Il problema della ripresa del campionato deve essere inquadrato nella strategia di uscita complessiva dal coronavirus del sistema economico, di cui il calcio fa parte. Poiché il discorso sul suo fondamento razionale sarebbe troppo lungo, passo subito alla proposta:

1) fare un’indagine sierologica a campione su 5000 - 10000 persone random, o stratificate per fasce d’età, per stabilire il dato chiave, e cioè quale sia il numero e la % su varie fasce di età  e regioni geografiche dei contagiati negativizzati (probabili immuni) sulla relativa popolazione. Senza questo dato chiave quando si parla del coronavirus non si sa di che cosa si parli. Parliamo di una malattia letale nel 15% dei casi o di una malattia che nel 99% dei casi è asintomatica? Il dato dei contagi  (cd positivi)su cui si basano quasi tutti gli studi e le previsioni sull’evoluzione della malattia e che tiene col fiato  sospeso gli ascoltatori dei bollettini ufficiali, non significa nulla, perché si tratta di un numero che non si sa se dovrebbe essere moltiplicato per 10 o per 100 o anche per 1000. Non solo, ma questo fattore non è costante bensì è variabile per ogni giorno, per regioni ecc. , dipendendo dal numero di tamponi effettuati. Quindi senza avere una stima attendibile sul numero effettivo dei contagi ed i particolare di quelli negativizzati non si può fare nessuna valutazione della situazione attuale e dei rischi di qualsiasi strategia.
2) Fatta questa premessa penso che si possa riaprire il campionato dopo il 3 maggio se: 
a) c’è un numero di negativizzati sufficientemente alto 10% ella popolazione, il che significherebbe che, pur essendo letale in alcuni casi per la fascia più debole della popolazione, per il 99% delle persone è asintomatico o produce lievi sintomi.
b) l’evoluzione dei decessi (l’unico dato finora attendibile per stabilire la fase del ciclo in cui si trova la prima ondata dell’epidemia) e dei ricoverati  in terapia intensiva, continua a  decrescere con il trend attuale, individuato utilizzando una media mobile a 7 giorni (per neutralizzare le variabili amministrative infrasettimanali  di registrazione e comunicazione dei dati).
c) ovviamente con tutte le cautele a cui devono essere sottoposti gli operatori, calciatori inclusi  su positività, esami sierologici sugli anticorpi, utilizzo di mascherine ove posssibile, predisposizione di equipaggiamenti di pronto intervento respiratorio.

Porte aperte o chiuse?
Se i dati fossero molto favorevoli  credo che si potrebbe anche giocare a parte aperte, ma  con queste cautele:
1) acquisto biglietti on line con avvertenza sui rischi e liberatoria di ogni responsabilità  
2) riservato ai residenti della città in cui si gioca
3) disponibilità di biglietti di un terzo della capienza dello stadio, con un limite massimo di 15000 biglietti
4) riservati a persone max 40 enni, con sconti per i giovani sotto i 25anni e con riserva di un 60% dei posti a chi ha fatto un test sierologico che dimostri la presenza di anticorpi (contagiato negativizzato).

Con queste cautele l’apertura degli stadi (e per me anche delle scuole fino al liceo) potrebbero dare addirittura un contributo positivo alla neutralizzazione del virus, concentrandone la diffusione presso soggetti a rischi bassissimi e quindi contribuendo a raggiungere  prima e con il minimo di perdite quel target del 50-60% di immuni (più correttamente: contagiati negativizzati) che secondo alcuni epidemiologi è l’unica speranza al di là  del vaccino o di una cura radicale, in grado di fermare l’epidemia (teoria dell’immunità di gregge).
A questo punto chi vuole approfondire può continuare, anche se l’argomento non è di natura sportiva.
L’attuale strategia prevalente, adottata in Italia dopo due mesi affrontati dai nostri governanti centrali e locali in modo dilettantistico, con la lodevole eccezione del Presidente di regione Zaia, è quella del contenimento che ha portato praticamente all’arresto domiciliare di tutti i cittadini di quasi tutti i paesi. Il ragionamento è: ”dobbiamo soffrire un mese e ci libereremo prima del covid”. Il problema consiste nel fatto che dopo aver  sofferto per il primo mese ottenendo dei discreti  risultati ma, ovviamente,  non definitivi, e non potrebbero esserlo,  si dice ”dobbiamo soffrire per un altro mese,  se no, vanifichiamo i risultati ottenuti”.
Di questo passo però si rimanderà sempre in attesa del mitico vaccino, che potrebbe arrivare su larga scala tra un anno, ma potrebbe arrivare anche tra due e forse potrebbe non arrivare mai, come quello per l’epatite c, e l’aids. E’ più  probabile che arrivino prima delle cure, più o meno efficaci, ma comunque in grado di aiutare.
A questo punto, visto che la politica dei rinvii mette in ginocchio l’economia e corre il rischio di peggiorare la salute fisica e psichica dei popoli, si è fatto strada il concetto di fase 2, la fase cioè per uscire dall’emergenza e convivere con il virus. Nell’ambito di tale strategia si vogliono privilegiare   le esigenze produttive e quelle delle imprese di costruzione da liberalizzare in maniera progressiva .

