Una serata nera. Di quelle da mettere immediatamente nel dimenticatoio ma che difficilmente lo farà. Il Milan esce con le osse rotte dal ritorno della semifinale di Coppa Italia, surclassata da una Lazio che solo fino a tre giorni fa era stata dipinta come una squadra in involuzione dopo il capitombolo interno contro il già retrocesso Chievo Verona in campionato. 

Un Milan irriconoscibile in ogni reparto e non solo in campo. L'espressione di Gattuso a fine gara non si è discostata molto da quella che lo vedeva nelle classiche foto di rito a bordo campo con il collega Simone Inzaghi dopo prima del fischio d'inizio. Espressione tirata e preoccupata come quella di un uomo già consapevole delle difficoltà che la serata poteva presentare a lui ed al pubblico di San Siro, venuto in massa per trascinare la squadra alla finale.

Doveva essere una serata ben diversa nei modi e nell'atteggiamento. Un mood che la Lazio ha avuto per tutta la partita uscendo vincitrice di misura solo al netto di una grande prestazione di Reina che più e più volte ha evitato al Diavolo un passivo ben più pesante rispetto allo score finale. 

Una sconfitta meritata e figlia di scelte ad anteriori alquanto opinabili e che a posteriori hanno assunto il valore di un fallimento tattico e tecnico in ogni suo forma. Si perchè i biancocelesti hanno creato ben 17 occasioni da rete e statisticamente hanno tirato dieci volte in porta contro le due degli avversari senza aver offerto una prestazione sontuosa ma solo estremamente solida ed efficace.

Un disastro tattico e tecnico dicevamo di questo Milan che, purtroppo, ha grandi responsabilità nel suo manager. L'idea di snaturare e mettere in soffitta il criticato ma collaudato 4-3-3 con un potenziale più offensivo 3-4-3 ha annientato le già residue poche idee che i rossoneri avevano manifestato nell'ultimo mese. Cosa sia passato in testa a Gattuso nel preparare questo match è onestamente difficile da capire. 

Se avesse voluto congelare un pareggio portando la gara ai supplementari e giocando una partita per 120' con davanti a sè uno spareggio Champions a Torino tra quattro giorni sarebbe già stata una scelta scellerata. Se avesse, invece, avuto l'idea di attaccare l'avversario giocando una gara spavalda in casa non è concebile come questa interpretazione non sia mai stata nemmeno intravista poi nei fatti. 

L'immagine del trio dirigenziale a pochi minuti dalla fine ha lasciato poco spazio ad interpretazioni. Anzi direi nulle. Se non una domanda che, molto probabilmente, chiederanno al maggiore responsabile di una notte così deludente e sterile: "Mister, porque?"