Time fly, il tempo vola, un mese è già quasi passato dalla partita inaugurale del mondiale di calcio qatariota.
Raffaele Riefoli, in arte Raf, nel 1989 scrisse, compose, in collaborazione con Giancarlo Bigazzi e Giuseppe Dati, Cosa resterà degli anni '80, canzone il cui testo inizia così: anni come giorni son volati via, brevi fotogrammi o treni in galleria, è un effetto serra che scoglie la felicità, delle nostre voglie e dei nostri jeans, che cosa resterà.

Non sottovalutando che già all’epoca l’effetto serra era argomento ricorrente e che i jeans continuiamo ad indossarli, mi soffermerei sui fotogrammi, non quelli della Milano da bere dell’epoca Craxiana, ma bensì quelli rimasti impressi fino ad ora nella mia mente riguardanti, a mio parere, lo scadente spettacolo mostrato durante questi mondiali dai gladiatori moderni, ossia i calciatori.
Si parla tanto, io per primo, di calcio all’italiana, di difensivismo, di attendismo, di ritmo basso, di calcio orizzontale, di mancanza di creatività, di fantasia, di dribbling, tutto questo lo si spesso riferisce al nostro campionato ormai considerato di serie B tendente alla C, ma questa manifestazione che mette sul palco i migliori interpreti al mondo cosa ci ha detto?
Io non ho visto una partita entusiasmante, forse la parte centrale della semifinale di ieri sera con il valoroso e coraggioso arrembaggio del Marocco e la umile e forse un po’ patetica difesa della Francia non mi ha fatto sbuffare e cambiare canale per la noia.

Lionel Messi, 36 anni a breve, è l’unico che mi ricorda chi sapeva giocare a pallone, chi all’oratorio dribblava anche le buche, i sassi e i cespugli d’erba in mezzo al campo impolverato, dove ogni fallo, e quelli bravi ne subivano tanti, portava una nuova sbucciatura e una possibile cicatrice per la vita.
Ve lo ricordate Brunetto Conti sulla fascia a fare finta e controfinta, dribbling e cross sulla testa del compagno? Dove sono finiti i Beccalossi, Causio, gli Antonioni, i Littbarsky, gli Waddle, gli Zico, i Platini, i Donadoni, gli Zidane?
Ma soprattutto dove sono finiti i centroavanti, quelli che negli ultimi 16 metri finalizzano l’azione, quelli che fanno goal? Il compianto Paolo Rossi, Totò Schillaci, Rudi Woeller, Marco Van Basten, Ronaldo (quello vero), Weah, Trezeguet…il numero 9 che fine ha fatto?
Qualcuno mi dice: il mondo cambia e il calcio fa parte del mondo. Non esistono più le stagioni figuriamoci i fantasisti, i dribblatori, i numeri 9. Arrenditi, non c’è più spazio per i sentimenti, per le maglie di lana a maniche lunghe senza sponsor, non è più il tempo dei goal come quello che Diego fece a Tacconi mettendo la palla al sette da posizione inimmaginabile. Oggi si corre veloce, si salta molto in alto, si va dal parrucchiere ogni settimana per le foto con gli sponsor, non si gioca più a calcio, non come lo intendi tu.

Insomma, questo mondiale ci ha fatto capire che tutto il mondo è paese, che non è solo il campionato italiano ad essere poco divertente e tecnicamente non eccelso ma che è il football in generale a rappresentare più una gara di corsa che altro, che il motto universale è ormai primo non prenderle.
Questo mondiale ci ha proprio insegnato che tutto il mondo è paese, che le tangenti, la corruzione non sono solo un peccato italiano, ma un peccato che commettono in tanti.
Viva il mondiale all’italiana.
Viva Leo Messi che ci fa tornare bambini!