"Non c'è più niente da dire, il River Plate è in Serie B. Sta piangendo il tucumano Pereira, uno dei ragazzi che vengono dal vivaio. E disperato, in lacrime Juan Pablo Carrizo. La responsabilità dei giocatori è forte, ma è relativa. Rispetto alle responsabilità che ha la gestione dell'ex presidente Aguilar, il vero colpevole del disastro del River Plate. Il River dopo dieci anni scende in Serie B, scrive la pagina più drammatica della propria storia, apre un buco nero dal quale uscire sarà francamente difficile se non quasi impossibile."

La notte più luminosa e il pomeriggio più buio della storia dell'Estadio Antonio Vespucio Liberti, il celeberrimo Monumental di Nuñez, a Buenos Aires, sono separati esattamente da 33 anni e un giorno. E al centro della scena, come in un capolavoro di letteratura surreale, magica e tragica in perfetto stile sudamericano, c'è sempre la stessa figura. Lo stesso uomo, anche se con due destini totalmente all'opposto: Daniel Alberto Passarella, il Kaiser, un giorno il Gran Capitan della prima Nazionale Argentina campione del Mondo, il 25 giugno 1978, nel Mundial torbido dei generali ma anche dell'avanguardia trionfale di Menotti e della meravigliosa sconfitta degli olandesi. L'altro, il presidente della prima e unica retrocessione in serie B del River Plate, el Mas Grande, il 26 giugno 2011. Il più solenne degli altari, la più ignominiosa delle polveri.
Come se Passarella fosse un Napoleone del calcio dell'altro mondo, generale della conquista globale e poi scalcinato condottiero vinto, triste, solitario y final. Quel 26 giugno del 2011, quello dell'incommensurabile tragedia sua e di chiunque abbia una banda rossa ad attraversargli il cuore, è un microcosmo al quale ancora oggi si stenta a credere. E invece è successo, l'abbiamo visto tutti. E' successo a puro stile criollo, con seggiolini che volano, elicotteri in cielo, lacrime in faccia e lacrimogeni in aria, idranti a tutto spiano. L'inferno, vero e crudo.

Ma se torniamo a quel momento, è ancora più incredibile il pensiero che quella non sia stata la tomba del gigante, la fine tragica del Club Atletico River Plate e della sua epopea, perché allora si poteva vederla solo così. Risulta ancora più imponderabile il fatto che una manciata di anni dopo un altro Napoleon sarebbe emerso per portare la Banda al punto più alto...in Sudamerica è così, c'è sempre una prospettiva ribaltata e un qualcosa di mistico che trasforma tutto.
Ma lì, fra le rovine fumanti del Monumental, di speranza non se ne intravedeva neanche un grammo. Era solo rabbia e sconcerto. Figuratevi chi – come Alberto Costa Fiebre, cantore imperituro delle gesta riverplatensi, nel bene e nel male – aveva tutta quella tempesta attorno e dentro di sé. Costa Fiebre ha anche un pensiero per il presidente, lo spavaldo crollato nella miseria. 

La retrocessione del River è arrivata come un pugno nello stomaco arrivato all'improvviso, ma per il fatto che nessuno poteva crederci. All'indomani del titolo di clausura del 2008 vinto con Diego Simeone in panchina e in campo gente come: Diego Buonanotte, Radamel Falcao, Sebastian Abreu, il vecchio burrito Ortega, Augusto Fernandez e un giovanissimo Alexis Sanchez. Dall'ora, iniziò lo smantellamento e il depauperamento della rosa. Alcuni giocatori venivano venduti all'estero, altri andarono persi a parametro zero. 
I due protagonisti nonchè colpevoli principali sono: Aguilar e Mario Israel, il segretario generale, l'uomo dei conti. Il monaco nero, detestato dalla tifoseria biancorossa. Il River è sempre più scarso, più povero, i campioni sono stati rimpiazzati da mezze figure, se non proprio dai giocatori giovanili talentuosi.
Uno di questi è il numero nove: Rochelio Funes Mori ragazzo del vivaio di vent'anni. Esso venne schiacciato dal lieto e semico del Monumental.
Il Cholo Simeone rassegnò le dimissioni nel 2008, lasciando la squadra incredibilmente all'ultimo posto in classifica. Subentrarono prima Nestor El Pipo Gorossito e poi il vecchio mito Leo Astrada.
A metà della stagione 2009-10, appare chiaro che l'annata successiva rischia di essere un vero e proprio disastro. Il 5 dicembre 2009, Daniel Passarella divenne il presidente dopo essere stato sia giocatore e sia allenatore dei biancorossi. L'ambiente era fiducioso perchè bastava la Lur del vecchio Audition per invertire la rotta ed evitare un disastro annunciato. 
Il numero uno del River decise di cambiare di nuovo allenatore affidandosi ad Angel Cappa, un sublime maestro di football dall'area un pò messianica e dalle idee elevatissime. Cappa è un predicatore del calcio, laureato in psicopedagogia infantile che si è rilanciato grazie al suo splendido Huracan del Flaco Pastore e di Federico con cui ha sfiorato il trofeo. Il River chiuse il campionato in quindicesima posizione con 43 punti.
A novembre 2010, Cappa viene esonerato dopo una striscia di cinque pareggi e due sconfitte in sette partite. Le casse economiche erano disastrate e Passarella si rivolse così a un suo vecchio amico, Juan Josè Lòpez. Il suo cammino partì nel migliore dei modi vincendo per uno a zero nel Superclasico. Nell'apertura del 2010, il River sembra vivere in un segnale di speranza; chiude quarta con 31 punti in 19 partite.
Si ritagliano spazio e presenze, nuovi e interessanti ragazzi del vivaio: Manuel Anzini e il Tucu Roberto Pereyra. Ma l'unico vero bastione era un trentasettenne che decise di rimettersi in campo dopo un lungo stop a causa della depressione, è Matias Almeyda.
Quando il River si pianta clamorosamente a primavera che è poi l'autunno argentino, viene divorato sempre di più dal baratro sempre più in dirittura d'arrivo.

