Blog: Quelli che dicono: "Sto pensando per chi tifare..."
Sì, anche io quando me lo chiedono salgo un paio di gradini e, come quasi tutti - il quasi ce lo metto così, con pochissima convinzione, ma tant’è, non si sa mai i beati… - mi autodefinisco tifoso, ma anche sportivo. Infatti se poi c’è un’altra italiana in coppa... beh, viva l’Italia! Mi spingo addirittura fino al "che vinca il migliore!", però mento sapendo di mentire, tranne il caso in cui si parli di situazioni, come dire cordialmente innocue, che non ci creeranno mai problemi in futuro… che so in coppa il Chievo, il Venezia, l’Empoli, il Sassuolo, il Roccopizzopapero di sotto… Non è facile diventare un tifoso di calcio, ci vuole la scintilla e poi anni e casualità e combinazioni: gli amici, il padre, il fratello, il nonno, chi vince in quel periodo, qualsiasi motivo a favore e qualsiasi contrario, chissà, dipende, a volte. E non ha importanza dove si è nati, come diceva P.P.P. "Quando come e dove si sono avuti i primi approcci con il calcio, per diventare un appassionato, un tifoso, non lo so. Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita. Io abitavo a Bologna. Soffrivo allora per questa squadra del cuore, soffro atrocemente anche adesso, sempre". Perché al tifoso vero, dopo un po' gli si mescola tutto nella testa e può arrivare a non capire più se la vita fa schifo perché il Roccopizzopapero di sotto fa schifo o viceversa. Sentimento forte e scambievole che ha meritato e meriterebbe pagine e pagine, ma qui volevo parlare di altro, restando il più lontano possibile da tutto ciò che usa l’esaltazione fanatica per esprimere "qualità" inaccettabili: aggressività, prepotenza, violenza. Quella è un’altra storia, che con il tifo non c’entra.
Tutto ciò solo perché, da qualche giorno con più insistenza, sento chiacchiere da bar e file dal gelataio, tra amici, ma anche tra signore, che si chiedono, anche con una certa dose di interesse: "Ma tu, per chi tifi quest’anno ai Mondiali visto che noi non ci siamo?". Ancora non ho deciso, però penso di tifare…Alt! Ma come "pensi di tifare"? Allora non è vero nulla, sono solo fesserie, e potrebbe anche essere, le ho scritte anche male, in modo non troppo intellegibile, e quello magari ci sta, ma insomma… "Penso di tifare per…", proprio no! Che neanche il giorno prima delle elezioni, o quando sei indeciso su che film andare a vedere, o cosa preparare per l’immancabile cena gourmet del fine settimana con gli amici pluridecorati di cucchiai e forchette! Quel tipo di entusiasmo per una squadra non puoi sceglierlo, viene da sé, non è pensabile. L’appartenenza, quel tipo di appartenenza, non è un’opzione equilibrata, è piuttosto un condizionamento selvaggio (in modo figurato si intende) che ti prende, che solo a volte sai da dove arriva e perché arrivi. Figurati se puoi sceglierlo. Se c’è una cosa che non funziona con il tifo, è la ragione. Non puoi pensare per chi tifare, il tifo è empatia pura con la tua squadra, quella e solo quella, non con quell’altra che scegli di sostenere come piano B. Ecco, diciamo che se l’Italia non c’è, puoi ragionevolmente simpatizzare o propendere per quella più debole, che magari è la prima volta che arriva ad una fase finale, che c’ha i colori più sgargianti, o quell’altra che vincerà (quasi) di sicuro, una cosa qualsiasi, ma puoi solo preferirla a quell’altra ancora che proprio ti sta sullo stomaco… Perché tifare è un’altra cosa, decisamente più ampia ed emozionante. Insomma, se alla fine, ma anche un po’ prima, il Roccopizzopapero di sotto perde, pazienza, dormiremo lo stesso sonno dei giusti, non penseremo che il destino si è ritorto contro di noi, né che la vita sia uno schifo, cercheremo un piano C per goderci la prossima partita e non riempiremo di insulti l’arbitro, il telecronista, l’allenatore e l’amico che la pensa in un altro modo.
- Anto’, sto pensanno pe' chi tifa'…
- Giuse’, ancora nun hai deciso?
- Me sa l’Argentina…
- Macché. Er Brasile. Er Brasile è sempre “er Brasile”, voi mette…
- Ho capito, ma l’Argentina c’ha Messi!
- Ma mica è Maradona, che quelli de Napoli nel ’90 tifaveno pe’ Maradona più che pe’ l’Itaja. Maradona valeva la pena.
- Ma sempre li stessi…
- Allora mejo ‘na squadra popo improbbabbile, come l’Islanda… Pensa se l’Islanda vince coll’Argentina…
- Ma va, va, se deve esse una strampalata dico Serbia.
- Serbia? No, no. Mejo Croazia.
- Ma nun è la stessa cosa?
- Non più. In Croazia ce sta er mare bello.
- Pure’n Sardegna.
- Quella è Itaja, e nun ce stamo ar Mondiale.
- Vabbè, lassamo da parte Francia, Inghirtera e pure Portogallo che ce sta quell’antipatico, e Spagna che ha rotto li cojoni, chi ce rimane?
- Nun c’è più nisuno.
- Avoja… Ce stanno quelli africani: er Camerun.
- Er Camerun?
- Ma sì, ‘na vorta so arivati pure ai quarti de finale me pare.
- Ma er Camerun nun partecipa.
- Ah. Allora ‘a Niggeria.
- ‘A Niggeria?
- Ma sì, so’ come er Camerun, solo che ce stanno. E so’ simpatici.
- Mo che ne sai che i niggeriani so’ simpatici?
- Ma sì, quelli so’ tutti simpatici, perché tanto nun ponno vince.
- Vabbè, allora tifamo Niggeria? Deciso?
- Deciso.
- E la bandiera?
- Mo vedo i colori, e la famo.
- Ner senso che je la fai fa’ a tu madre.
- Ner senso che armeno j’avemo dato un senso a ‘sto mondiale senza senso.
- Scusa Anto’, e la Germania? Nun l’avemo considerata.
- No, la Germania perde sempre 4-3.
- Ma l'urtima volta ha vinto.
- Sì, ma coll'Italia perde 4-3.
- Ma l’Italia non c’è.
- Uguale. Perde 4-3 uguale!
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