“Per una volta che accade a voi…”

Juventus - Inter è finita così. La pessima serata di Irrati e del Var Mazzoleni è stata liquidata con la solita scusa che noi tifosi bianconeri siamo ormai abituati a sentirci rivolgere da parte di un “sentimento popolare” alimentato da una narrazione falsa e vigliacca che vuole la Juventus costantemente aiutata dal sistema arbitrale. Sono un’infinità le cosiddette “prime volte” che nella mia storia di tifoso ho ormai impresse nella memoria. A partire da quelle che più fanno male, perchè arrivate in sfide senza ritorno. Mi riferisco alla Champions League perduta a Monaco di Baviera anche grazie ai fischi sfortunati di Sandor Puhl, alla coppa lasciata ad Amsterdam per un gol in fuorigioco (con le regole di ogni epoca) segnato da Mijatovic, al rigore negato a Pogba a Berlino, alla rimonta di Madrid frustrata da un fischio infelice di un inglese pavido ed emaciato, allo scudetto affogato a Perugia, alle regole cambiate in corsa nell’anno che vide l’affermazione in campionato della Roma. 

Ci sarebbero poi quei tantissimi episodi accaduti in ambito italiano. Episodi che le frequenti cavalcate trionfali dei bianconeri hanno cancellato anche dalla memoria degli stessi tifosi. Gli errori di Irrati, sicuramente meno dolorosi di quelli sopracitati, arricchiscono una collezione di momenti sfavorevoli alla Juventus dei quali naturalmente nessuno ha più memoria. Presto archiviati dagli organi di informazione come situazioni che possono capitare su un campo di calcio, questi episodi vanno ad alimentare il grande mare delle prime volte bianconere.

“Per una volta che accade a voi…”

La perplessità è ancora più grande quando a parlare è la sponda nerazzurra di Milano. Quelli che si sono presi uno scudetto mai vinto e che, indossando un ridicolo smoking bianco, si sono proclamati senza alcuna ragione depositari della correttezza e dell’onestà. Loro sono quelli che a distanza di 24 anni citano ancora il (presunto) rigore negato a Ronaldo dimenticando di aver giocato quella stagione (e altre) con un giocatore in posizione di tesseramento non regolamentare. Sono quelli che, quando si lamentano dei torti subìti contro la Juventus, hanno memoria di un gol in fuorigioco segnato da Di Vaio in una semifinale di coppa Italia ma proprio non riescono a ricordare di aver vinto una Supercoppa a Torino anche grazie all’annullamento di una rete regolare di Trezeguet oppure faticano a ritrovare nella polvere della memoria quella buffa espulsione subìta da Van Der Sar, colpevole di aver toccato il pallone con il petto fuori dall’area di rigore (per la cronaca: persero comunque). Non si vergognano di niente. Segnano una rete con cinque uomini in fuorigioco e si offendono se qualcuno lo fa notare. Sono sempre pronti a presentarsi in tv per reclamare e accusare i vertici arbitrali ma scappano rabbiosi se gli si chiede un parere su un fallo clamoroso visto da chiunque tranne che da due arbitri seduti davanti alla tv. Loro hanno sempre ragione. Considerano i vantaggi ricevuti dagli errori arbitrali (rari nel loro mondo incantato) come un eterno risarcimento per quanto, a loro dire, sono stati costretti a subire negli anni. Sono belli, leali, sinceri e soprattutto, dall’alto della loro storia senza macchia, possono senza dubbio permettersi di dare lezioni di correttezza e comportamento a chiunque.

In ogni caso, l’immeritata sconfitta subìta contro l’Inter è finita in archivio insieme alle residue speranze di inserirsi nella lotta scudetto ancora coltivate da una piccola parte della tifoseria bianconera. La corsa della Juventus verso il quarto posto riparte dalla trasferta di Cagliari. Una partita tradizionalmente insidiosa, come ricordato dallo stesso Allegri nel corso della conferenza stampa della vigilia. Per una sfida che lo stesso tecnico bianconero ha dichiarato di aspettarsi tecnicamente brutta, la Juventus ritorna al suo abituale 442. Szczesny tra i pali, Danilo, De Ligt, Chiellini e Pellegrini compongono la linea difensiva. A centrocampo, Arthur e Zakaria agiranno nel mezzo, Cuadrado va a destra destra, mentre Rabiot, dopo l’ottima prova fornita contro l’Inter, torna su quella fascia sinistra sulla quale non sembra riuscire ad esprimere al meglio il suo potenziale. In avanti, squalificato Morata, tocca a Dybala e Vlahovic guidare l’assalto alla porta avversaria. In una situazione di classifica pericolosa, resa ancora più incerta dalla pesante sconfitta rimediata ad Udine, Mazzarri presenta il suo solito 352. Cragno; Carboni, Lovato, Altare; Bellanova, Deiola, Marin, Dalbert, Lykogiannis; Pavoletti, Joao Pedro; sono gli undici uomini scelti dal tecnico rossoblù per iniziare l’incontro. Il confronto tra le due formazioni pronte a sfidarsi sul campo dell’Unipol Domus non può non indicare un pronostico nettamente favorevole ai colori bianconeri.

