La partita di Barcellona non sembra aver scalfito le convinzioni di Pirlo. Per l’incontro sempre insidioso con l’Atalanta, il tecnico juventino sceglie quella che a questo punto si potrebbe quasi definire la sua formazione tipo, almeno per quanto riguarda il modo di concepire determinati ruoli. Cuadrado, dopo la parentesi di Champions League da ala destra, torna in quella posizione di terzino destro che sembra ormai essere diventata la sua collocazione definitiva o almeno la principale. A sinistra va Danilo, con la coppia centrale Bonucci - De Ligt a completare la linea difensiva.

In mezzo al campo Pirlo sceglie Arthur. Al regista brasiliano il compito di agevolare l’uscita del pallone dalla difesa, eludendo la prevedibile aggressione alta dei bergamaschi. Al suo fianco Bentancur, per contrastare la solita intensità dei centrocampisti atalantini. Chiesa torna ad agire sulla scomoda fascia sinistra, mentre McKennie viene di nuovo schierato in quella posizione ibrida tra la fascia destra e la trequarti, in un ruolo su cui Pirlo sembra scommettere molto ma nel quale forse le doti migliori dell’americano non vengono adeguatamente valorizzate. In attacco Morata, dopo la panchina di Genova, si riprende il suo posto al fianco di Ronaldo. In panchina, dopo la squalifica rimediata per l’espulsione nel derby, torna Pinsoglio. Con lui torna anche l’incitamento per la squadra.

L’Atalanta è reduce dalle convincenti vittorie di Amsterdam e contro la Fiorentina che probabilmente hanno messo la parola fine ad un periodo non troppo entusiasmante per la squadra di Gasperini. La straripante fisicità che la squadra riusciva a mettere in campo tra la fine della scorsa stagione e l’inizio di questa non si vede da qualche partita, rimane comunque un’avversaria molto pericolosa. Assente Ilicic, Gomez parte dalla panchina dove si accomoda cantando “storia di un grande amore” probabilmente trascinato dal carisma di Pinsoglio. Alle spalle di Zapata agiranno Pessina e Malinovsky. Hateboer e Gosens sulle fasce e Freuler - De Roon in mediana compongono il centrocampo d’assalto dei nerazzurri.

La partita inizia con una punizione tirata altissima da Malinovsky. La prima vera occasione è però per la Juventus. Morata sfrutta un’indecisione di Romero, recupera il pallone e dalla sinistra mette un invitante cross rasoterra per Ronaldo che, in una dinamica molto simile al primo gol che segnò bruciando Barzagli in quello Juventus - Real Madrid reso celebre dalla rovesciata, anticipa Palomino e Gollini ma spreca la favorevole occasione calciando anche lui altissimo da ottima posizione.
Pochi minuti più tardi la Juventus sciupa un’occasione ancora più grande. L’ottimo McKennie conferma il suo eccellente periodo di forma e strappa un pallone a metà campo a Pessina. L’Atalanta è sbilanciata, la Juve ha lo spazio per colpire. L’americano lancia in porta Morata liberissimo. L’attaccante spagnolo si presenta davanti a Gollini insieme a Ronaldo. Il gol sembra quasi una formalità. Morata rinuncia al tiro e sceglie di servire il compagno liberissimo. Gli esce però un pallone lento e arretrato rispetto alla linea di corsa di Ronaldo. Il tocco sbagliato agevola il recupero di Djimsiti. Il peggio però deve ancora accadere. Il rimpallo favorisce di nuovo Morata fornendogli un pallone da spingere in rete a porta vuota. Lo spagnolo pur di non segnare si inventa un grottesco colpo di tacco, manca l’impatto pieno col pallone toccandolo quel poco che basta a farlo rotolare lentamente sul fondo. Il tifoso davanti alla tv assiste attonito alla scena. Non interviene neppure la bandierina del guardalinee a segnalare un fuorigioco che in questo caso sarebbe stato accolto con gioia sia dai tifosi che soprattutto da Morata.  

Dopo queste due enormi occasioni per la Juventus la partita si riequilibra. Le difese sembrano prendere il sopravvento sugli attacchi. De Ligt sovrasta Zapata, Ronaldo non si riprenderà mai dall’errore dei primi minuti avvitandosi su una partita che con il passare dei minuti diventerà pessima. A metà del primo tempo, Romero con un’entrata durissima elimina Arthur, fin lì positivo, dalla partita. Entra Rabiot al suo posto.
Nonostante l’Atalanta conceda spazi per giocare, la Juventus produce il solito sterile giro palla difensivo e la solita trama fatta di passaggini fini a stessi che cercano sempre in Cuadrado il motivo risolutore. Il colombiano però questa volta fornisce una prestazione a corrente alternata, alcune buone giocate in mezzo a tanti errori.

