Dove sono? Dove sono? Che andrebbe bene anche se non fossero proprio magiche, anche se non fossero notti, che tanto si gioca di giorno, che fossero almeno promettenti, o possibili, insomma, anche che fossero e basta!
E invece sono passati 4 anni 4 e mi ritrovo un’altra volta qui, da solo, a leggere di lontani campionati del mondo che in Qatar, che saranno pure improbabili per il dove, il quando e il perché, ma sempre campionato del mondo sono! "Notti magiche, inseguendo un gol…". Inseguendo che?! che noi possiamo al massimo guardare, seduti sul divano che pure se arriviamo che la partita è iniziata o ci chiamano al telefono, non c’è nulla da smadonnare… Perché il TIFO è una cosa seria, un fenomeno sociale serio per cui un individuo sostiene con entusiasmo la partecipazione di un atleta o più spesso di una squadra in una determinata disciplina sportiva. Senza se, ma, però, dove, come, quando e perché.

E con lo sport, diciamolo, in effetti ha poco da spartire: il tifoso convive non solo con termini meritevoli seppur articolati, come passione, dedizione, assiduità e fedeltà, condizioni che non prevedono nessun tipo di tradimento – non è solo un comune motteggiare quando si dice che un uomo può innamorarsi nella sua vita di tre, ma diciamo anche quattro o cinque donne diverse, ma di una sola squadra – bensì valori meno nobili, come intransigenza, ostinazione, a volte perfino intolleranza, in una parola, faziosità, e della più turpe.
Perché il tifoso, a parte quelli appartengono ad una categoria indefinibile che definiremo beati, non solo godrà della vittoria della propria squadra, e soffrirà in caso di sconfitta, il tutto da poco a troppo, ma si compiacerà anche dei ruzzoloni degli avversari, sempre beati a parte, perché trattandosi di un sentimento, molto ma molto umano, così come c’è la “squadra del cuore”, c’è quella che proprio non puoi soffrire.
E’ una condizione “terrena”, a suo modo ineccepibile: amore-avversione, simpatia-antipatia, tifo-gufo… Il tifoso non cede al compiacimento altrui, tutt’al più fa finta di non partecipare all’invidia repressa del proprio sconforto interiore. E se qualcuno dice che non è vero ci sono solo 2 alternative: A) fa parte dei “beati”, circa lo 0,0002 %, B) dice cazzate.
Tra l’altro non è facile diventare un tifoso di calcio, ci vuole la scintilla e poi casualità e combinazioni: l’amico del cuore, quello che è  il più bravo, il padre, il fratello, il nonno, chi vince in quel periodo, il campione del momento, spesso anche la città, dipende, a volte.
Infatti non sempre ha importanza dove si è nati, come diceva Pier Paolo Pasolini “Quando come e dove si sono avuti i primi approcci con il calcio, per diventare un appassionato, un tifoso, non lo so. Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita. Io abitavo a Bologna. Soffrivo allora per questa squadra del cuore, soffro atrocemente anche adesso, sempre”.
Perché al tifoso vero, dopo un po' gli si mescola tutto nella testa e può arrivare a non capire più se la vita fa schifo perché il Roccopizzopapero di sotto fa schifo o viceversa.
Sentimento forte e scambievole che ha meritato e meriterebbe pagine e pagine, ma qui volevo parlare di altro, della delusione di chi non ci sarà.
E non è la prima volta, è la seconda, ed è peggio. Molto assai peggio. E penso ai tutti quei pochenni che ancora non hanno mai visto l’Italia ai mondiali… Che malinconia! Sì, lo so che abbiamo vinto l’Europeo 2 anni fa, ma credetemij, e lo sapete, non è la stessa cosa. L’Europeo rispetto al mondiale è come la pizza bianca rispetto alla pizza bianca con la mortazza… E dai!!!
Tutto ciò, solo perché da un po’, da qualche giorno con più insistenza, sento chiacchiere da ufficio, da bar, da aperitivo, da pub, anche da ristorante ogni tanto, tra amici, ma anche tra conoscenti, semi-conoscenti, quasi sconosciuti, addirittura signore, che si chiedono, anche con una certa dose di interesse:
- Ma tu, per chi tifi quest’anno ai mondiali visto che noi non ci siamo?
- Ancora non ho deciso, però penso di tifare…
Alt! Ma come: “pensi di tifare”, allora non è vero nulla, sono solo fesserie, e potrebbe anche essere, le ho scritte anche male, in modo intellegibile, e quello magari ci sta, ma insomma… Ma “penso di tifare per…”, proprio no! Che neanche il giorno prima delle elezioni, o quando sei indeciso su che film andare a vedere, o cosa preparare per l’immancabile cena gourmet del fine settimana con gli amici pluridecorati di cucchiai e forchette!
L’entusiasmo per una squadra viene da sé, non puoi sceglierlo, mutuarlo, pensarlo, razionalizzarlo. L’appartenenza, quel tipo di appartenenza, non è un’opzione equilibrata, è piuttosto un condizionamento primordiale, più o meno selvaggio, che ti prende, che solo a volte sai da dove arriva e perché arriva. Figurati se puoi sceglierlo.

