Nata e sepolta nel giro di 48 ore, la Superlega non ha assolutamente intenzione di morire ed invoca, addirittura, la sua resurrezione nel giro di breve termine. Il tutto ebbe ufficialmente inizio nella notte tra il 19 ed il 20 aprile scorso quando i più potenti club europei decisero di prendere formalmente le distanze dal massimo organismo istituzionale.                                                                                                                                                                 
La proposta è quella di un format esclusivo, riservato, d’élite con conseguente ribellione da ogni competizione continentale attualmente in essere.
Un attacco forte, deciso e, passatemi il termine, arrogante nella sua forma, tanto da non ottenere alcun consenso dall’opinione pubblica.
Ma per chi pensasse che sette lunghi mesi dopo la nascita ed imminente sparizione siano stati sufficienti per decretarne la morte certa si è, purtroppo, dovuto rivedere.
La Superlega ha sempre lavorato sotto traccia a tal punto da portare la UEFA in Tribunale prima, ed alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea poi, rea di aver illegalmente sanzionato i cosiddetti ‘club ribelli’, privando loro di quel tanto caro principio di libera concorrenza che sta apparentemente alla base del pensiero di Agnelli e compagni.
Sarà uno tsunami o una piccola bolla destinata a disperdersi rapidamente nell’aria?
Il verdetto della Corte è atteso entro la fine dell’anno e solo allora capiremo se la primordiale idea di rivoluzionare il calcio europeo, perché di questo effettivamente si tratta, sarà riuscita a spodestare nell’effettivo la UEFA dai suoi attuali pieni poteri.

Ma andiamo con ordine. Perché il primo tentativo ha miseramente fallito l’obiettivo? Quali potrebbero essere gli eventuali nuovi scenari auspicati dalla Superlega nel caso di vittoria dalla Corte? Ed infine, tutto ciò si può definire eticamente corretto?

L’EFFETTO BOOMERANG DI UNA PRIMA BATTAGLIA PERSA IN PARTENZA
Riavvolgiamo il nastro degli eventi. Come detto, nella mattinata del 20 aprile uno scossone agita prepotentemente tutto il mondo del pallone. 12 club tra i più importanti d’Europa (Juventus, Real Madrid, Barcellona, Milan, Arsenal, Atletico Madrid, Chelsea, Inter, Liverpool, Manchester City, Manchester United e Tottenham) si coalizzano per il costituzione di una Superlega con l’obiettivo di creare un torneo dal forte appeal internazionale, prendendo definitivamente le distanze da una UEFA considerata egoista, statica ed obsoleta.
L’idea è quella di avere 15 club fondatori più 5 ‘ad invito’, con 2 gironi da 10 squadre e Final Eight in gare secche che, a detta dei ribelli, ‘’regaleranno emozioni e drammi mai visti prima nel calcio’’.
Risultato? Un fiume di polemiche, con annessi striscioni e cartelli di dissenso soprattutto dai tifosi inglesi. Le ‘big six’ d’Oltremanica minacciate dai propri fans di non entrare mai più negli stadi qualora si verificasse questo Apolicasse calcistico. Una protesta veemente che ha fatto immediatamente fatto tornare sui propri passi ben 9 dei 12 club ribelli, pressati anche da una sanzione di 15 milioni di euro complessivi da parte della UEFA.
Uno scivolone, comunque, prima mediatico che economico in quanto non si è assolutamente tenuto conto di forma, contenuti e stile prima di avviare una simile proposta.
La UEFA ha avuto tutto l’appoggio da parte degli addetti a lavori e, cosa ancora più importante, dalla maggiore parte dei tifosi di tutta Europa.
Perché se, come dicono ormai molti presidenti, le società di calcio di oggi sono da considerarsi come vere e proprie aziende cosi come ogni altro settore, rimane il fatto che devono rapportarsi quotidianamente con un cliente che si chiama PASSIONE ed il binomio dovrà necessariamente essere vincente per poter realizzare i propri progetti e ricevere il sostegno necessario su strategie di business e conseguenti ricavi.
Questo aspetto è venuto sicuramente meno in quella folle notte di metà aprile ed è principalmente per questo motivo che il piano si è rotto ancora prima di aver suonato un’ipotetica nota (se mai avessero discusso anche della melodia che accompagnerebbe ogni gara di Superlega).
Ma di questo i club fondatori dicono di averne fatto tesoro e, soprattutto i 3 più esposti alla rivolta (Juventus, Real Madrid e Barcellona), sostengono che, se la sentenza della Corte darà finalmente loro il via libera, il calcio europeo dovrà essere rifondato.
Il tutto sempre nel rispetto delle regole e con un dialogo costante e costruttivo con la UEFA.

