Fin da piccoli ci viene insegnato che l’importante è partecipare, ma la vita ci fa capire quanto la realtà sia distante da questa bugia detta a fin di bene. Tutto ciò che conta è vincere, essere i migliori. In ogni ambito della realtà umana, chi trionfa va avanti, mentre chi perde soccombe, in una sorta di selezione darwiniana della specie.  

Il calcio non fa eccezione. Sono i trofei che scolpiscono il nome di una squadra nella roccia di questo sport, consegnadolo alla storia e i casi che si discostano da questa amara verità sono ben pochi.  A fissare in maniera eterna questo concetto nel mondo del calcio fu l’icona juventina Giampiero Boniperti, con la sua celeberrima massima: ”Vincere non è importante, è la sola cosa che conti”.
È triste pensare che in uno sport, che nasce per appassionare e che si nutre di forti sensazioni, l’emozione sia subordinata al pragmatismo, ma giocare bene, divertendo e divertendosi, non basta.  

Lo sanno bene i ragazzi dell’Ajax o il Napoli di Sarri, per citare due esempi recenti: i primi hanno incantato le platee europee, facendo viaggiare con la mente ai tempi del calcio totale olandese; i secondi hanno sfidato una corazzata apparentemente imbattibile come la Juventus, arrivando ad un passo dall’impresa di abbatterla. Entrambe le squadre, accomunate dal gioco entusiasmante e spettacolare, hanno dovuto fare i conti con la crudele legge del più forte. A vincere non è chi si distingue per bellezza ed eleganza, ma chi è più versatile e ha una struttura di base più robusta. Sembra quasi paradossale che uno dei fondamentali principi non scritti del calcio sia stato, involontariamente, formulato da Charles Darwin nel diciannovesimo secolo. 

E allo stesso modo in cui migliaia di specie sono scomparse dalla superficie del nostro pianeta, così anche le storie di tutte quelle squadre che hanno incantato, ma non vinto, sono destinate a dissolversi, sopravvivendo solo tra i ricordi di pochi nostalgici tifosi. Unicamente chi ha il proprio nome scritto con l’oro della vittoria nelle pagine della storia del calcio si rende immune allo scorrere del tempo e alla debole memoria degli uomini.  

Eppure speriamo costantemente di trovare quella bellezza che ci sfiori l’anima, facendola vibrare fino a ricordarci perché ardiamo di passione per questo sport, a prescindere dalla vittoria. Siamo irrimediabilmente attratti dall'effimero fascino del bel gioco e rimaniamo incantati dal ritmo scandito dai leggiadri tocchi e dall'eleganza di dribbling sinuosi. 
Cosa importa se ai più non resterà il ricordo di tanta magnificenza? Noi tifosi conserveremo gelosamente quel frammento di emozione, sfidando così le leggi del calcio e della natura.