L’Inter è una squadra sicuramente molto forte, la squadra più forte oggi in Italia ma il suo calcio non è “europeo”. 
Può sicuramente vincere, andare lontano, mettere in difficoltà in finale il Manchester City ma rimane un outsider. Di alto livello, ma un outsider

Ieri a Madrid poteva anche prendersi la qualificazione, ha avuto anche occasioni importanti, oltre al vantaggio, ma l’abbiamo vista solo nelle ripartenze, il suo pezzo forte ieri rimasto a metà, ma non abbiamo visto il gioco. Anzi, in diversi momenti si limitava a giocare la palla dietro, quasi irridendo gli avversari con minitorelli, imitando quel vecchio “calcio all’italiana” che nemmeno le squadre italiane sull’orlo della retrocessione giocano, o per lo meno non sempre lo fanno.

Ieri l’Atletico, che è nella sua fase “peggiore” per gioco e risultati da diversi anni, ha fatto calcio. Nulla di trascendentale, ma ha fatto la partita e ne esce giustamente vincente.   
L’Inter ha perso la partita in tutti i settori. In difesa Pavard e De Vrij hanno balbettato ed hanno grosse responsabilità sui goal. Bastoni meglio  ma non ha potuto essere propositivo visto l’approccio interista alla partita. Bene Di Marco, e non solo sul goal ma per essersi sempre proposto, grande spina nel fianco dell’Atletico Dumfries assente. E qui non si capisce perché Inzaghi abbia optato per questo giocatore discontinuo rispetto ad un Darmian che raramente sbaglia la partita. 

Il centrocampo, la grande forza dell’Inter, ieri è stato modesto. Solo Barella ha giocato, fino che ha retto, su buoni livelli. Mikytarian invece male, sempre in difficoltà e in rincorsa. E non bene nemmeno Calhanoglu. Si dice che sia nel suo ruolo il più forte in Europa. Il più forte è quel giocatore che è determinante nelle partite decisive. La differenza ieri tra l’essere “il più forte” e un “forte giocatore” l’ha evidenziata Griezmann.
Lui è “il più forte”. Reduce da un infortunio più complesso di quello di Calhanoglu ha preso per mano la squadra e fatto giocate superbe, oltre al goal. Seppure si capiva non avere la fisicità solita ha creato dal primo all’ultimo minuto della sua presenza in campo “superiorità “ alla manovra.  Calha invece ha navigato senza infamia e senza lode, ha cercato acque tranquille ed evitato di cavalcare le onde, una partita anonima. E non puoi sempre sperare nello stellone che accompagna Frattesi. Frattesi funziona se funziona l’Inter, come naturale che sia. 

L’attacco invece ieri un pianto greco. Non si è salvato nessuno tra Lautaro, Thuram e Sanchez. Colpa loro? Per qualche errore individuale si, ma la realtà è che erano spesso lasciati da soli in un calcio appunto al “vecchio catenaccio”.
Inzaghi? Ieri Inzaghi ha responsabilità importanti nel risultato. Sicuramente la critica non arriverà ai livelli con cui si abbatte quotidianamente su Allegri o Pioli, anche perché una partita sbagliata su una stagione da “seconda stella stellare” non può cambiare un giudizio. Ma Inzaghi per me rimane quel forte allenatore che non ha però le “stigmate” dell’allenatore alla Ancelotti, alla Klopp, alla Guardiola in Europa. 
E ieri non si capisce, come già scritto, perché sì Dumpries e non Darmian, perché poi Klaasen è non Aslani ma anche perché Sanchez. Sulla prima non saprei che dire, ma su Klaasen e Sanchez ho una idea: giocatori navigati capaci di “contenere”.
Ecco, quella concezione di congelare una situazione che è stata presente dal primo all’ultimo minuto in tutta la squadra pensando che l’Atletico fosse un suo clone minore: una squadra tutta furore ma con minore qualità.

Ma ieri l’Atletico è stata tanta qualità. Non solo Griezman ma anche Depay, Riquelme, Witsel, Llorente, Hermoso, Koke, Correa. E Il “Cholo” Simenone (altro allenatore con le stigmate) non ha avuto problemi a togliere giocatori “imprescindibili” come Morata, o che comunque non stavano facendo male, ma non troppo bene come Lino.  
In tanti hanno detto che Inter e Atletico si assomigliano, ma ieri Simeone ha mostrato che l’Atletico sa cambiare, mentre l’Inter è rimasta a specchiarsi come Narciso.