Dopo tre mesi di voci, titoli, trattative più o meno reali raccontate senza soluzione di continuità dai mezzi di informazione, il calciomercato è giunto finalmente al termine. La Juventus ha concluso le sue operazioni con l’acquisizione di Paredes in prestito dal Paris Saint Germain e le cessioni, realizzate proprio nelle battute conclusive della lunga sessione estiva, di Arthur e Zakaria. Entrambi raggiungono la Premier League, andando a rinforzare rispettivamente Liverpool e Chelsea, in prestito oneroso con diritto di riscatto. La dirigenza bianconera completa quindi la ristrutturazione del reparto di centrocampo, tanto criticato nelle ultime due stagioni, uscito profondamente rinnovato dal mercato grazie agli arrivi di Pogba e Paredes e all’inserimento in pianta stabile nella rosa della prima squadra dei giovani Fagioli e Miretti.

Movimenti tutto sommato condivisibili quelli operati dalla società. Un piccolo spunto di riflessione nasce, però, osservando le destinazioni raggiunte dai calciatori giudicati in esubero. Dopo le cessioni a gennaio di Bentancur e Kulusevski al Tottenham, Arthur è stato acquistato dal Liverpool e Zakaria dal Chelsea. Tutti sono approdati in squadre di vertice di un campionato unanimemente considerato di gran lunga superiore alla nostra Serie A. Considerando anche il trasferimento sfumato di Rabiot al Manchester United e prendendo quindi atto della portata delle squadre che si sono interessate ai nostri calciatori, viene da domandarsi come mai questi giocatori, considerati talmente scarsi da essere indicati come il principale problema della Juventus, non siano finiti in club da metà classifica bensì nelle formazioni che lottano per il titolo in Premier League. Avanza a riguardo la fortissima sensazione che gli ultimi due anni disastrosi avuti dalla Juventus, prima con la gestione Pirlo, poi con il ritorno di Allegri, non abbiano permesso alla società di formarsi una percezione corretta del reale valore della rosa.

Comunque, messi da parte pensieri e riflessioni legati ai movimenti di mercato, la nuova Juventus si presenta al Franchi di Firenze per rilanciare il suo inseguimento alla vetta della classifica. La formazione scelta da Allegri, comunicata con il consueto anticipo dai canali della società, non lascia spazio a sorprese rispetto alle previsioni della vigilia. In porta gioca Perin. La linea di difesa è formata da Cuadrado, Bremer, Danilo e Alex Sandro. A centrocampo agiranno McKennie, Paredes e Locatelli, mentre in avanti, il tecnico bianconero sceglie di concedere un turno di riposo a Vlahovic in vista della trasferta di Parigi. Sarà Milik, che ha destato un’impressione molto buona nei due scorci di gara che fin qui gli sono stati concessi, a guidare l’attacco bianconero. Il centravanti polacco sarà supportato ai lati da Di Maria e Kostic.
Sulla sponda viola, il tecnico Italiano schiera la sua squadra con il 433. Terracciano; Dodò, Milenkovic, Igor, Biraghi; Maleh, Amrabat, Barak; Sottil, Jovic, Kouame; sono gli undici giocatori scelti dell'allenatore per iniziare la sfida.

Guidate dall’arbitro Doveri, le due squadre, vestite dei loro tradizionali colori, entrano sul terreno di gioco mentre il buffo inno dei padroni di casa si diffonde all’interno di un Franchi gremito. Il popolo viola sventola sciarpe e bandiere colorando l’impianto. Per loro è la partita che vale una stagione. Per noi un piccolo fastidio con cui fare i conti una volta all’anno. 