LA SUGGESTIVA IPOTESI PER DARE UNA PARVENZA DI CREDIBILITA’ AL PROGETTO
Gennaio 2022. ‘’La Corte si è riunita e ha ritenuto di accettare le richieste avanzate dalla Superlega per la propria creazione ed il conseguente sostentamento della stessa’’.
E se fossero davvero queste le parole annunciate tra meno di due mesi? Che cosa farà veramente nel concreto la Superlega per evitare l’ennesimo autogol mediatico?
Secondo un documento del quale è entrato in possesso il settimanale economico tedesco Wirtschaftswoche, l’organizzazione lavorerà per superare le preoccupazioni dei tifosi che per la maggior parte si sono, come detto, opposti al progetto.
Si vocifera che non si avranno membri permanenti (il che sembrerebbe già completamente in antitesi con la prima proposta) e con un ben 40 squadre e la formazione di 2 leghe di prima e seconda divisione (anche se la differenza non è data ancora a sapersi).
La prima parte risulta, però, pressoché improbabile, in quanto ne andrebbe della natura stessa del progetto che vede la spettacolarizzazione dell’evento nel quale debbano essere presenti i migliori attori protagonisti.

Basandoci su questo riteniamo che il format più plausibile per definirsi ‘meritocratico’, possa essere il seguente anche in virtù degli attacchi di FIGC e LaLiga in primis:

  • Per la stagione 2022/2023 i 15 club più importanti d’Europa uscirebbero dalle rispettive competizioni nazionali (coppe nazionali incluse) per poter liberamente giocare un torneo a sé stante con 28 gare a testa più Final Eight in gara secca in campo neutro.                                                                                                            
  • Dalla stagione 2023/2024 i 25 club che vinceranno i rispettivi campionati nazionali (con due posti assegnati per i 5 migliori campionati d’Europa) non accederanno, come nella precedente annata, alla Champions League ma andranno (se lo riterranno opportuno, altrimenti scalerebbe tutto di una posizione) direttamente nella Superlega. Sarà per forza di cose una scelta permanente in quanto dall’anno successivo non potranno più partecipare al proprio nazionale, facendo una scelta basata sulle proprie esigenze con costi e ricavi a farne da padrone.                                                                                                                                                   
  • Le promozione dalla seconda serie per il primo e secondo anno andranno in base alle squadre destinate alla Superlega, che a tutti gli effetti sarà un torneo che dalla stagione 2023/2024 diventerà intoccabile.                   
  • Ogni squadra della Superlega (2 gironi da 20 squadre) avrà 38 partite garantite (un campionato a parte insomma) con playoff dagli ottavi in doppia sfida tra squadre dello stesso girone in stile NBA nelle gare di Conference, più Final Eight in gara secca in campo neutro                                                                                  
  • La Champions League manterrà la sua forma per quanto riguarda le modalità di qualificazione, le teste di serie ed i tabelloni, così come l’Europa League e la Conference League                                                             
  • Per i campionati nazionali sarà soggettivo criterio di valutazione mantenere o diminuire il numero di squadre con l’ottica di cercare di portare il livello delle coppe internazionali gestite da UEFA ad un livello quantomeno accettabile

Oggettivamente, in base al livello di critiche ricevute da ogni Federazione locale, il primo e doveroso passo sarà quello di uscire dalla competizione nazionale e creare uno vero e proprio campionato a parte. Con la Corte di Giustizia a proprio favore questo scenario potrebbe incredibilmente diventare realtà, con una UEFA ‘costretta’ a trovare un accordo con i ‘nobili’ della Superlega per salvare quantomeno il salvabile.