Il gol arriva alla mezz'ora, quasi inaspettato. Bentancur alimenta la sua collezione di intercetti e palle recuperate arrivando per primo su un passaggio sbagliato di Palomino. Serve Chiesa, venuto dentro al campo a prendersi il primo pallone giocabile di una partita che fin lì lo aveva visto relegato ai margini, su quella fascia sinistra con la quale sembra non riuscire a trovare un’intesa. Il taglio dentro l’area di Ronaldo crea uno spazio nel quale Chiesa si lancia e all’altezza della lunetta scaglia un destro tagliato che termina la sua corsa sotto la traversa, molto vicino all’incrocio dei pali. Un gol che abbiamo visto segnare tante volte a suo padre Enrico.

Il gol come da troppi anni succede ha quasi un effetto soporifero sulla Juventus, sempre alle prese con l’eterno e mai risolto dilemma se continuare a giocare per segnare ancora oppure gestire la palla. Va in scena una serie insopportabile di errori superficiali e palloni inutilmente regalati, sui quali l’Atalanta rischia di costruire occasioni pericolose. Su una di queste Zapata, spalla a spalla con Bonucci, si presenta davanti a Szczesny, bravissimo con il piede ad alzare la palla oltre la traversa. Le telecamere regalano un’inquadratura del rammarico di Gasperini, personaggio verso il quale non riesco mai a reprimere quel forte sentimento di antipatia che nutro nei suoi confronti.
Il primo tempo si conclude con una punizione di Malinovsky ben parata da Szczesny.
Nessun cambio alla ripresa e, come nel primo tempo, è subito la Juventus ad avere un’occasione enorme con Morata, lanciato in campo aperto da una giocata pregevole di McKennie sulla sinistra. Lo spagnolo però a tu per tu con Gollini non ha la lucidità necessaria in queste occasioni e spara un missile sul naso del portiere che resta a terra tramortito per qualche minuto. L’occasione più importante della partita sfuma, evidenziando il pomeriggio particolare di Morata. Tanto importante sulle palle in uscita dalla difesa, quanto impreciso e superficiale al momento di concretizzare le occasioni. Capitano anche queste giornate.
De Roon abbatte Cuadrado lanciato in campo aperto con un'entrata durissima, il piede a martello direttamente sulla caviglia del colombiano. Sembrerebbe una situazione chiara da espulsione. L’arbitro Doveri, che ha ben diretto la gara, mostrando buona personalità, sceglie il cartellino giallo. In sala Var non muovono obiezioni. De Roon rimane in campo. Il sempre polemico Gasperini questa volta tace.

Arriva il primo cambio anche per i nerazzurri. Entra Papu Gomez al posto di Pessina. Personalmente avrei preferito che l’argentino continuasse a cantare in panchina assieme a Pinsoglio. Pochi minuti dopo il cambio arriva anche il pari dell’Atalanta. Su una palla uscita da un contrasto tra Gomez e Bentancur, Freuler ha la meglio su Rabiot, arrivato all’impatto con lo svizzero in punta di piedi e con troppa poca convinzione, lui che è un armadio e non dovrebbe soccombere a nessuno. Il centrocampista atalantino dal limite dell’area scaglia un destro violentissimo che supera Szczesny e va a morire sotto la traversa.
Il pari sembra, almeno per qualche minuto, svegliare un minimo la Juventus che, dopo l’occasione in avvio di ripresa con Morata, nonostante gli spazi concessi dal modo di giocare dell’Atalanta, si era nuovamente addormentata in una trama complessa di movimenti complicati e passaggini insignificanti. Quasi una rappresentazione in campo dell’espressione perennemente sul volto del suo allenatore, piatta e imperscrutabile.