Al fischio di avvio, la Fiorentina tenta di assumere il controllo della gara. I primi minuti se ne vanno con uno sterile possesso palla esibito dalla squadra di Italiano che si risolve in una serie di aperture sulle corsie esterne, alla ricerca di cross che si rivelano tutto sommato innocui. Il copione iniziale della gara resiste fino a quando, alla prima vera proposta offensiva, la Juventus passa in vantaggio. I bianconeri tagliano il campo da sinistra verso destra in tre passaggi, liberando Cuadrado per il cross dal fondo. Il pallone calciato dal colombiano attraversa tutta l’area di rigore e cade all’altezza del secondo palo, dove Kostic, di prima intenzione, tenta la conclusione a rete. Milik è bravo e lucido nel correggere la traiettoria del pallone e, con un tocco di petto, a portare la Juventus in vantaggio. Non sono trascorsi nemmeno dieci minuti e i bianconeri si ritrovano a condurre nel punteggio. Il replay dell’azione fuga qualsiasi dubbio circa la posizione dell’attaccante polacco al momento del tocco in rete. 
Incassato il gol, la Fiorentina tenta una reazione che si esaurisce con un tiro di Maleh ribattuto dalla difesa bianconera. La Juventus in questa fase trasmette l’impressione di poter assumere il pieno controllo della partita. Si muovono bene in campo anche i due ultimi acquisti. Sia Paredes che Milik offrono una prestazione soddisfacente. L’argentino possiede la velocità mentale e l’abilità tecnica per muovere il pallone in avvio dell’azione, regalando quel tocco di qualità di cui la manovra spesso era risultata sprovvista. Il centravanti polacco, a sua volta, conferma le buone sensazioni che aveva destato nelle precedenti prove. Oltre al gol, Milik dimostra di essere un valido punto di riferimento verticale per la manovra offensiva bianconera. A convincere in modo particolare è la sua capacità di agire da boa e di saper sfruttare il corpo del diretto marcatore per ruotare verso la porta e dare avvio alla sua azione. 
L'incontro vive un momento nel quale la squadra di Allegri sembra addirittura poter trovare il secondo gol. Un recupero di Bremer innesca il contropiede di Di Maria. L’argentino riceve palla a centrocampo e parte deciso verso la porta. Arrivato a ridosso del limite dell’area, libera McKennie, solo in ottima posizione, per la conclusione. L’americano inspiegabilmente rinuncia al tiro, preferendo rimettere il pallone al centro dell’area affollata. Da una potenziale occasione da gol, la Juventus ricava soltanto un calcio d’angolo, frutto della deviazione di Milenkovic sul tentativo, in verità non irresistibile, di Kostic. Dagli sviluppi del tiro dalla bandierina la partita incontra il suo punto di svolta. 
Terracciano, in uscita alta, con il pugno libera il cuore dell’area. Di Maria, all'altezza della trequarti viola, viene tradito dal rimbalzo del pallone che, scavalcandolo, favorisce il contropiede di Sottil. Con la Juventus completamente sbilanciata in avanti, l’esterno apre il campo alla corsa di Kouame. L’attaccante si presenta davanti a Perin e lo batte con un preciso rasoterra. Il pubblico di casa che un minuto prima aveva tirato un sospiro di sollievo per l’occasione vanificata da McKennie, adesso esulta. La Fiorentina ha recuperato la partita nel momento in cui stava rischiando di vederla scivolare via. 
Subìto il pareggio, la Juventus si spegne. Di colpo e in maniera definitiva.
I bianconeri arretrano a protezione dell’area di rigore e faticano a ripartire. Prende il via una serie di orribili fraseggi che finiscono sempre per riconsegnare il pallone agli uomini di Italiano. La squadra di Allegri inizia a subire oltre modo l’iniziativa di un avversario per niente irresistibile. Diversi elementi in maglia bianconera evidenziano serie difficoltà. 
Kostic, utile in occasione del gol del vantaggio, dà l’impressione di essere come spaesato e non sembra nemmeno avere nelle gambe l'energia necessaria per ribaltare l’azione nelle rare occasioni in cui il campo potrebbe aprirsi alla ripartenza bianconera.
Una prestazione negativa arriva però soprattutto dalle due mezze ali. Locatelli e McKennie in nessun momento riescono a fornire un contributo adeguato al livello richiesto dalla partita. 
