i segnali di crescita, soprattutto come atteggiamento, manifestati nell’ultimo mese)
MILIK 6 Rappresenta il riferimento per i lanci diretti dalla difesa. Esce spesso vincente nei duelli con i diretti avversari, permettendo alla squadra di guadagnare metri di campo. Offre qualità alla manovra peccando però di determinazione in fase di conclusione. In alcuni momenti appare troppo isolato in avanti.

ALLEGRI SV Juventus, dal latino gioventù. Un’idea completamente lontana dal suo concetto di calcio. Dopo un avvio di stagione disastroso, si decide (o meglio, è costretto dagli infortuni) a dare finalmente fiducia ad un serbatoio importante di talento ed energia rimasto troppo a lungo ignorato. I ragazzi rispondono adeguatamente. Fagioli, l’elemento maggiormente trascurato, gli regala i tre punti con una giocata di elevata qualità tecnica. Per il resto, continua a proporre meccanismi di gioco complessi e a inventarsi nuove posizioni per i giocatori, limitandone il potenziale e aumentando il livello di confusione della squadra. Inspiegabile la scelta di tenere McKennie mediano e Miretti a ridosso di Milik.