Alla vigilia di Pasqua, inizia un calvario che porterà sotto ai piedi di Cristo. Una sola vittoria ottenuta contro il Racing per 0-1 in nove partite. Una settimana dopo, arriva il Superclàsico che avrà due protagonisti in negativo: Juan Pablo Carrizo disastroso nella prima rete e l'arbitro Loustou figlio d'arte, non all'altezza di suo padre. A fine partita, esplode la rabbia del presidente Passarella che telefona fuoribondo a Grondona:
"Che responsabilità hai adesso, Julio? Non ci hanno dato cinque rigori. Quello che devi fare tu è comprare un portiere. Sei Alì Babà con i suoi quaranta ladroni. "
Due giorni più tardi si affrontarono faccia a faccia e Passarella chiese le dimissioni di Grondona in carica dal 1979 nell'Associacion del Futbol Argentino.
Una settimana dopo, un'altra paperona di Carrizo costa altri due punti nella partita contro il San Lorenzo. Si arriva così all'ultima di campionato. E' il 18 giugno 2011, al Monumental contro il Lanus secondo in classifica, la situazione è complicatissima, perchè il River potrebbe essere salvo perdendo e potrebbe non esserlo vincendo.
Il Lanus passa in vantaggio con il solito goal da fuori area, poi Erik Lamela riacciuffa il pari e come se non bastasse, il giovanissimo talento argentino spreca una grande occasione sparando addosso al portiere avversario Marchesin. Al minuto 92, Camoranesi effettua un lancio lungo che mette in azione Leandro Diaz prima di scaricare un destro all'incrocio. 

A questo punto non rimane che lo spareggio/salvezza contro la quarta classificata della serie cadetta argentina: il Belgrano. Passarella si gioca le sue ultime chance, togliendosi la cravatta e scendendo in tuta per guidare i suoi verso una bancarotta ormai annunciata.
A Cordoba, va in scena la partita di andata e nel primo tempo accade una follia incredibile. Roman commette un fallo di mano goffo quanto plateale, il River perde altri due minuti per le proteste inutili. Dal dischetto, Cesar Mansanelli non sbaglia e porta avanti il Belgrano. Nella ripresa, El Picante Cesar Pereira corregge in rete da due passi un colpo di testa di Luciano Lollo vincendo il corpo a corpo con Carlo Saranno, una di quelle tante di mezze figure di questo River.
La situazione precipita nel settore ospiti, scendono in campo alcune persone a volto coperto. Vanno a muso duro contro Roman, lo spintonano e si capisce subito che i tifosi del River si sono davvero stancati. E' solo l'antipasto di quello che accadrà al Monumental.
Il 26 giugno alle tre del pomeriggio (con il fuso orario che lo colloca nella prima serata europea), tutto il mondo assiste agli ultimi novanta minuti di un River, che è in bilico su un altissimo cornicione. I biancorossi devono vincere con due goal di scarto.
L'atmosfera al Monumental è macabra, l'attesa di una notizia tragica di una brutta telefonata. Mariano Pavone, centravanti del River fa una cosa migliore che un giocatore possa fare in quel momento, stoppa, si gira e calcia nell'angolino, un goal alla Higuain che tiene in sospiro di sollievo un popolo.
Nella ripresa, i padroni di casa sprecano moltissimo e in quel momento arriva il tracollo definitivo del River con Diaz e Ferrero che finiscono per scontrarsi, lasciando la strada libera agli avversari per il pareggio del Belgrano. Cinque minuti dopo, Caruso viene spinto in area con l'arbitro che assegna il rigore. Pavone dagli undici metri spara la palla addosso al portiere del Belgrano che addirittura glielo blocca. 

Il peggio arriva dopo. La rabbia è tanta, pochi giocatori si salvano, si riversano delle lacrime calde, sincere, di terribile delusione e tristezza. Un funerale scomposto e distruttivo sotto il cielo azzurro nell'inverno di Buenos Aires, nero invece per il River Plate.
La strada per la risalita del River inizia, quando Matias Almeyda chiama Passarella e si mette a disposizione per essere l'allenatore della rinascita. Un grosso rischio, dimostrando a tutti di essere un vero idolo. L'obiettivo era chiaro: tornare in paradiso. Al primo anno, grazie ad alcuni giocatori lanciati come Ocampos e figure corse per dare una mano come Cavenaghi e persino David Trezeguet, vince la Serie B con 73 punti ottenuti in 38 partite.
Nel 2014, a tre anni dal baratro, allenato da un grande allenatore come Ramon Diaz, i biancorossi tornarono a vincere il campionato e dall'anno successivo inizierà l'ascesa di un altro suo ex grande giocatore, Marcelo Gallardo che vinse tutto conquistando trofei come nessun altro e rendendo possibile l'unico modo che il River Plate aveva per cancellare la macchia: battere il Boca Juniors nella finale della Copa Libertadores.
Un evento cosmico e irripetibile che racconta l'unicità dell'altro mondo e del suo calcio, la sua gente, delle sue vicende e della sua mistica.

Un abbraccio Pasqui