E dopo quasi due anni di inattività eccolo lì, più in forma che mai, con quel suo stile diretto che aveva fatto storcere il naso a molti addetti ai lavori nel recente passato. La sua idea di calcio così semplice e pratica che lo aveva fatto passare per banale quando banale non lo era proprio mai stato. 

Max Allegri, il tecnico pluriscudettato della Juventus e ultimo vincitore del campionato con il Milan nel lontano 2011, ha risposto presente al gentile invito di del padrone di casa Fabio Caressa nel suo famoso Sky Club. Due ore di 'cazzeggio creativo', così come lo ama definire il Conte Max, nella quale però i suoi commensali hanno tratto molte indicazioni in un momento così di magra del calcio italiano in merito a talenti. 
Parole chiare, semplici e dirette così come nel suo stile, ma che hanno echeggiato tra il parterre come un grido d'aiuto a tornare in sella nel campionato nostrano, senza guardarsi troppo intorno nonostante le richieste dall'estero potrebbero non tardare ad arrivare. 

Lui ha sentenziato che a luglio ha voglia di rimettersi in gioco, è voglioso di tornare a godere delle giocate tecniche dei suoi calciatore come un bambino al parco giochi. Lui, innamorato del calcio vero, quello basato sull'estro, sulla tecnica, sulla magia e sulle emozioni che solo i giocatori di un certo livello possono esprimere. Lo si è visto ancora oggi emozionato a raccontare le gesta in allenamento dei vari Ronaldinho e Cassano, nel trovare soluzioni alle richieste d'aiuto di giocatori del calibro di Nesta o Thiago Silva, ma nello stesso tempo di aver imparato molto dai vari giocatori da lui allenati come l'aneddoto su Dani Alves nella trasferta di Napoli dove ha acconsentito al brasiliano di andare in marcatura su Insigne nonostante la sua idea al momento del cambio fosse diversa. 
Perché dai giocatori si impara. Se sono quelli di un certo livello probabilmente di più. Ma la questione è più ampia. E' l'entrare in sintonia con tutti i giocatori, avere fiducia in loro. Nelle loro sensazioni, in quello che sono e quello che potrebbero darti. L'allenatore non si può spiegare. E' un mestiere complicato che ha troppe variabili nel suo percorso per essere studiato a tavolino. E' un mix di preparazione, sensazioni, intuito e gestione perfetta del materiale umano a disposizione dentro e fuori dal campo o per dirla come Allegri alla gestione delle risorse umane. 
Perchè, se è pur vero che la tattica e l'organizzazione di gioco devono avere un certo rilievo nelle sedute di allenamento, è ancora più vero che è sempre il giocatore che deve essere posto al centro di tutto. Si parla molto di 'giocatori pensanti', ma il calcio italiano di oggi ha al suo interno giocatori pensanti ma robotizzati. L'idea di calcio del mister sovrasta la scelta decisionale del calciatore che spesso non 'legge la situazione' e non si fa guidare dall'istinto. 

Personalmente ho avuto un enorme piacere nel sentire da un allenatore del suo calibro l'idea, ad esempio, della costruzione dal basso così tanti di moda in questi anni. La si fa se si può. Se ci sono tempi, spazi ed un certo contesto al suo interno. Non si fa perchè si deve essere per forza belli ed esteti del calcio in ogni minuto della partita. Il concetto è stato spiegato perfettamente quando Allegri ha parlato di tante partite nella stessa partita. Alle 15 è una, alle 15.30 è un'altra ed alle 16.15 un'altra ancora. Niente di più vero. Chi ha giocato a certi livelli queste cose non può non captarle durante la contesa.

Dichiarazioni che arrivano dopo l'ennesima sconfitta subita a causa di una leggerezza nella fantomatica costruzione dal basso. E quindi fanno ancora più rumore. Sono passati due anni, ovvero quando la Juve battagliava per la vittoria dello scudetto con il Napoli di Sarri, che Allegri aveva espresso un grande concetto: 'Tra vittoria e sconfitta ci passa un filo sottile che sembra sottile ma proprio non lo è''.

Che il maestro Pirlo appoggi il gessetto e torni tra i banchi di scuola. Per se stesso e per il bene della Juve.