Se c’è una cosa che non funziona con il tifo, è la ragione. Non puoi pensare per chi tifare, il tifo nasce e sgorga da dentro, è empatia pura con la tua squadra, quella e solo quella, non con quell’altra che scegli di sostenere come piano B.
Ecco, diciamo che se l’Italia non c’è, puoi ragionevolmente preferire quella più simpatica, più debole, più improbabile, che magari è la prima volta che arriva ad una fase finale, oppure quella con le magliette più sgargianti, o quella dove gioca il campione della tua squadra del cuore, o quell’altra che vincerà (quasi) di sicuro, una cosa qualsiasi, ma puoi solo preferirla a quell’altra ancora che proprio ti sta sulle palle, l’Inghilterra per esempio. Perché tifare è un’altra cosa... decisamente più ampia, profonda ed emozionante.

Insomma, se alla fine, ma anche un po’ prima, il Roccopizzopapero di sotto perde, pazienza, dormiremo lo stesso il sonno dei giusti, non penseremo che il destino si sia ritorto contro di noi né che la vita sia uno schifo, cercheremo un piano C per goderci il campionato quando ricomincia e non riempiremo di insulti l’arbitro, il telecronista, l’allenatore e tutti quelli la pensano in un altro modo.

-             Anto’, sto a pensa’ pe’ chi tifa'…
-             Giuse’, ancora n’hai deciso?
-             Me sa l’Argentina…
-             Macché. Er Brasile. Er Brasile è mejo, è sempre “er Brasile”, voi mette…
-             Ho capito, ma nell’Argentina ce sta Messi!
-             Ma mica è Maradona, che quelli de Napoli nel ’90 tifaveno pe’ Maradona più che pe’ l’Itaja. Mapperò pe’ Maradona valeva la pena.
-             Lassa perde Maradona…
-             Ma così tifamo sempre li stessi… Allora mejo ‘na squadra popo improbbabbile, come er Ghana. Pensa se  er Ghana vince coll’Argentina…
-             Ma va, va, se deve esse una strampalata dico Serbia.
-             Serbia? No, no. Mejo Croazia.
-             Ma nun è la stessa cosa?
-             None. So du stati diversi.
-             E da quanno?
-             Da mo! En Croazia ce sta er mare bello.
-             Pure’n Sardegna.
-             Quella è Itaja, e nun ce stamo ar mondiale.
-             Vabbè, lassamo da parte Francia, Inghirtera e pure Portogallo che ce sta quello antipatico, e la Spagna che ha rotto li cojoni, chi ce rimane? Nun c’è più nisuno.
-             Avoja… Ce stanno quelli africani: er Camerun.
-             Er Camerun?
-             Ma sì, ‘na vorta so arivati pure ai quarti de finale me pare.
-             Epperò, er Camerun nun è male.
-             Oppure la Corea.
-             La Corea? Nord o Sud?
-             Corea! Mo sta a vede’ er capello! ‘A Corea ‘na vorta è arivata ‘n semifinale.
-             Australia?
-             Coi canguri?
-             Eh, so carucci!
-             So’ sorci, grandi e co’a saccoccia, ma sempre sorci.
-             Allora er Nicaragua.
-             Er Nicaragua?! Che se trova esattamente…
-              Aho, sta dove deve de sta… En Nicaragua!
-             Appunto… E poli er Nicaragua nun partecipa…
-             Ah. In questo caso l’Ecuador.
-             L’Ecuador?
-             Ma sì, so’ come er Nicaragua, solo che ce stanno. E so’ simpatici.
-             Mo che ne sai che i ecuadoriani-rieni, vabbè, quelli so’ simpatici?
-             Ma quelli so’ tutti simpatici, perché tanto nun ponno vince e quanno uno nun po’ vince, è simpatico. Se sa.
-             Vabbè, allora tifamo Ecuador? Deciso?
-             Deciso.
-             E la bandiera?
-             Mo vedo i colori, e la famo.
-             Ner senso che je la fai fa’ a tu’ madre.
-             Ner senso che armeno j’avemo dato un senso a ‘sto mondiale senza senso.
-             Scusa Anto’, e la Germania? Nun l’avemo manco considerata.
-             E no Giuse’, la Germania coll’Italia perde sempre 4 a 3.
-             Ma l’Italia non c’è.
-             Uguale. Perde 4 a 3 uguale!