Bentancur, dopo l’ennesimo pallone recuperato, decide di interrompere l’ingarbugliata tela e propone un cambio di gioco sulla sinistra dove Chiesa è pronto a ricevere la seconda palla giocabile della sua partita, entra in area con il primo controllo e, da dietro, subisce la carica di Hateboer. Doveri fischia il rigore. Gasperini sorride sarcastico. Il replay evidenzia il tocco con la gamba sinistra del terzino olandese su quella destra di Chiesa. Ronaldo è chiamato sul dischetto per la quinta volta nelle ultime tre partite. Stavolta la conclusione è in linea con la sua pessima partita. Apre un piatto destro molle e telefonato che Gollini blocca senza difficoltà. Capita anche questo purtroppo. L’insopportabile Gasperini sfoga tutta la sua gioia provocando l'arbitro, a suo parere dispiaciuto per la mancata trasformazione del rigore. Il giallo per il mister bergamasco, bravo allenatore ma pessimo individuo, è inevitabile e fin troppo generoso.
Ancora un grande occasione per la Juventus. Danilo entra dentro il campo, vede il taglio dell’ottimo McKennie che regala con un tacco pregevole un’altra palla gol a Morata. Lo spagnolo controlla male e calcia in precario equilibrio. Gollini, già a terra, è bravissimo a fermare con la mano quel pallone che lo stava scavalcando.

La partita della Juventus di fatto finisce qui. Pirlo dimentica di avere una panchina e quando tenta di cambiare qualcosa si perde nella banalità. Andrebbero tolti Cuadrado, Rabiot, entrato male e mai in partita, e soprattutto Ronaldo, un uomo in meno questo pomeriggio. L’allenatore bianconero, dopo infinita riflessione, opta per cambi meno clamorosi. Inserisce Alex Sandro per Chiesa quando manca un quarto d’ora, Cuadrado si alza sull’ala ma il suo rendimento non migliorerà. A cinque minuti dalla fine, dopo un travaglio interiore durato quasi tutto il secondo tempo, butta dentro Dybala al posto di Morata. Il coraggio evidentemente decide di riservarlo per un’altra occasione. Sembrano cambi fatti tanto per dare un segno della sua presenza in panchina ma queste scelte non produrranno niente.

Scampato il pericolo l’Atalanta sembra prendere il sopravvento. Non avrà la condizione atletica mostrata da luglio a ottobre, ma quello che ha è sufficiente per imporsi fisicamente su questa Juventus. Il solo Bentancur non sfigura al confronto con il fisico centrocampo bergamasco. In realtà molto utile è anche Mckennie, forse il migliore in campo, che però le cervellotiche disposizioni tattiche di mister Pirlo conducono più sulle fasce che in mezzo al campo, dove la sua energia e la sua forza sarebbero indispensabili. Rabiot gioca in punta di piedi. Qualche tocchetto, qualche recupero, qualche palla persa. Da uno con la sua struttura mi aspetto un impatto fisico devastante sulla partita, non i tocchetti. I contrasti e i rimpalli si risolvono tutti in favore dei nostri avversari che più volte vanno vicini al gol del vantaggio e quindi della vittoria. Prima è Gosens in acrobazia su cross di Hateboer a sfiorare il palo, qualche minuto più tardi è Romero, sugli sviluppi di un’azione da calcio d’angolo, a impegnare Szczesny con un pericoloso colpo di testa. La Juve assiste, incapace di venire fuori dall’area. I nostri giocatori sembrano impegnarsi al massimo per restituire il pallone agli avversari. Si assistono ad azioni grottesche e surreali con la palla continuamente ributtata dentro la nostra area. Pirlo, sempre imperscrutabile in panchina, osserva impassibile tutto ciò. A ridosso del fischio finale, dopo un tiro centrale di Danilo e una conclusione parata di Gomez, Ronaldo prova a cambiare la storia della sua giornata e della partita con un destro che termina la sua corsa di poco sopra la traversa.

Va in archivio l’ennesimo pareggio di questo campionato. Una collezione che, giornata dopo giornata, tiene la Juventus lontana dalla vetta della classifica nonostante un ritmo di marcia non particolarmente dominante delle nostre avversarie. Il tifoso altro non può fare che rimanere in fiduciosa attesa della manifestazione sul campo di queste innovative idee di gioco di Pirlo che, stando alle parole del Presidente, tanto hanno colpito in società. Personalmente continuo a ritenere il calcio un gioco più semplice di quello che si vuole raccontare. Un gioco dove per fare una squadra si comincia mettendo per prima cosa i giocatori migliori nei ruoli che meglio rispettano le loro caratteristiche. Non serve difendere a quattro e attaccare a tre, inventare meccanismi complicati, disegnare formazioni e moduli astrusi il cui tempo di assimilazione da parte della squadra potrebbe non valere il risultato che si cerca di ottenere.