QUEL ‘FILO SOTTILE’ TRA NOBILTA’ E SIGNORILITA’
Un’ipotesi che, come si può facilmente dedurre, relegherebbe le competizioni UEFA in fascia B, con quel cordiale ‘dialogo’ annunciato pochi giorni fa da Andrea Agnelli che assumerebbe sempre più i contorni di un diktat piuttosto che un reale confronto tra parti.
Ma riavvolgiamo un pochino il nastro o, se meglio volete, il filo.
L’ipotesi Superlega era ben presente nei pensieri delle big d’Europa già dal lontano 2016, venendo poi allo scoperto solo lo scorso aprile, con il reale obiettivo di monetizzare al massimo sulla vendita dei diritti televisivi e sulle sponsorizzazioni connesse agli eventi, ritenuti da loro stessi unici ed imperdibili.
E non importa se la visione di questo tipo di sfide passi dalla creazione di un torneo creato ad hoc, dove per la maggior parte da club coinvolti non abbia alcun merito sportivo. O, altresì, che la visione del grande evento non sia stata determinata da precedenti momenti nei quali il tifoso non abbia sofferto e gioito, sentendosi fiero ed orgoglioso di una squadra che ha da sempre vissuto come una seconda pelle.
L’obiettivo rimane e rimarrà comunque un altro. Porre i soldi davanti all’aspetto umano, ‘vincendo’ così la propria battaglia con un debito, spesso, sempre più incessante.
E del giocare bello e pulito, ad oggi, non importa più a nessuno di questi signori.                                                       
Mi tornano in mente le parole di Allegri, il quale al termine di un Inter-Juventus del 2109 affermò che ’tra giocar bene e vincere passa un filo sottile che sembra sottile, ma di fatto non lo è’’, ovvero l’uno può essere la naturale conseguenza dell’altro solo se abbinata ad altri fattori, potendo così creare un anello di congiunzione tra le parti.  Tutto apparentemente corretto, ma nello stesso tempo tutto opinabile e soggettivo.                                                     
Ma se devo pensare ai protagonisti della Superlega il tutto non assume alcun contorno di soggettività. Un atto personalmente ritenuto, anche nel migliori dei casi, talmente egoistico e privo di fondamento nei confronti di un sistema organizzato ed efficiente come la UEFA.
Un filo sottile tra status di Nobiltà e Signorilità dei gesti divenuto, in questo caso, talmente labile da decretarne la precoce rottura senza alcun tipo di anello di congiunzione che possa inesorabilmente unirle.

LA MERITOCRAZIA COME VALORE ASSOLUTO DELLO SPORT
Non voglio puntare il dito solo sulla Juventus in quanto la Superlega è un movimento che ha coinvolto diverse società, tra cui altre due italiane, ma il fatto che i bianconeri siano uno dei tre club ancora oggi coinvolti nel mercato di libera concorrenza contro la UEFA è una cosa che non può far altro che alimentare dubbi, giudizi e pensieri.
E non possono passare inosservate le parole del capitano della Juventus e della Nazionale Giorgio Chiellini: ‘’Siamo a un punto di non ritorno. Istituzioni, club e giocatori devono incontrarsi per riformare il calendario, creare nuove competizioni e dare slancio a questo sport che resta il più bello del mondo, ma è migliorabile. Gli atleti del nostro livello e i tifosi vogliono vedere più partite europee’’.
Onestamente penso che questo sia più il pensiero all’interno dei piani alti della Juventus, in quanto il polso della situazione riguardo alla posizione dei tifosi si sia abbondantemente fatto sentire sette mesi fa.
Fa strano, oggettivamente, vedere un atleta del suo calibro propendere in maniera così netta per un format che non ha alcun aspetto meritocratico.
Lui che ha faticato e sudato per vent’anni e raggiunto ogni traguardo con il lavoro ed il sacrificio. 
Lui che avuto un rapporto speciale con i propri tifosi, condividendo Passione pura per questo sport. 
Lui che non li ha mai visti come clienti ma solo ed esclusivamente come compagni di viaggio e di avventure. 
Lui che ha meritato tutto questo.
Ora ha il dovere di proteggere questa magia.