Storie di calcio - stagione III - episodio VIII

"Mio padre giocava a calcio, e anche mio fratello, che ha giocato fino alla Terza Divisione. Quindi credo che per me sia stato naturale seguirli. Il calcio per me era tutto. Non importa dove ci trovavamo, se in strada o nel soggiorno di casa. Le finestre lo sapevano bene. Approfittavamo di qualsiasi opportunità per giocare a pallone, a casa solo io e mio fratello, fuori anche con gli amici".

Ossessionato dal successo, il giovane ha attraversato una carriera di alti livelli vincendo di tutto e di più. Al Mönchengladbach ha iniziato a farsi conoscere, a Monaco di Baviera si e consacrato tra i migliori e infine all'Inter ha contribuito ad essere un vero Re sotto la Madonnina.
Oggi la Germania lo ricorda come uno dei migliori centrocampisti capace di essere un vero leader.

L'ottavo episodio lo dedichiamo a Lothar Matthaüs "il capitano coraggioso."

Nato a Erlangen il 21 marzo 1961, il ragazzo cresce a Herzogenaurach nel distretto della Media-Franconia. Matthaüs ha delle origini ebraiche da parte della nonna paterna. La passione per il calcio parte proprio dalla sua famiglia, con i genitori Heinz e Katharina che gli impartiscono un'educazione rigida. 

Una volta lasciato la casa dei suoi genitori, il ragazzo inizia così a lavorare da apprendista come arredatore di interni.

La carriera calcistica di Matthaus parte dall' FC Herzogenaurach e a soli diciotto anni viene preso in prima squadra dal Borussia Mönchengladbach:

 "Fin da bambino ero un grande tifoso del Borussia M'Gladbach. C'era un legame stretto: la mia famiglia lavorava per la Puma, sponsor tecnico della squadra. Quindi avevamo molti contatti con Helmut Grashoff, il General Manager, e con tutto il club. Così ho potuto fare un provino. La prova in teoria sarebbe dovuta durare quattro giorni, ma ricordo di aver fatto subito una buona impressione già al mio primo allenamento".

"Berti Vogtsche allora era un giocatore del Gladbach, andò dal Direttore generale e gli disse: 'Non dovete aspettare altri tre giorni, offritegli un contratto adesso, altrimenti ce lo porteranno via' ".

L'esordio avvenne nel 1979 in un match di Bundesliga. Il primo goal con i Piledri lo sigla all'Eintrach Braunschweig: un destro potente da fuori che si infila all'angolino imparabile per il portiere.

In cinque stagioni mette a segno 51 reti ottenendo a sorpresa la chiamata della nazionale tedesca. Un momento cruciale della sua carriera avvenne nella finale della Coppa di Germania: costui sbaglia il rigore nella finalissima contro il Bayern Monaco facendosi ingannare dal portiere avversario Jean-Marie Pfaff calciando molto alto.

"Mia San Mia."

Nell'estate del 1984, il giovane venne acquistato dal Bayern Monaco per circa due milioni e mezzo di marchi tedeschi (due miliardi e mezzo di lire). Il primo passo verso l'ascesa avvenne proprio a Monaco di Baviera, infatti Lothar completa la sua crescita tecnica e tattica e progressivamente da mediano si trasforma in tuttocampista, sviluppando delle qualità importanti anche nella manovra.

Arrivano finalmente i primi trofei tra cui: una Coppa di Germania e una Supercoppa tedesca e tre campionati tedeschi.

La stagione più combattuta per Matthaüs è quella del 1985/86. A Brema, il Bayern Monaco è impegnato nella sfida contro il Werder, quando ad un certo punto arriva il calcio di rigore all'89esimo. Dal dischetto si presentava Michael Kutzop. Fino a quel momento sbagliò, colpendo il palo con la partita che finisce 0-0. Un punto d'oro per il Bayern che all'ultima giornata vince per 6-0 contro il Gladbach e si laurea campione di Germania.