Il centrocampista italiano, spostato finalmente qualche metro più avanti (come chiesto con forte insistenza dagli stessi opinionisti che ne avevano invocato l’acquisto come regista), esibisce le stesse identiche difficoltà mostrate nelle partite in cui Allegri lo aveva schierato davanti alla difesa. Propone un gioco lento e banale, del tutto privo di intensità. Purtroppo, il problema non è da ricercare nella posizione (pochi metri di campo non trasformano un onesto mestierante in un campione), ma nel valore complessivo di un giocatore che, con molta probabilità, è buono ma non fino al punto da proporsi come elemento cardine in una squadra come la Juventus.
Non offre segnali più confortanti McKennie, che gira a vuoto per gran parte del tempo. In alcuni momenti si corre il rischio di dimenticarsi di lui, tanto poco rilevante è il suo apporto in gara. Utilizzato in fase di non possesso come uomo incaricato di rompere le due rigide linee difensive su cui si schiera la Juventus per portare la prima pressione al possesso di palla avversario, in fase offensiva l’americano dovrebbe rappresentare l’uomo dell’inserimento tra le linee. Non riesce quasi mai a offrire valide tracce di passaggio ai compagni e quando Di Maria in contropiede gli apre la possibilità di calciare a rete dall’interno dell’area, lui prende una decisione assolutamente insensata vanificando l'azione.
La squadra di Allegri continua a subire l’iniziativa della Fiorentina che con convinzione spinge alla ricerca del vantaggio. Il piccolo gruppo di ascolto davanti alla tv inizia a mugugnare. La sensazione che il pareggio sia il massimo che i bianconeri possono ricavare dalla partita diventa sempre più forte. Ed è insopportabile prenderne coscienza quando davanti c’è ancora almeno un'ora da giocare.
La Juventus in realtà rischia anche di perderla, o almeno di passare in svantaggio, quando il Var richiama l’arbitro Doveri al monitor per un tocco di mano di Paredes sfuggito al direttore di gara e all’assistente. Il replay non lascia spazio a particolari dubbi, nonostante l’argentino tenti di togliere il braccio dalla traiettoria del cross di Sottil. Sul dischetto si presenta Jovic. Il serbo calcia rasoterra, incrociando con il destro. Perin intuisce e riesce a deviare la palla che colpisce la faccia interna del palo e attraversa lo specchio della porta senza però superare la linea. Il rigore fallito da Jovic segna di fatto la conclusione del primo tempo. L’arbitro Doveri manderà le squadre al riposo pochissimi minuti più tardi

I vari gruppi di whatsapp sono in fermento. Il malcontento per l'andamento della partita è forte e rumoroso. Da qualche mese intorno alla Juventus si respira un clima al limite dell’insofferenza. Le scelte di Allegri e una condizione fisica che continua ad essere precaria sono le maggiori criticità evidenziate da chi ha appena finito di seguire il primo tempo. Più di ogni altra cosa e prima delle singole prestazioni individuali, a colpire negativamente è stato l'atteggiamento mostrato dalla squadra dopo aver incassato il gol di Kouame. La Juventus si è ripiegata su stessa, come fosse impaurita.
L’intervallo arriva al momento giusto per provare a cercare qualche soluzione per modificare l’andamento della partita. L’opinione comune è che Allegri non possa ripresentare in campo la stessa squadra.
Per qualcuno serve l’ingresso di Vlahovic.
Per qualcun altro quello di Kean.
Tutti sono concordi sulla necessità di inserire Miretti.
L'autore di queste righe, forse illuminato dalla consapevolezza della rassegnazione, è invece convinto che non sia più una questione di un giocatore piuttosto che un altro. Tanti sono cambiati (e tanti altri cambieranno ancora) ma il campo finora ha dato sempre lo stesso responso. Una squadra lenta e piatta, priva di energia e intensità, che concede il pallone agli avversari e non azzarda quasi neppure il minimo tentativo di pressione in avanti. Una squadra che non segna e non sa creare occasioni per segnare. Chiunque sia sceso in campo in questo ultimo anno. 
