Come calciatore sono stato scarso da giovane, non esistevano le scuole calcio, e quando ho imparato a dare del tu al pallone ormai ero troppo avanti con gli anni.  
Però mi sono tolto tante piccole soddisfazioni perché una passione è una passione e ti ricorderai per sempre il primo goal fatto, arrivato dopo diversi anni, di testa su un campo di sabbia gelata che bruciava le cosce.
Come ti ricorderai, dopo anni di carriera da dilettante, che qualche arbitro, quando entrava nello spogliatoio diceva: “C’è Cortesi! Mi fido e niente appello”.
Come ricorderai sempre quella volta, una delle ultime volte che calcavi il campo in grande sovrappeso e senza allenamento, ma obbligato a giocare per i guai di qualche compagno, che con astuzia atterravi l’avversario in area che poi si lamentava giustamente con l”arbitro che non aveva fischiato il rigore e si sentiva dire: “Cortesi non fa certi falli”.
Nella squadra dove ho militato per più anni fino a fine carriera, il Vigano S.M. dalla bellissima divisa viola a causa della fede per la Fiorentina del primo presidente, si vinceva poco, e il mio  premio partita di maggior valore fu una confezione di 6 bicchieri della Ceres donatomi dal titolare del bar che era il nostro principale tifoso.

Però a diciassette anni di età mi sono trovato a giocare una partita amichevole contro i pari età dell’Atalanta.
Giocavo negli allievi del Casazza, società dalle bellissime magliette bianco azzurre come quelle dell’Argentina, ed eravamo una squadrata discreta. L’anno successivo passai all’Under 18 ed ero il titolare fisso di una squadra fortissima che faceva man bassa ovunque andava compresi i campi di quelle che allora erano due società separate (Albino e Leffe) che  da qualche anno hanno dato vita all'Albinoleffe.

Ma torniamo all’anno precedente, qualche settimana prima dell’incontro contro i pari età della Dea.
Siamo a giocare in trasferta ad Albano Sant’Alessandro e ci avvisano che ci sono gli osservatori dell’Atalanta. Non ricordo il risultato della partita, penso un modesto pareggio. Rientrammo negli spogliatoi mentre il nostro allenatore rimase a parlare con l’allenatore dell’altra squadra e con gli osservatori. Quando rientrò negli spogliatoi un compagno chiese: “Mister! Cosa dicono gli osservatori?” “Che se riesco a fondere la grinta  di Cortesi e i piedi di Marenzi in un unico calciatore lo portano a Zingonia”.
Io sapevo di essere scarso, anche perché un mio cugino (dal cognome Moratti) giocava già da tempo nelle giovanili bergamasche e lui sì che sapeva dare del tu al pallone, fare il doppio passo, e usare destro e sinistro senza problemi. Io, se provavo il doppio passo, finivo per fare un tuffo carpiato. Marenzi era invece il mio compagno di classe e assieme avevamo giocato prima nella società del nostro paese, Entratico, poi a Trescore Balenario (il paese dei fratelli Mutti) e ora nel Casazza. Ha sempre avuto piedi buoni ma poca voglia di far fatica. 
Poche settimane dopo l’allenatore ci dice che, per inaugurare il nostro nuovo campo, avremmo appunto giocato contro i pari età dell’Atalanta. Eravamo euforici, la società ci diede delle splendide magliette nuove che sostituivano quelle ruvide precedenti. Ma la nostra euforia nello spogliatoio durò pochi minuti. Entrò infatti un dirigente della Dea e ci disse: “Ragazzi mi raccomando, di fronte a voi avete dei calciatori con un futuro ! Niente interventi duri, è una amichevole”.
Entrammo in campo tra il deluso e l’arrabbiato ma dopo un quarto d’ora era già successo di tutto. Alla prima azione palla lunga al nostro centravanti che metteva in rete. La reazione dei nerazzurri portò subito al pareggio ma anche a due loro entrate killer che misero fuori gioco due dei nostri migliori giocatori per diverse settimane. 
Insomma, mentre noi giocavamo con il fioretto, loro sembravano tutti degli Ancelotti o dei Gattuso e ci randellavano senza sosta. 

Dopo altri interventi rudi cominciammo anche noi a prendere le misure ma loro erano tecnicamente superiori, però riuscimmo a tenere in bilico il risultato, grazie anche al portiere, fino a metà del secondo tempo.
Io giocavo da mediano subito davanti alla difesa, anche se il mio ruolo era, e lo sara poi per sempre, quello di difensore centrale, e facevo legna cercando di fermare le avanzate dei giovani atalantini senza mai superare il centrocampo.
Le barricate però ad un certo punto dovettero cedere e l’Atalanta segnò il secondo goal e poi si mise a giocare al torello contro di noi senza troppo affondare
Si stava arrivando a fine partita, dalla tribuna la gente cominciava ad alzarsi, finché la nostra veloce ala destra non venne, al novantesimo, abbattuta in area atalantina in una delle rare nostre sortite, Marenzi prese la palla e la mise sul dischetto. Con una finta mandò il portiere alla sua destra, mentre calciò la palla verso l'angolo alla sua sinistra. Ma la colpì molto debolmente, la palla sembrava non entrare mai, il portiere addirittura si era rialzato e stava provando il miracolo. Prese slancio e si buttò verso la palla ma questa, sospinta dai nostri sospiri, riuscì a superare la riga e a regalarci un prestigioso, per noi, pareggio e una serie di rimproveri ai nerazzurri da parte del loro allenatore.   

P.s.: Marenzi indossava le Pantofola d'Oro, io le Belotti