Ah shit, here we go again.
Una frase entrata ormai nell’immaginario comune. Nata su GTA San Andreas, noto videogioco per Playstation 2 - e qui, i fan più accaniti verseranno qualche lacrima in segno di ricordi memorabili –, oggi versa sulle pagine social grazie ai meme, che sono diventati un po’ un crossover del linguaggio comunicativo. Insomma, ci risiamo di nuovo, siamo allo stesso punto di quattro anni fa, anche se con un passato “leggermente” diverso. Diciamo, però, che sia un (quasi) lustro fa sia oggi, ci troviamo condizionati dagli eccessi: prima c’era il buio, oggi c’è la luce; prima c’era il vuoto totale, oggi c’è la vetta; prima avevamo l’ultimo trofeo vinto nel 2006, oggi otto mesi fa.
Ma cosa succederebbe se non dovessimo andare al Mondiale?

La memoria si cancellerebbe

Ipotizzare un’eventuale non qualificazione dell’Italia ai Mondiali, resetterebbe il cassetto dei ricordi custodito dentro la nostra mente. Siamo fatti così, rimembriamo episodi nel breve termine, negli sfottò, leggendo libri, ma quando si entra nel tunnel dell’incertezza, inebriati fino a qualche giorno prima dalla certezza, ci sgonfiamo nell’immediato lasso di tempo. Ed è stato così non appena è arrivato il “cattivo gioco” della Nazionale, non appena sono fioccati pareggi e non appena Jorginho ha toppato il rigore last minute con la Svizzera, squadra che <<avevamo battuto 3-0 all’Europeo>>.
Come accade nell’agenda mediale, ci sono attimi in cui un determinato tema va in tendenza e attimi in cui quel determinato tema scenda nelle gerarchie, nonostante avesse primeggiato per mesi interi, o anni come quello legato al Covid. In psicologia, i pazienti che non ricordano gli eventi passati a seguito di un incidente, vengono definiti come coloro che sono affetti da amnesia retrograda. Ecco, se non dovessimo ottenere il pass per il Qatar, saremmo proprio quei pazienti lì: quelli affetti da un’amnesia retrograda.

Disastro sociale

Il Mondiale d’inverno non mi piace per niente, si va a distruggere un retaggio andato avanti per decenni, solo per il mero guadagno economico. Ma oltre questo fatto che rimane un’opinione soggettiva, si verificherebbe un disastro sociale. Le partite della Nazionale fanno da sponda ad eventi sociali: pub, ristoranti, casa con gli amici, teli e pratoni con il maxischermo, insomma, è una vetrina importante per riprendere con mano quella vicinanza che è stata uccisa dalla tecnologia, con il calcio spezzatino e infangata dalla pandemia. Basta ricordare l’Europeo se non si vuole andare a ritroso con il Mondiale del 2006, dato che è trascorsa un’intera generazione.
Il calcio, per quanto trasformato e riadattato alle nuove logiche attuali, è propaganda sociale. Un mancato ingresso sarebbe un danno troppo grande da elaborare. Vedere il traffico a Roma, senza bandiere, senza gente che urla “popopopopopopo”, senza la canzone Notti Magiche, sarebbe straziante.

La Nazionale è l’ultimo appoggio per i giovani

Purtroppo, i giovani si stanno distaccando dal calcio. Almeno quello che conosciamo noi. Le nuove generazioni sono meno inclini ad andare allo stadio, non sanno nemmeno cosa sia la radio, la velocità ha ridotto la pazienza per vedere una partita, le app e gli highlights hanno sintetizzato la sintesi distruggendo il contorno e, gli sport elettronici - Esports - sono la fonte che, nel futuro, potranno trarne nutrimento.
L’unico appiglio che abbiamo per non perderli definitivamente è proprio la Nazionale. Lo abbiamo visto più recentemente questa estate, dove anche bambini venivano forgiati da quest’aura tricolore che li spingeva a rimanere incollati al televisore; ad esultare anche se non conoscevano quel giocatore; a preferire – almeno per una volta – il calcio vero rispetto a quello virtuale; a provare emozioni, che non sia rabbia per la connessione saltata, ma paura o gioia per l’incertezza di un rigore.
La Nazionale è l’unica luce che offre ancora emozioni alle nuove generazioni. Se anche questa luce si spenge, allora racconteremo un passato che appartiene solo a noi, passando perfino per coloro che vivono una vita stregata dalla menzogna, da un qualcosa che non esiste e che è reale solo nella nostra mente, esattamente come Di Caprio in Shutter Island.

Sarebbero 20 anni

L’ultima volta che l’Italia si è qualificata agli ottavi dei Mondiali di calcio era il 2006, 16 anni fa. Anno che poi vinse, ma lo riscrivo, 16 anni fa. Avevo 8 anni, adesso quasi 24. Sarebbe un’eternità se non andassimo, toccheremo cifra tonda di 20. Praticamente bambini che si ritroverebbero padri, neonati che si ritroverebbero al tramonto delle scuole e giovani promesse del calcio che allenerebbero.
Dal 2006 in poi, ci sono state due eliminazioni al primo turno – 2010 e 2014 – e una mancata qualificazione. Per di più, si ingigantirebbe dal fatto che avremmo un Europeo vinto alle spalle: e come si spiegherebbe che una Nazionale non si qualifichi al Mondiale dopo aver vinto una competizione europea? Le solite domande fine a se stesse. Quelle pippe mentali che troveremmo sui giornali cartacei ma che manipolerebbero l’opinione pubblica.
Ma 16 anni dagli ultimi ottavi sarebbe troppo.
Ecco cosa succederebbe se non andassimo al Mondiale.
Ora non pensiamoci, battiamo solo la Macedonia del Nord.