Come accaduto pochissime volte nel corso della stagione, la partita viene trasmessa in diretta anche su Sky. Per una sera, dunque, nessun pensiero rivolto a connessioni internet, rotelline di caricamento e fastidiosi cali di risoluzione. Il tifoso davanti alla tv può addirittura godersi il 4K, privilegio al quale ormai non è più abituato.

Guidate dall’arbitro Chiffi, le squadre fanno il loro ingresso in campo. La Juventus si presenta sul terreno di gioco vestita con l’incomprensibile maglia gialla. I primi minuti di partita aiutano il tifoso a rendersi immediatamente conto di come la squadra di Allegri si muova sul prato con il solito sistema di gioco che vorrebbe essere fluido. Il consueto 442, inderogabile in fase di non possesso nelle idee di calcio dell’allenatore bianconero, si trasforma in un 352 quando la squadra manovra il pallone. In una rivisitazione appena meno estrema del fallimentare “modulo liquido” di Pirlo, la Juventus cerca in questa maniera di coprire l’intera ampiezza del campo, pareggiando dal punto di vista numerico gli uomini di Mazzarri.

In realtà, alla prova del campo, come ormai ampiamente dimostrato, questo sistema tattico non rappresenta altro che un’inutile complicazione in meccanismi di gioco già di per sé poco fluidi e per nulla rapidi. Con il Cagliari completamente rinchiuso all’interno della propria trequarti, la Juventus si esibisce in un palleggio lento e sterile, con il pallone che percorre, in maniera stanca, il campo in orizzontale, cercando una definizione attraverso le giocate di Cuadrado oppure di Dybala. 

Costretto fin dalle prime battute dell’incontro ad arretrare alla ricerca di palloni giocabili, l'argentino ormai messo alla porta non appare perfettamente concentrato sulla partita. Intorno al decimo minuto, gestendo un pallone a centrocampo, si addormenta sulla decisa pressione portata da Marin. Il centrocampista strappa la palla dai piedi di Dybala e avvia il contropiede sardo percorrendo mezzo campo praticamente indisturbato. Giunto al limite dell’area di rigore serve Joao Pedro, colpevolmente lasciato libero dalla difesa. Il brasiliano da poco naturalizzato italiano, ha il tempo di controllare e di piazzare con l’interno del destro il pallone sul palo più lontano, fuori dalla disponibilità di Szczesny. Il Cagliari si ritrova in vantaggio alla prima occasione. Per la Juventus comincia una partita di inseguimento.

Passata inaspettatamente a condurre nel punteggio, la squadra di Mazzarri, se possibile, si blinda ancora di più in difesa. La partita dei bianconeri appare adesso in ripida salita. Servirebbe una manovra più decisa, più veloce e maggiormente determinata nel portare con continuità pericoli dalle parti di Cragno. Servirebbe condurre dei veri attacchi dalle zone esterne del campo sfruttando le sovrapposizioni tra terzini e ali (se solo a sinistra avessimo una vera ala e non un centrocampista adattato in un ruolo che ha già dimostrato di soffrire).

La squadra di Allegri invece non riesce ad alzare il ritmo e a proporre iniziative efficaci, continuando a perdersi dentro un palleggio infinito che si spegne ai limiti dell’area avversaria. Pesa l’assenza Morata. La fascia sinistra, affidata al solo Pellegrini, rimane terreno inesplorato per buona parte del primo tempo. Avanza netta la sensazione che manchi un elemento alla fase offensiva, mentre appare evidente come il centrocampo schierato con Arthur regista e due elementi di quantità impiegati da mezze ali, non possa portare alla squadra la qualità e il ritmo di gioco necessari per scardinare una squadra modesta ma che si difende con ordine e compattezza.

