A volte, la nostra impulsività cede al fascino dell’irrazionalità. Non contiamo fino a dieci, venti o quanto occorra per farci riflettere, ma tendiamo ad agire sul momento. D’impulso. Poi, magari, dopo qualche giorno, ci pentiamo della scelta e ricominciano con quelle frasi “eh ma se solo…”.
Pensiamo, ad esempio, quando ci troviamo a scartare un oggetto, perché lo riteniamo inutile, non più utilizzabile alle nostre cause e ne acquistiamo un altro nuovo. In quel momento avremmo potuto contare fino a dieci; avremmo potuto mettere il piede sul pedale del raziocinio, fino a trovargli una nuova collocazione. E invece no. Lo charme dell’irrazionalità è irresistibile.
Eppure, c’è chi non cede nell’immediato; c’è chi studia anche quando non ha i libri davanti; c’è chi pensa anche quando dorme; e c’è chi disegna anche quando non ha un pezzo di carta davanti. Lui, è Pep Guardiola e ha ridisegnato João Cancelo.

La comunicazione di Guardiola: il caso Kimmich
Pep è un vincente anche con le parole. Anzi, i suoi successi, prima ancora che dagli schemi e dalle sue invenzioni, parte dalla comunicazione.
Quella con Kimmich ad esempio, dopo uno 0-0 tra BVB e Bayern Monaco. Il centro del campo era affollato di gente: chi si scambiava maglie, chi stringeva la mano ai direttori di gara e chi si dava una pacca sulla spalla in segno di amicizia. E poi c’era Guardiola, che ha preso da parte Kimmich e gli ha fatto una lezione di tattica. Con il sottofondo della musica da stadio, con il frastuono dei tifosi e del Muro Giallo, con le voci degli altri calciatori che si sovrapponevano. E poi loro due.
Pep che a tratti sembrava rimproverarlo ma poi ecco che equilibrava tutto con un abbraccio. Un padre putativo. Una scena commovente, ma che esaltava una cosa: comunicare in campo.

La comunicazione di Guardiola: il caso Sterling
Questo è un caso ancora più emblematico.
Finale di FA Cup, ovviamente vinta dal City. 6 gol rifilati al Watford. Un passivo ampio, tanto da creare indigestione. Arriva il momento dei festeggiamenti, delle medaglie e il solito rituale dell’alzare la coppa. Finita la prima dose di adrenalina, finito insomma quello che a pareri di tutti è l’atto conclusivo di un evento (finale, tra l’altro vinta) ci si aspetterebbe qualche chiacchiera, sorrisi in generale.
E invece no.
Troviamo Pep che intrattiene Sterling per parlare di quello che si sarebbe potuto migliorare, dei movimenti che avrebbero potuto essere più efficaci. Un dialogo tattico, come quando sei sotto e devi rimontare la partita. E con il frastuono, la gente che immortalava quel momento, Guardiola pensava solo a migliorarsi, a migliorare i propri “figli”, con quell’insaziabile vena intellettuale che gli appartiene.
Per la cronaca: tre dei sei gol appartenevano a Sterling, uno che, con ogni probabilità, aveva preso 10 in pagella.

La comunicazione di Guardiola: il caso Cancelo
Infine, veniamo al protagonista di questo scritto: Cancelo.
Proprio Cancelo, l’uomo che da zero è stato plasmato dal suo mentore e che, nessuno, più di lui, appartiene al concetto di fluidità in questo momento. La partita in questione era Chelsea-City, vinta dagli uomini di Guardiola per 1-3. E mentre si va verso gli spogliatoi, vediamo un Cancelo abbattuto, come rammaricato di qualcosa. E poi c’è Pep, che scherza con lui, che lo abbraccia, lo sprona e lo invita a qualche sorrisino in più.
Questa è la comunicazione di Guardiola. Un uomo che ha bisogno di parlare di calcio in qualsiasi istante. Ma che deve farlo sul terreno da gioco, sull’atmosfera che si respira in quell’esatto momento, anche se gli stadi sono vuoti.
Dicono che appena apriamo gli occhi dimentichiamo il 50% dei sogni della notte trascorsa, e il 95% cinque minuti dopo. Forse Pep è così. Vuole sfruttare il momento mentre ancora si è sul manto verde, mentre ancora si sta “sognando”, senza poi rischiare che i propri giocatori dimentichino il 95% delle cose cinque minuti dopo esserci usciti. 

L’iniziale disorientamento di Cancelo e del City
Il suo primo anno non è stato particolarmente memorabile, tanto che si parlava di un suo possibile addio. Anche Guardiola parlava di una sua insicurezza per la permanenza del ragazzo.
Cancelo giocava in una difesa a 4, con il ruolo di terzino classico. Non era nemmeno una prima opzione, ma una variante di Walker. Quindi il suo posizionamento riguardava più la parte destra del campo anziché quella sinistra. Quando, invece, Pep lo impiegava a sinistra, era un punto di riferimento per il possesso. O meglio, la squadra non passava per vie centrali e allora si affidava al piede di Cancelo che, sulla sinistra ma rientrando con il suo piede destro, poteva portare a compimento la transizione del pallone nel cuore del campo.
Il problema si poneva quando le squadre si chiudevano e davano pochi riferimenti al giocatore in questione.
Cancelo si ritrovava sulla sinistra ma senza vie per affondare la transizione, perché tutti coperti dalla marcatura avversaria. Quindi, ritornava al punto d’inizio e il gioco del City non progrediva.