Le radio trasmettono senza tempo il match del Werder Brema. Tutti i tifosi e la panchina dei Bavaresi sono col fiato sospeso. Un enorme boato arrivò all'Olympiastadion: lo Stoccarda aveva vinto per 2-1 contro il Werder. 

Matthaüs è incredulo. Per lui si trattava di una delle vittorie più emozionanti della sua carriera.

"O mia bela Madunnina che te brillet de lontan. Tuta d'ora e piscinina ti te dominet Milann."

I suoi goal avevano fatto innamorare l'Italia. Il Napoli si mosse subito per portare sotto il Vesuvio questo gioiello tedesco. Per Maradona nutre una grande stima e lo vorrebbe al suo fianco:

"Diego, con cui ci conoscevamo da poco, inviò una delegazione da Napoli a MonacoEravamo in un ristorante italiano a Solln (in Baviera ndr), che in realtà era chiuso il sabato, ed era stato aperto appositamente per quella riunione segreta. Quando sono rientrato da Colonia, alle 21, quattro italiani e una valigetta aspettavano me e il mio agente. I dirigenti del Napoli mi portarono i saluti di Diego. Mi chiesero di firmare con quel dono di un milione di marchi (circa un miliardo di lire): quei soldi erano tre volte superiori allo stipendio che guadagnavo al Bayern."

"Rifiutai: ma quel gesto di Diego per me e stato davvero molto importante."

Il colpo non arriva, ad approfittarne è l'Inter che nel 1988 incassa il bottino. Al Bayern Monaco vanno sette miliardi di lire. La dirigenza ha lavorato a lungo per portarlo a Milano, costi quel che costi. Trapattoni aveva trovato un vero jolly per puntare a vincere.

A Milano diventa un Re perché contribuirà allo Scudetto dei Record dell'annata 1988/89. Un suo goal su punizione contro il Napoli vale il 13esimo tricolore. Il campione tedesco ha parlato del suo ottimo rapporto con il Trap durante la sua esperienza interista:

"Trapattoni mi ha sostenuto fin dall'inizio, sapeva che aveva bisogno di me per vincere. Mi ha dato subito il numero 10, anche se io non lo volevo. Non mi vedo come un numero 10. Quando mi chiesero che numero volevo, dissi che al Bayern avevo l'8, ma l'avevano già preso. Pensai allora che me ne avrebbero dato un altro. '

"Prenderai il numero 10", insistette lui.

"Non lo voglio" ho ribattuto.

Ma lui allora ha detto: "So che non sei Platini, ma io per vincere ho bisogno di te ".

Per quattro lunghi anni ha portato nel suo cuore i colori nerazzurri giocando al fianco dei suoi connazionali come: Andreas Brehme e Jürgen Klinsmann suo grande amico.

Nella stagione 1990/91 conquista la sua prima Coppa UEFA nel doppio confronto contro la Roma in finale. In quella annata, il campione tedesco sfuma il secondo scudetto per un'altro rigore sbagliato, o per meglio dire parato da Pagliuca nello scontro diretto contro la Sampdoria.

Le cose iniziano a cambiare con l'addio di Trapattoni nell'estate del 1991. Corrado Orrico viene scelto come nuovo allenatore e le notizie non sono migliori. Nell'estate del 1992 dopo che l'Inter non raggiunse la qualificazione in Europa decide di far ritorno in Germania, di nuovo al Bayern Monaco.

"Mia San Mia Atto II"

A Monaco nonostante il punto di vista fisico, Matthaüs riesce a ritagliarsi un ruolo di protagonista e a vincere nuovi titoli. 

Nel 1994, il campionato tedesco vide un nuovo duello tra Bayern Monaco e Kaiserslautern. Matthaüs sblocca la rete su punizione contro lo Schalke 04 che fa trionfare così i Bavaresi in Bundesliga.