Da Morata e Dybala a Vlahovic e Di Maria. 
Da Bentancur e Kulusevski a Locatelli e Kostic. 
Dagli sbiaditi ricordi liceali affiora una semplicissima regola matematica che sembra inquadrare al meglio l’attuale Juventus, “cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia”. Quando si cambiano giocatori e sistemi di gioco senza ottenere esiti differenti significa che il problema deve essere ricercato altrove.
L’intervallo è ormai agli sgoccioli. Lo smartphone, opportunamente silenziato, viene riposto su un tavolo. La solita sedia scomoda attende il tifoso bianconero che, senza troppe aspettative, si accinge alla visione del secondo tempo.

La Juventus si ripresenta in campo con una novità nello schieramento. Allegri lascia Di Maria negli spogliatoi e inserisce al suo posto De Sciglio, alzando Cuadrado nella posizione occupata in precedenza dall’argentino. Non sembra una mossa in grado di capovolgere l’inerzia della sfida.  Di sicuro per i bianconeri non aumenta il tasso di qualità. La ripresa segue infatti lo stesso copione della fase finale del primo tempo. La Fiorentina controlla il pallone, la Juventus aspetta negli ultimi trenta metri. Non c'è più nessun accenno di pressione in avanti e la squadra ben presto conferma la sensazione che difficilmente riuscirà a trovare la seconda rete. Paredes, dopo il buon avvio, lentamente sparisce dalla partita. Con una squadra votata soltanto a contenere il pareggio, l’argentino non riesce più ad incidere, pur cercando comunque di rendersi utile in copertura. Milik inizia invece ad assaggiare cosa significhi ricoprire il ruolo di centravanti nel calcio di Allegri. Come accaduto a Vlahovic e a Morata prima di lui, il polacco si ritrova sempre più isolato, cercato soltanto con palloni profondi che tenta di difendere e giocare come può. Impossibile e ingeneroso pretendere qualcosa di più da lui. Essere il centravanti di una squadra che rinuncia in partenza ad attaccare rimane  il ruolo maggiormente difficile ed ingrato del mondo.
Come già avvenuto contro lo Spezia, le fasce continuano a produrre poco o niente. Allegri decide di intervenire intorno all’ora di gioco togliendo Cuadrado e Kostic, entrambi autori di una prestazione negativa, e inserendo al loro posto Miretti e Kean. McKennie prende il ruolo di ala destra fino a quel momento ricoperto da Cuadrado, mentre il giovane centrocampista va a rinforzare la linea mediana e dimostra di avere una visione differente rispetto a molti suoi compagni, trovando subito una traccia nella quale inserirsi in verticale. Locatelli, che con il passare dei minuti evidenzia una condizione fisica decisamente precaria, non vede però il passaggio in profondità che avrebbe mandato il compagno in porta e si rifugia nel solito tocco orizzontale.
La Juventus non attacca. 
La Juventus non gioca. 
La Juventus non segnerà. 
Anche per chi nel corso degli anni non si è mai arreso, risulta molto difficile continuare a seguire una partita diventata ormai motivo di sofferenza, non tanto per le iniziative della Fiorentina, che continua a rivelarsi una squadra modesta, incapace di creare veri pericoli alla porta di Perin nonostante un secondo tempo giocato quasi interamente nella metà campo juventina, quanto per la fatica che il tifoso prova nel guardare una squadra stanca e vuota giocare (si fa per dire) per conservare il pareggio. La regia regala un’inquadratura della dirigenza bianconera in tribuna al Franchi. L’espressione nei volti di Cherubini e Nedved è cupa. Arrivabene ha la faccia di quello che forse non ha ben chiaro tutto quello che sta accadendo sul prato verde ma di sicuro ciò che vede non gli sta piacendo. Per una volta il tifoso davanti alla tv si ritrova ad invidiare i tifosi da televideo. Quelli che non guardano la partita ma comunque non mancano di pubblicare illuminati commenti sui vari profili social in base al risultato. Che fosse questa la maniera migliore per seguire la Juventus di Allegri? Il cronometro scorre e la sensazione che avanza è quella di aver buttato un pomeriggio.