Il vantaggio che oggi, ed ancor di più alla fine dell’attuale moratoria, 3 maggio, noi non dobbiamo ricominciare daccapo. Nel periodo tra metà gennaio (in cui il virus ha cominciato a circolare in maniera significativa) e il 10 marzo, in cui si sono adottati i provvedimenti restrittivi, sono accaduti due fenomeni decisivi:
1) il virus si è sviluppato a ritmo esponenziale
2) i medici hanno curato i sintomi gravi di coronavirus non come tali ma come semplici, raffreddori, influenze e polmoniti o problemi respiratori., senza prendere nessuna cautela (mascherine ecc, ecc.) Risultato: dall’intenso contagio reciproco pazienti /sanitari (medici ed infermieri), i pazienti si sono aggravati ed i medici, in gran parte asintomatici, si sono contagiati. Il fatto che ci siano 120 medici deceduti vuole probabilmente dire  che ci sono più di 12000 medici contagiati e un numero forse ancora maggiore di infermieri. 
2) ora invece quasi tutti i sanitari si sono negativizzati e quindi mentre prima aggravavano i pazienti ospedalizzati, ora li curano. Quindi la struttura portante degli Ospedali, e cioè il personale è indubbiamente più forte.

Un’altra strategia, che si fonda sull’immunità di gregge,  prevede di lasciare che il virus faccia il suo corso naturale affinchè si arrivi il prima possibile al contagio e successiva negativizzazione di almeno un 50%- 60% della popolazione, il che costringerebbe il virus a perdere forza e desistere.  I morti si contano alla fine, con la sicurezza che saranno di meno che quelli che si sarebbero avuti con la persistenza del virus per oltre un anno, in attesa del vaccino.
Questa teoria, sponsorizzata più dagli epidemiologici che dai virologi, ha avuto il maggior assertore ed applicatore dal premier inglese Boris Johnson, che l’ha adottata su consiglio appunto del suo epidemiologo di fiducia. Il problema, sottovalutato, è che la concentrazione dei contagi in una breve unità di tempo ha messo in crisi il sistema sanitario, per cui il Governo inglese ha fatto subito marcia indietro.

Un’altra più intelligente applicazione del concetto di immunità di gregge è stata fatta dagli israeliani, che hanno adottato il principio di lasciare liberi i giovani e proteggere gli anziani, liberalizzando non per zone geografiche, ma per fasce di popolazione, sul presupposto che gli effetti sulle persone sotto i 50 anni sarebbero comunque controllabili, sia con la tecnologia che con le opportune cautele.

Nella situazione europea attuale penso che questo tipo di comportamento si potrebbe adottare anche in Italia, colpita per prima per l’insipienza dei governanti e progressivamente negli altri Paesi europei, che smaniano più di noi per riprendere le attività produttive. A questo proposito ci si augura chela ripresa venga concordata a livello europeo, per evitare lo “sciaccalaggio” di chi vuol  prendere vantaggi competitivi, anticipando i partners.
In particolare l’obiettivo potrebbe essere arrivare al 50% dei contagiati, con il minor numero di morti possibile, in un tempo ragionevole e comunque prima della fine dell’estate, poiché il caldo, stando almeno all’evoluzione geografica mondiale del male, sembra il miglior alleato nella lotta contro il virus.

Sarebbe un vero peccato se si lasciasse passare l’estate senza aver fatto tutto il possibile per fermare il virus.
Ovviamente con le dovute cautele.
Insomma per dirla con il Manzoni, riprendiamo le parole che il Governatore spagnolo diceva al suo cocchiere: “adelante Pedro… con Juicio.