Il 25 gennaio 1995, il tedesco subisce un'altro grave infortunio al tendine d'Achille. Una sfortuna dopo l'altra e a pensare che tre anni prima, il 12 aprile 1992, il tedesco aveva subito la rottura del crociato anteriore del ginocchio destro.

Tuttavia, quest'altro problema fisico non fermerà Matthaüs che dimostrerà ancora una volta la sua grande determinazione.

Ritornato in campo, il campione agguanterà altri trofei in bacheca: tre campionati, due Coppe di Germania, tre Coppe di lega e una Coppa UEFA nella stagione 1995/96.

Non riuscirà a vincere la Champions League, sfuggita nella notte del 26 maggio 1999. Un hakakiri impensabile per gli avversari con il Manchester United che ribalta il match in maniera rocambolesca con Sheringham e Solskjær.

"Danke Munich"

L'8 marzo 2000, il Bayern saluta Matthaus dopo 464 partite. Si trasferisce negli States ai Metrostars (gli attuali New York Red Bulls), che lo volevano come uomo squadra nella MLS.

L'avventura sarà un totale disastro. Non intraprende bene la lingua e ottiene solamente 23 presenze. A settembre Matthaüs annuncia l'addio al calcio giocato dopo una carriera fantastica.

Con la nazionale tedesca ha disputato una parentesi da vero vincente. Convocato per l'europeo 1980, il giovane non scende per niente in campo continuando a giocare nell'Under 21. Nel frattempo la Germania si laurea campione d'Europa battendo il Belgio in finale per 2-1.

Stessa sorte ai mondiali del 1982, con quest'ultimo che riesce a disputare solamente due partite della fase a gironi.

Alla rassegna messicana del 1986, diventa uno dei pilastri della nazionale. Il 17 giugno 1986, segna una rete fondamentale che consente alla Germania Ovest di giocare la sua seconda finale consecutiva a distanza di quattro anni.

Il sogno si interrompe a Città del Messico con la Germania che esce sconfitta contro l'Argentina di Maradona, astro nascente del calcio globale.

Matthaüs gioca in marcatura sul Pibe de Oro per tutto il primo tempo riuscendo a limitarlo, ma anche privando i suoi di una fonte di gioco fondamentale. Il duello è leale e spettacolare.

Nella ripresa Beckenbauer cambia le marcature e Matthaus riceve l'incarico di offendere, ma il numero dieci argentino riesce a servire in contropiede a Burruchanga l'assist decisivo per il 3-2 dell'Argentina.

"Notti magiche inseguendo un goal, sotto il cielo di un'estate italiana."

Matthaüs ai mondiali di Italia '90, sale in cattedra, non solo perché e il capitano della nazionale, ma si riprende una grossa rivincita contro l'Argentina sempre in finale. Decide un calcio di rigore di Brehme che batte Goycochea e consegna ai tedeschi la terza stella della loro storia.

Il 1990 e il 1991 sono due epoche d'oro per il campione. Riesce a vincere dei premi importantissimi come:

  • Calciatore tedesco dell'anno
  • Pallone d'oro
  • Il Fifa World Player nel 1991

Gioca altri due mondiali, ma senza successo, utili perché incasserà un record: quello di aver disputato cinque edizioni della rassegna, le 25 presenze di un mondiale e le 150 presenze complessive in nazionale.

In seguito ha cercato di fare l'allenatore, girovagando nelle squadre come: Rapid Vienna, Partizan Belgrado, l'Ungheria, Atletico Paranaense in Brasile e la Bulgaria. Esperienze dove non ha espresso molto per le sue doti di allenare attraverso il pallone.

Una vita privata molto discussa e chiacchierata per un campione che nel campo ha dato l'anima.

Mio padre ebbe l'onore di raccontare la storia di Lothar Matthaüs quando giocava all'Inter tra la fine degli anni ottanta e inizi anni novanta. Mi disse che era uno dei giocatori più forti in circolazione.

Un tedesco coraggioso che ha lasciato la sua firma nell'asse Germania-Italia.

Un abbraccio Pasqui