A mente fredda, e dopo aver rivisto la partita, cerco di essere la dottoressa Temperace “Bones” Brennan per capire come ieri il Milan sia “morto calcisticamente” sul campo del Monza: suicidio collettivo? Omicidio per mano del suo allenatore? Omicidio per reazione ad una provocazione? Omicidio commesso da un prezzolato killer o dal maggiordomo (in questo caso il maggiordomo naturalmente non potrebbe che essere l’arbitro)?

La prima analisi sembra un assurdo, come quel “cadavere” in un telefilm la cui autopsia diceva che era stato avvelenato, lo avevano accoltellato, gli avevano sparato e poi si era buttato dal decimo piano. Infatti ci sono 4 ferite mortali (Pessina, Mota, Bondo e Colombo), due ferite da autodifesa (Giroud e Pulisic), un principio di avvelenamento (Izzo), tre evidenti tentativi di suicidio (in entrambi gli eventi c’entra il povero Thiaw).
Le analisi inoltre rilevavano che nei primi 45 minuti il “defunto“ era sotto effetto di sostanze calmanti che rendevano i suoi movimenti lenti e impacciati, che non gli avrebbero consentito di sfuggire ad un presunto assassinio e che creavano mancanza di lucidità tale da creare i presupposti per un tentato suicidio. 
Il medico, dottor Pioli, che aveva dispensato i farmaci, correva ai ripari tra una tazza di te e medicinali rigeneranti (Pulisic, Giroud, Reijnders) che avevano un effetto positivo seppure creavano irritabilità e perdita di lucidità (Jovic). Alla lunga però questi stimolanti, una volta raggiunto l’equilibrio (2-2) mantenevano una Dose troppo alta di adrenalina e iperattivismo che permetteva all’avversario di avere la meglio. 
Alla fine sembra di essere più alla presenza di Poirot sull’Orient Express, che non in un telefilm di Bones, con un piccolo cambio perché oltre alle “12 coltellate” dei 12 protagonisti che, come una giuria, si facevano giustizia, vi erano coltellate autoinflitte dalla vittima e da chi l’aveva in cura. 

E così tutti i protagonisti sono chiamati ad ascoltare appunto il piccolo investigatore belga supportato dalla dottoressa Bones (se vi ricordate anche sull’Orient Express Poirot collabora con un medico greco, se non ricordo male).
Il primo indiziato a cui si rivolgono è il maggiordomo-arbitro, il signor Colombo. Ma viene subito scagionato dal duo d’investigatori che anzi giudicano corretto il suo operato, forse un piccolo dubbio sull’affossamento di Theo in area brianzola da cui poi ripartirà l’azione che porta al primo goal del Monza. 
Il secondo indiziato è Izzo, una guardia abbastanza provocatoria e furba, capace di avvelenare la mente dell’avversario fino a farlo reagire. Ma Izzo ha solo una responsabilità limitata perché “l’avvelenamento” non era tale da causare la “morte”, anche se ha contribuito. Per queste figure dovrebbe esistere una giustizia che le allontana dal campo, tanto quanto si allontanano quelli che reagiscono alle loro provocazioni.
Assieme vengono chiamati “alla sbarra” Pessina, Mota, Bondo e Colombo ma l’arringa, seppur li ritenga autori delle gravi ferite mortali, li reputa averlo fatto nel rispetto delle loro mansioni e regole d’ingaggio e dunque innocenti. 
Tocca ora ad Adli, Chuku e Okafor. Verso di loro il giudizio è di aver avuto un ruolo nullo sia nella difesa che nell’offesa favorendo lo svolgersi degli eventi. Quasi come fossero degli indifferenti o dei passanti occasionali timorosi di metterci la faccia. Dunque l’accusa nei loro confronti è omesso soccorso. 

Jovic invece ha la testa bassa, la sua reazione alle velenose provocazioni di Izzo ha reso arduo il soccorso messo in atto dal dottor Pioli tramite Pulisic e gli altri. Il suo è un grave concorso di colpa.
Ed eccoci a Thiaw, questo giovane allampanato di belle speranze che forse ieri ha vissuto la sua “peggior giornata sportiva”. Lui è l’artefice principale del “decesso sportivo“. Prima due entrate consecutive assurde causano la prima grave ferita, nella seconda si lascia saltare come un birillo, nella terza non è in grado con la sua posizione di proteggere la vittima. Solo nella quarta ferita letale lui non ha responsabilità, ma ormai non c’era più nulla da fare.

Ed ecco il mandante, o meglio colui che questa volta non è stato in grado di seguire il paziente ed ha sbagliato la terapia iniziale, anzi più che sbagliato sottostimato secondo Poirot e la Brennan gli effetti collaterali.
Probabilmente molti medici avrebbero utilizzato la stessa terapia, ma ogni paziente risponde alle cure in modo diverso. Reinserire nella terapia un Thiaw e un Bennacer infatti doveva essere naturale perché questi due elementi sono stati il fulcro della difesa e del pensiero del passato. Anche togliere alcuni elementi della terapia onde evitare il sovradosaggio o l’abitudine (vedi la scala del cortisone o la resistenza agli antibiotici) inserendo Okafor, Chuku e Jovic era da considerarsi corretta prassi.
Ma il paziente si è trovato completamente fuori sincrono, perché i cambiamenti delle terapie devono avvenire gradualmente onde evitare gravi risposte negative.
E così il paziente si è ritrovato ad essere molto lento, con i riflessi appannati e senza capacità di pensiero favorendo il suo aggressore. Il doc ha capito gli errori ed ha cercato di rimediare tornando alla terapia che aveva reso il paziente vivace, reattivo e protagonista. 
Il paziente stava rispondendo bene, ma dottor Pioli non si accorgeva che nel frattempo una parte importante del corpo del paziente era aggredita da un avvelenamento lento, molto lento, ma fortemente aggressivo e provocatore. Eppure il maggiordomo arbitro aveva segnalato che qualche sintomo strano si stava manifestando. Ma sono pochi i medici che al primo sintomo strano trovano subito rimedio (quante volte avete visto il dottor House, chiamato a supporto della difesa, trovare subito la soluzione?).
Fatto sta che la supposta negligenza ha comportato che il paziente non avesse più gli adeguati anticorpi a seguito dell’espulsione dal suo organismo di Jovic. Eppure, nonostante il grave quadro clinico, il paziente continuava a reagire.
Ad un certo punto sembrava aver pareggiato la forza del suo aggressore e l’adrenalina, invece di consigliargli cautela, lo portava a cercare di sopraffare l’avversario.
E qui il medico o non ha voluto o non ha saputo farsi ascoltare e così il Milan nella sua voglia di rivalsa ha abbassato la guardia e lasciato di nuovo scoperte le sue aree più sensibili.
Purtroppo anche i grandi medici, e Pioli lo è, sbagliano, e a volte le conseguenze sono gravi come quello accaduto nella tiepida serata brianzola.