Dopo diversi anni di monopolio nel nostro campionato, sembra essersi assestato il regime totalitario della Juventus anche se, proprio la scorsa domenica, si è confermata campione d’inverno.
La Serie A di quest’anno sembra assumere tutti quei connotati che rientrano nella sfera del divertimento e del “chissà come andrà a finire”. Insomma, non un film già scritto, ma un film nuovo, originale.

In testa troviamo sempre la Juventus, vittoriosa all’Olimpico e sempre affamata di punti, forse meno brillante degli anni precedenti, ma comunque eternamente competitiva nel terreno nazionale e internazionale; poi c’è l’Inter a fare cucù, in un continuo m’ama non m’ama con la vetta della classifica, ma che ad ora trova il presidio della Vecchia Signora; infine, tra le tante sorprese del campionato, troviamo una Lazio si terza, ma a sei punti di distanza dalla prima. Punti che potrebbero diventare tre, qualora vincesse la partita da recuperare con il Verona all’Olimpico. Da monopolio a concorrenti diretti, ma andiamo ad analizzare tutte e tre le squadre.

Juventus, rimani sempre la favorita

Niente favoritismi, niente preferenze di squadre, niente di tutto questo. Resta il fatto che la squadra di Maurizio Sarri rimane la candidata finale per lo scudetto. Le vittorie sono scritte nel loro DNA, non amano perdere e chiunque è andato alla Juventus (giocatori, manager, staff, allenatori) sanno che lì c’è un ambiente diverso; un ambiente dove non si conosce la frase “non fa niente ci abbiamo provato”, ma solo “dobbiamo riuscirci”. Dalla giacca alla tuta, dall’astemio della nicotina al tabagismo, da un sistema privo di schemi a pianificazione e programmazione della tattica. Tutto questo è presente nel passaggio da Allegri a Maurizio Sarri. Un passaggio che ancora presenta fasi di assestamento, ma che comunque anche se con qualche scossa, spesso forte, è momentaneamente regina del torneo. E poi il privilegio della rosa lunga. Questo è quello che penalizza le concorrenti. Possedere una rosa lunga è sintomo di costanza. Poi a questo si aggrega la qualità, perché la Juve oltre a possedere una rosa lunga, ne possiede una di tanta qualità. Da sempre in Italia attua strategie di mercato andando a irrompere le difese altrui acquistando l’uomo più forte: Pjanic, Higuain, Cuadrado, Dybala, Bernardeschi e altri che adesso sono ex. I giocatori ancora non sono entrati perfettamente nei meccanismi del mister, tant’è che questo gli è costato la sconfitta in Supercoppa contro la Lazio. Ma, per adesso, è in vetta alla classifica e una Champions tutta da giocare. Chissà quando i giocatori entreranno nei suoi meccanismi dove la vediamo.

Cara Inter, Conte non basta

Quando è sbarcato l’allenatore leccese a Milano c’è stato un bagno di folla, uno di quelli che avvengono quanto un top player arriva nella propria squadra. Ma si sa, Antonio Conte è un top tra gli allenatori in circolazione e non esiste squadra dove non ha lasciato il segno. Quindi l’entusiasmo è più che comprensibile. L’unico problema è che non basta solo l’allenatore. Questo può essere anche scritto con la lettera maiuscola, ma poi in campo scendono i giocatori e il problema sorge quando i ricambi non ci sono o che comunque sono pochi. E qui ritorniamo al punto precedente; al punto che privilegiava la Juventus e penalizzava le dirette concorrenti. La rosa qualitativamente è aumentata, senza ombra di dubbio, ma bisogna andare ben oltre gli undici titolari. Non c’è solo il campionato, ma ci sono le gite europee, i campi internazionali dove c’è l’occasione e l’esigenza di tornare grandi. C’è la panchina e va riempita di giocatori anche quella; di giocatori adatti a competere a livelli alti in campionato e in Champions. Proprio di quest’ultima non si ha un ricordo memorabile visto l’uscita ai gironi e la retrocessione in Europa League, ma quando si mettono in campo gli stessi undici, con qualche sostituzione che spesso e volentieri non rispetta le attese, succede questo. Ovviamente rendere tutta una squadra competitiva, panchina inclusa, non è un’operazione facile, richiede tempo e risultati. Ma la via attuale è quella giusta, specie se al timone c’è un capitano come Antonio Conte.

Lazio acquista e non sarai più una sorpresa

Hai vinto ieri, poi vinci oggi, poi domani e ancora dopodomani. In poco tempo ti accorgi di stare talmente su che quasi vengono le vertigini. Posizioni in cui non si è abituati a stare, ma più che dalle posizioni, dalla distanza ravvicinata che si ha con chi è davanti. Già, perché la Lazio ha fatto 10 in campionato, undici se si conta anche la vittoria in Supercoppa (altro trofeo da aggiungere alla splendida carriera di Simone Inzaghi) e dodici con il 4-0 alla Cremonese in Coppa Italia. Sei gare vinte dall’80’ in poi e tre nei minuti finali: Napoli, Milan, Sassuolo, Fiorentina, Cagliari e Brescia. La zona Cesarini prende il nome di zona Lazio e tutti questi punti non arrivano per casualità. La fortuna è che in un momento così coincide anche quello del mercato di riparazione. Infatti proprio da qui che Tare e Lotito devono dare continuità. La squadra biancoceleste è molto ridotta in panchina e i sostituti non sono quelli da alta classifica. Bisogna comprare per restare sicuri e dare costanza. Immobile vive un momento di onnipotenza, Luis Alberto è un mago che non usa la bacchetta e Acerbi è il leone della retroguardia. Ma non si vive solo di loro e, anche se non si giocano le competizioni europee, bisogna comunque coprirsi nei ruoli. La parola scudetto non può non essere detta per paura, ma bisogna crederci e l’allenatore ha sfatato questo tabù in un’intervista. È la squadra più in forma del campionato e quest’aquila sembra intenzionata a volare sempre più su.