Questo articolo non vuole assolutamente diminuire il cordoglio per il dolore di chi ha vissuto situazioni terribili, e la paura e la compassione di chi ha partecipato indirettamente alle stesse attraverso parenti, conoscenti o anche solo i media, come lo scrivente.

Riaprire gli stadi va a vantaggio dell’equità sportiva perchè tutte le squadre si affrontano vicendevolmente nell’arco del campionato una volta in casa ed una volta in trasferta sfruttando in maniera equanime il fattore campo, di cui l’incitamento del pubblico amico è uno degli aspetti principali, anche se non il solo. L’operazione va anche a sia dei tifosi che possono andare allo stadio e contribuire di persona alle vicende della propria squadra con il loro incitamento sia di quelli che assistono in poltrona in quanto la partita si svolge in un’atmosfera più viva e realistica e meno asettica e surreale.
Ma, secondo me, l’apertura va, paradossalmente, anche a vantaggio dell’intera società, se si tiene presente il seguente ragionamento: come da taluni previsto da tempo, il coronavirus in questa tarda primavera sta affievolendo il suo impatto reale sull’Italia, anche al Nord, dopo che al Sud non ha mai avuto un impatto disastroso a causa della sua posizione geografica, che comporta un inverno più mite ed un inizio di primavera più calda. Si sono ormai levate in maniera sempre più frequenti le voci, dapprima coraggiose ed isolate, di chi dice che, almeno dal punto di vista clinico, il coronavirus è sparito. Con il passare del tempo, andando verso l’estate, il virus si affievolirà ancora di più.

Nonostante la riapertura delle attività imprenditoriali, commerciali e sociali, oltre che dei trasferimenti inter regionali, soprattutto dopo il 18 maggio, sia stata abbastanza incontrollata, con episodi frequenti di raggruppamenti di giovani, piuttosto numerosi e ravvicinati, noti sotto il nome di movida, stigmatizzati in maniera forte dall’opinione pubblica e dalle autorità, l’impatto su ricoveri, isolamenti domiciliari, e decessi non solo non c’è stato, ma gli ospedali e le terapie intensive si vanno gradualmente svuotando ed i decessi diminuiscono. Il fatto che i contagi almeno per un certo tempo siano rimasti invariati non significa granchè, anzi, il dato può essere letto in maniera positiva perché significa che il virus anche se circola ancora non fa praticamente più male.
Ormai si è diffusa la convinzione tra molti operatori che non si possa negare l’evidenza della stagionalità del virus, come dimostra il fatto che al Sud non è attecchito e che al nord con l’aumento delle temperature e dell’insolazione si è affievolito.

Mi sembra quindi giusto ribadire con forza la proposta di un’apertura degli stadi controllata secondo le seguenti modalità:
1) acquisto dei biglietti solo on line
2) riservata agli under 50 che dichiarino di non convivere con over 70, con invio della copia digitale di documento d’identità
3) riduzione
dei biglietti ad 1/3 -1/4 della capienza dello stadio con limite massimo di 10-15000 posti
4) dichiarazione di manleva della società da qualsiasi danno subito a causa del contagio eventuale
5) residenza nel comune dove ha sede lo stadio per evitare spostamenti eccessivi.
Queste e/o altre modalità potrebbero essere sottoposte al vaglio di un comitato ristretto ad hoc, fatto da dirigenti sportivi e primari ospedalieri, che hanno sotto controllo l’esperienza clinica giornaliera in grado di fare poche regole chiare e semplici da rispettare, anzichè al controllo del Cts, secondo me spesso troppo burocratico e non sempre in contatto quotidiano con la realtà ospedaliera.
Purtroppo, sempre a mio parere, tutta la fase della ripresa è stata lasciata troppo nelle mani degli “scienziati” e per fortuna, grazie anche al dialogo con i presidenti delle Regioni (ho sempre odiato il termine Governatori), il Governo con buon senso ha allentato i vincoli, pur facendo una serie di protocolli per regolare le varie attività e comportamenti, a mio parere ancora troppo burocratici.
In questo momento credo più ai clinici che agli scienziati. Tra l’altro alcuni di questi clinici, come  il prof. Zangrillo, probabilmente hanno un valore scientifico molto superiore a molti membri del cd. Comitato tecnico scientifico, se si misura il peso delle rispettive  produzioni scientifiche internazionali.
Ma la riapertura degli stadi è un'ottima cosa non solo per il mondo dello sport, ma anche per l’economia e per la salute degli Italiani, tutti. 
Per l’economia
l’apertura degli stadi sarebbe un mezzo formidabile per segnalare al mondo che l’Italia è un Paese sicuro che ha il problema del virus sotto controllo e che si è normalizzato, dando impulso al turismo ed alle attività commerciali, attualmente invece  penalizzate da tutti quei vincoli, talvolta anche ridicoli, che comunque veicolano l’idea opposta, e cioè che l’Italia sia un Paese a rischio e che sia pericoloso andare al bar, al ristorante o nelle zone turistiche o programmare magari in un week end di lavoro o di acquisti in Italia anziché gestire i rapporti da remoto.
Attraverso l’immagine invece di un Paese aperto, sicuro di sé, non impaurito, si agevola la ripresa dei rapporti con gli altri Paesi, per esempio per il lusso e la moda e si trasmette un’immagine positiva che si riverbera sulla fiducia nei nostri prodotti, in particolare quelli dell’agroalimentare, in cui abbiamo una reputazione da leader ed un business conseguente.

Per quanto riguarda la salute l’apertura degli stadi potrebbe sfruttare al meglio la stagione estiva, che è il nostro più forte alleato, facendo circolare il virus in un ambiente protetto dalla stagione, all’aperto e quindi provocando magari contagi, ma con effetti asintomatici o poco sintomatici e comunque in un momento in cui le strutture sanitarie sono in grado di affrontare gli eventuali problemi. La popolazione italiana così sarà mediamente più rafforzata dagli anticorpi che anch’essi verranno prodotti spontaneamente dalla circolazione di un virus in questo momento inoffensivo o comunque poco offensivo.
Con l’avvento dei mesi autunnali, stagione in cui è confinata ormai l’ipotesi della famigerata seconda ondata, i casi sono due: o non ci sarà , com'è possibile e forse abbastanza probabile ed allora, no problem, o invece, ci sarà e in questo malaugurato caso, sarà molto meglio che la parte più giovane della popolazione abbia sviluppato gli anticorpi in maniera che sia quantomeno più difficile, che debba ricorrere agli ospedali, lasciando le strutture più libere per la parte più vulnerabile della popolazione, senza contare, anche non aderendo alla teoria dell’immunità di gregge, che comunque ci sarà un effetto gregge, per cui il virus troverà probabilmente maggiore difficoltà a circolare.
Ovviamente anche oggi bisogna proteggere la popolazione più anziana con tutte le cautele per evitare che le categorie più deboli  debbano comunque essere esposte, anche se ad un nemico meno aggressivo.

Gli stadi con le limitazioni sopra esposte e le scuole, almeno fino all’Università, sono gli ambienti più adatti per fare questo lavoro di ripresa del Paese, sia sul piano dell’immagine interna ed internazionale, sia sul piano della salute. Con la mancata riapertura delle scuole abbiamo, a differenza di molti altri Paesi nostri competitors, mancato un'occasione; con l’apertura degli stadi forse potremmo riprendere l’iniziativa.
E’ ovvio che si tratta di una materia in cui il coraggio va ben controllato e non si può tollerare l’incoscienza, ma occorre valutare anche il costo del non fare niente e di finire per morire di paura.