Ciao France'... Non mi sei mai stato simpatico, troppe barzellette, troppi cucchiai, troppo romanista, troppo pupone, capriccioso, accentratore, un egocentrico riflesso del proprio specchio che ha piegato l’entusiasmo popolare, lo ha modellato, fino a farlo diventare intransigenza, ha cambiato l‘ammirazione in fanatismo, ha confuso il centro con il tutto…
Hai confuso l’immaginario di migliaia di ragazzini romani, ragazzini dai 2 ai 99 anni, tutti con i tatuaggi, il taglio di capelli, la parlata, la camminata, tutti con quel “10” sulle spalle, con quella maglietta che sembrava una specie di tuta alare, un paracadute esistenziale, un anello di congiunzione tra “cosa sono” e “cosa vorrei essere”, anche nella consapevolezza del “non lo sarò mai”.

Nello straordinario caotico quotidiano della Capitale, per un tempo praticamente infinito, sei stato il punto d’incontro, il percorso obbligato, l’occasione, il sogno, a prescindere dall’età, dall’estrazione sociale, dalla cultura, dalla posizione economica... dal resto.
Bravo da far invidia, anche troppo bravo, e troppo sfacciato in quel tuo modo, appunto sfacciato, di esserlo, quasi fosse scontato, come se fosse normale... però, però oggi, in mezzo a tutti quegli altri centomila “te”, io, da antiromanista DOC, mi sono emozionato, ho imparato ad imparare ancora un po’, perché l’amore non ha colore, né sapore, alla fine tutto l’amore, quell’amore lì, sa di lacrime e sale, di traguardi impossibili, di scommesse perse in partenza, perciò ancora più dolci da assaporare, sa di mancanza di futuro, sa di “passato” passato troppo in fretta e quindi di ricordi e, in qualche assurdo modo dell’anima, improvviso e inatteso, so che mi mancherai.