La partita non cambia mai copione. La Fiorentina prosegue nel suo possesso di palla, cercando con improvvise aperture sulle zone esterne del campo di creare difficoltà alla Juventus. In realtà la porta di Perin corre un solo pericolo, verso il finale di gara, quando Amrabat dalla distanza chiama il portiere bianconero ad una difficile deviazione in angolo. L’unica azione bianconera dell’intero secondo tempo si riduce invece ad una verticalizzazione di Miretti per Kean, anticipato dall’uscita di Terracciano.
Il tempo scorre, sempre troppo lentamente, per il piccolo gruppo d’ascolto davanti alla tv, ormai totalmente insofferente per quanto sta accadendo sul terreno di gioco. Allegri cambia ancora. Inserisce prima Bonucci per Alex Sandro, infine concede a Fagioli l’esordio stagionale in sostituzione di Paredes, calato alla distanza ma comunque autore di una prestazione sufficiente. Non è il giocatore che da solo cambia una squadra ma ci sono le premesse perchè possa rappresentare un buon innesto.

Esauriti i quattro minuti di recupero concessi dall’arbitro Doveri, la partita finalmente si conclude. La Juventus rimedia un punto che per il modo in cui ha interpretato gran parte della gara è ben presto sembrato il massimo che potesse ottenere. Una brutta prova quella dei bianconeri, apparsi per gran parte dell’incontro a corto di energie e di idee. Difficile capire i possibili margini di crescita di una squadra che non scende in campo per giocare e quando lo fa non ha autonomia per reggere i novanta minuti. Cosa potrà riservare la stagione è ancora presto per dirlo e sicuramente è difficile da prevedere. La sensazione è quella di una squadra che offrirà prestazioni in linea con quanto visto in questo avvio di campionato e nella scorsa annata. I risultati dipenderanno dalla capacità che avranno i vari Pogba, Chiesa, Di Maria ecc… di incidere e regalare giocate decisive una volta che avranno ritrovato la miglior condizione possibile. Come spesso accade nell’idea di calcio del nostro tecnico, il destino passa attraverso i colpi individuali dei giocatori. Rimane ancora da scoprire a cosa dovrebbe servire lui.

PAGELLE
PERIN 7,5
Il rigore parato, soprattutto, e la deviazione in angolo sulla conclusione di Amrabat nel finale evitano con ogni probabilità la sconfitta alla Juventus e lo eleggono migliore in campo.
CUADRADO 5,5 Pur nella mediocrità nella quale è sprofondato, offre qualcosa di meglio come terzino, nel primo tempo, piuttosto che in posizione avanzata. Non sembra avere più gli spunti che gli consentivano di superare regolarmente l’avversario e crossare verso il centro. Si perde nella solita confusione di scelte e giocate sbagliate. Il contratto scade alla fine della stagione. Da non prendere in nessuna considerazione la possibilità di rinnovare.
(MIRETTI 6 Mezz’ora nella quale individua presto la falla della linea difensiva della Fiorentina e, quando si presenta l’opportunità, si lancia nello spazio dettando il passaggio. Purtroppo invano. I compagni non lo servono mai)
BREMER 6,5 Il brasiliano in coppia con Danilo offre una buona prestazione, giocando con sicurezza e lucidità. Puntuale nelle chiusure e nell’opporsi con il corpo ad un paio di conclusioni pericolose.
DANILO 7 Come il suo compagno di reparto, è protagonista di una prova sicura e lucida. Chiude con precisione un paio di situazioni che rischiavano di diventare critiche e nel finale, nonostante un leggero problema fisico, si disimpegna bene anche da terzino sinistro. Sembra essere uno dei pochi ad avere qualcosa in più a livello di personalità.
