Un campionato che ha rispettato le attese della vigilia, ovvero una Juventus troppo superiore alle altre per permetterle di ambire al posto più nobile della classifica provando a rompere un'egemonia lunga otto anni. La Vecchia Signora si è addirittura permessa il lusso di gestire uomini ed energie per tutto il corso dell'annata nazionale per ambire a quella coppa dalle grandi orecchie che manca dal lontano 1996. 

Obiettivo frantumato da un gruppo di ragazzi pieni di talento e spensieratezza in quel 16 aprile scorso dove gli uomini di Allegri hanno subito una lezione di calcio che mai si era vista dalle parti di Torino da molti anni a questa parte. Quel Massimiliano Allegri che, anche a distanza di due settimane dal fallimento Champions, ha rimarcato (con toni discutibili) come la sua corazzata abbia solamente ricevuto quattro ripartenze figlie di errori individuali senza mai subire il gioco degli avversari. 

Tutto ciò in diretta tv al termine di Inter-Juve quando Allegri, indispettito dalla maliziosa domanda di Lele Adani, non sia riuscito per nulla a tenere la calma scagliandosi contro tutto e tutti. Un atteggiamento figlio della pressione che ruota attorno a lui ma soprattutto della presunzione di chi pensa a prescindere di essere nel giusto.

Premettendo che il cammino di Allegri è stato straordinario in termini di risultati sportivi a livello nazionale negli ultimi cinque anni, quello che la gente vorrebbe vedere di più da questa Juventus sta nella qualità di gioco e di idee di gioco che, connesse ad un livello di intensità maggiore, possano determinare partite di importanza vitale per le ambizioni della società.

Il signor Allegri, invece, non solo non ha soddisfatto le attese in un ambiente pieno di qualità ed arricchito dalla presenza di Cristiano Ronaldo, ma ha anche fatto un disamina tutta sua su ciò che sia andato storto in quella serata difficilmente digeribile per i tifosi. Parlare di una sconfitta figlia solo di quattro errori individuali di palleggio e conseguenti pungenti ripartenze di un Ajax giovane e vivace è ciò che di più falso si possa dire. 

A distanza di due settimane e con una lucidità maggiore acquisita, la dirigenza bianconera ha il dovere di interrogarsi su come costruire il futuro prossimo e su quali uomini tutto ciò debba essere affrontato. Che ci si guardi negli occhi per ripartire da un progetto comune intrinseco di caratteristiche simili.

Una tra queste la capacità di autoanalizzarsi per migliorare se stessi e la squadra. Una peculiarità che sembra non abitare nell'attuale tecnico sempre più convinto che questa Juve abbia frantumato i suoi sogni di gloria per 'non essersi passati bene il pallone' nelle partite che contano.