João Cancelo è stato plasmato come Lahm
Quando Guardiola sedeva sulla panchina del Bayern, trasformò la posizione di Lahm, facendolo diventare un centrocampista aggiunto. Comprimendo la sua posizione, l’ex calciatore poteva creare superiorità numerica in campo. Ma, a detta dell’allenatore, quelle caratteristiche le possedeva già perché aveva «la stessa intelligenza calcistica di Iniesta».
Con João è stato fatto di più.
Perché è stato rinnovato completamente un calciatore, il quale, all’inizio, veniva visto come un punto di riferimento per il possesso. Cancelo è stato plasmato da zero: dapprima come soluzione a Walker, usufruendo della sua capacità di attaccare la profondità, con o senza palla; e poi con il suo accentramento, quasi come se fosse un trequartista temporaneo.

Oltre il concetto di falso terzino
Anche qui, prendendo come Bibbia il Bayern di Guardiola, vedevamo come Alaba ricopriva quel ruolo che adesso sta ricoprendo Cancelo. Il falso terzino, dove l’austriaco ricopriva diverse zone di campo per disorientare la percezione avversaria a creare superiorità numerica.
Anche Cancelo è figlio del falso terzino. Ma questa modernità guardiolistica sembra andare oltre, oltre il concetto di falso terzino.
Questo perché il portoghese, non solo è il motore della squadra – svincolando, di conseguenza, la responsabilità cervellotica di De Bruyne -, ma oltre a riempire spazi, è in grado di manovrare l’azione, di portarla alla fine o servire quello che in gergo tattico viene definito secondary assist, ovvero l’assist che porta all’assist (come agli ottavi di Champions League contro il Borussia Mönchengladbach).

Come gioca Cancelo?
Difficile dirlo. Impossibile dargli un ruolo specifico.
Lo abbiamo visto terzino di destra e terzino di sinistra. Ma ha anche ricoperto il ruolo di mezzala di destra contro il Newcastle, dove ha toccato più palloni di De Bruyne ed ha avuto una precisione nei passaggi di circa l’86%.
Cancelo è davvero ovunque. L’unica collocazione statica è quando leggiamo le formazioni sui tabelloni virtuali. Per il resto, è dappertutto. Guardiola gli ha affidato le chiavi della fluidità: inizia l’azione, la porta avanti e, come scritto ho qualche riga sopra, la porta a compimento. Non solo, ma va oltre. Si sposta come esterno offensivo, crea spazi, attacca la profondità, va in sovrapposizione; “sostituisce” de Bruyne con qualche compito in regia.
Cancelo non ha un ruolo unico, ma ricopre tutte le posizioni.

Guardiola faceva finta di non credere in Cancelo
Più di un anno fa, Guardiola, rispondeva alle domande su una presunta cessione di Cancelo. Le partite non andavano bene, non rendeva quanto il valore attribuitogli e veniva da sette panchine consecutive. Ad una domanda sul futuro del portoghese, Pep rispondeva così:
Ha grandi qualità, riesce a fare quei due o tre assist. È un ragazzo, però deve decidere se vuole restare qui a lottare insieme a noi oppure no.
Continuava dicendo:
[…] noi l'abbiamo comprato per molti anni, non per sei mesi, non so cosa accadrà tra qualche settimana e in estate ne discuteremo. Se un giocatore vuole andarsene, è semplice: l'agente deve chiamare il club e arrivare a un accordo. Se lo trova, allora il suo assistito può andare via. Altrimenti resta qui.
Parole forti, taglienti. Ma nell’animo di Guardiola splendeva la possibilità di cambiare Cancelo. Di renderlo diverso. Faceva finta di non credere in Cancelo. Sapeva che avrebbe potuto trasformarlo come altri giocatori con cui ha lavorato in passato. Era convinto che potesse far di lui la variabile vincente del City.

João Cancelo è l'anti-ruolo del Manchester City
Questo suo essere sempre ovunque, non ha mai portato ad avere una visione coerente del suo ruolo in campo. Come dicevo prima, la sua posizione è statica soltanto quando leggiamo le formazioni. Per il resto è una figura mutevole, che ricopre più spazi in mezzo al campo.
Il suo essere camaleontico, il suo essere multiforme, lo porta ad essere un giocatore unico nel suo genere. Un genere che, apparentemente, nemmeno esiste. Non è collocabile in una dimensione scientifica. Non appartiene all’universo della nomologia. 
E questo suo modo fluttuante di stare sul terreno di gioco ha portato Jonathan Liew, giornalista del The Guardian, a considerare il ruolo di Cancelo, simile al concetto di anti-ruolo: un ruolo che non esiste, un ruolo basato sull’inganno e che si trova nel posto che, in quel momento, non ti aspetteresti.
João Cancelo è semplicemente l’anti-ruolo del Manchester City e, forse, del calcio in generale.