ALEX SANDRO 6 Dal punto di vista difensivo offre una prestazione solida, priva di sbavature, nella quale regge bene nell’uno contro uno con Kouame, cercato spesso nel primo tempo dalla squadra di Italiano. In avanti spinge poco. La piega presa dalla partita non lo favorisce e l’intesa con Kostic appare ancora lontana.
(BONUCCI SV Gioca i minuti finali contribuendo a dare solidità al reparto difensivo)
LOCATELLI 5 Non più regista ma mezzala, dimostra, almeno per il momento, che la sua involuzione non dipende dalla posizione in campo ma da un livello tecnico forse non adeguato a permettergli di essere un centrocampista titolare in una squadra con ambizioni da scudetto. Passaggi per lo più banali e in orizzontale. L’inserimento nell’area avversaria (nonostante qualche gol segnato in passato) non è una delle sue caratteristiche principali. Una volta recuperato Pogba, rischia di scivolare ai margini della squadra.
PAREDES 6  Nella prima parte di gara esibisce una buona visione di gioco, abbinata alla facilità di giocare il pallone e ad una buona predisposizione al contrasto e alla pressione in avanti. Cala con il passare dei minuti. Non è il giocatore che cambia la squadra ma può aiutarla a trovare una strada.
(FAGIOLI SV Pochi minuti che gli valgono come esordio stagionale)
MCKENNIE 5 Inizia come mezz’ala di inserimento, prosegue da ala destra, quindi chiude da esterno a tutta fascia nei minuti finali. L’americano trasmette la sensazione di essere molto lontano dalla condizione migliore. Osservandolo si ricava l’impressione di uno che non ha ancora ben compreso l’importanza per un atleta di seguire una corretta alimentazione. Ha il grave torto di sprecare il pallone offertogli da Di Maria, poco prima del pareggio viola, rinunciando a tirare da ottima posizione.
DI MARIA 6 Lontano dalla migliore condizione, l’argentino regala comunque qualche intuizione di livello superiore. Libera McKennie davanti alla porta ma l’americano sceglie, solo lui sa perchè, di non tirare. Lascia il campo dopo il primo tempo.
(DE SCIGLIO 6 Entra da terzino destro e offre una partita tutto sommato dignitosa. Non è da lui che possono arrivare le giocate in grado di modificare l’inerzia di una gara).
MILIK 7 Subito in gol, un tocco facile per concludere l’unica vera azione costruita dalla Juventus, il centravanti polacco dimostra una buona capacità di offrirsi come riferimento verticale della manovra. Lotta con i diretti marcatori e lavora qualche bel pallone. Rimane sempre più isolato con il passare dei minuti. Impossibile chiedergli di più.
KOSTIC 5 Ancora molto lontano dall’essere il giocatore ammirato con l’Eintracht Francoforte durante la scorsa Europa League. Il serbo appare appesantito nella corsa e poco lucido in fase di appoggio. I cross tesi e precisi, caratteristica principale dell’esterno, al momento ancora non si vedono.
(KEAN 6 Mezz’ora da ala sinistra. Impegnato prevalentemente in copertura, offre un valido contributo di fatica in una posizione che non gli appartiene)

ALLEGRI SV La sua squadra ha la capacità di trascorrere novanta minuti dentro un campo di calcio senza giocare a calcio. Dopo la recente partita allo Stadium, Mourinho disse di provare vergogna per essere l’allenatore di una squadra che aveva giocato tanto male. Il nostro allenatore invece sorride. Si dichiara contento per il pareggio e continua a raccontare banalità tipo quella che il calcio è un gioco semplice in cui è sufficiente passare la palla ai compagni con la maglia uguale. I suoi giocatori però, da quello che si vede in campo, non sembrano riuscire a capirlo. Nelle interviste dice una cosa, in partita si vede tutt’altro. Dominato atleticamente e fisicamente da chiunque. Forse è arrivato il momento di porsi alcune domande.