Come previsto da Allegri, la partita è brutta. Non si può però fare a meno di notare come anche il tecnico abbia messo molto del suo per far sì che si avverasse questa previsione. Danilo resta bloccato dietro in fase di possesso per partecipare ad una costruzione che, appesantita da tanti ingranaggi superflui, si risolve in una lunga serie di tocchi corti e banali. Con Dybala in costante arretramento per cercare palloni giocabili, risulta evidente la solitudine di Vlahovic, costretto all’ormai solita partita di lotta contro un marcatore, in questo caso Lovato, libero di mettergli costantemente le mani addosso senza mai incorrere nel fischio dell’arbitro.

Un tiro cross di Danilo contenuto agevolmente da Cragno e un sinistro a giro di Dybala, finito abbondantemente fuori dai pali, rappresentano la produzione offensiva dei bianconeri in questi primi sconcertanti venti minuti di gara. Il ristretto gruppo di ascolto raccolto davanti alla tv manifesta i primi segni di nervosismo per una squadra che continua ad avvolgersi su se stessa.
“Dybala non c’è con la testa”
“Dobbiamo giocare con maggiore velocità”
“Basta con questi passaggi orizzontali o indietro”

Mentre l’umore del tifoso inizia a tendere al nero, la Juventus quasi all’improvviso trova il pareggio. Dybala dal vertice destro dell’area impegna Cragno con un cross teso, respinto con qualche difficoltà dal portiere. Il pallone viene raccolto da Pellegrini che, alla prima giocata della sua partita, con un diagonale sinistro trova la porta. Il giovane terzino non esulta per rispetto nei confronti della sua vecchia squadra. Il replay evidenzia una deviazione fortuita di Rabiot, determinante per mettere fuori gioco Cragno. Il tifoso davanti alla tv incautamente tira un sospiro di sollievo, scambiando qualche battuta circa il giocatore cui attribuire la paternità della rete. In sala Var, intanto, gli arbitri addetti ai monitor setacciano minuziosamente l’azione alla ricerca di un’irregolarità. Alla fine la trovano. Il pallone calciato da Pellegrini ha colpito il gomito di Rabiot. Non conta nulla il fatto che il francese abbia fatto il massimo possibile per evitare di intercettare il tiro e che la posizione delle braccia, attaccate al corpo, fosse congrua al suo movimento. Una stupidissima regola, imposta da chi probabilmente non ha mai calciato neppure una lattina per strada, stabilisce infatti che qualsiasi tocco con la mano in prossimità della realizzazione di una rete determini l’annullamento della stessa. Viene dunque in questo caso punito un intervento che in nessun’altra circostanza sarebbe stato sanzionato con il fallo. 

L’annullamento del gol da parte di Chiffi accende il nervosismo di una squadra già poco serena dopo la recente partita contro l’Inter. Mentre Chiellini chiede e alla fine accetta le spiegazioni del direttore di gara, Perin e Pinsoglio a bordo campo discutono con il quarto uomo. Da alcune inquadrature la palla sembra toccare la schiena di Rabiot mentre da altre appare evidente il tocco con il gomito. A differenza di quanto accaduto sui due campi torinesi nelle ultime settimane, questa volta il Var è rapidamente riuscito a trovare le immagini giuste. La regolarità del campionato viene salvaguardata dall’intervento di uno strumento che inizia pericolosamente a ricordare il “moviolone” del compianto Aldo Biscardi.

La partita continua a scorrere sul binario percorso fin dai primi minuti. Il Cagliari, raccolto a protezione della propria area, si difende ricorrendo anche a diversi falli e a qualche perdita di tempo. La Juventus continua a cercare in maniera poco lucida e per niente efficace di aprire una breccia nel muro rossoblù. Le poche occasioni nascono da iniziative individuali. Dybala su punizione manca la porta per pochi centimetri. Rabiot, servito da Vlahovic, calcia alto dall’interno dell’area. Cuadrado dalla distanza chiama Cragno alla deviazione in angolo. Sugli sviluppi del tiro dalla bandierina, battuto corto, arriva il gol del pareggio. Cuadrado dalla sinistra punta e salta Marin, quindi con un tocco morbido trova De Ligt all’altezza del secondo palo. Il difensore olandese di testa è freddo nel piazzare la palla verso l’angolo più lontano. Cragno rimane immobile. Questa volta la ricerca di una qualche irregolarità da parte degli arbitri al Var si rivela infruttuosa. La Juventus riequilibra l’incontro allo scadere del primo tempo.

I tanti dubbi sulla prestazione offerta dalla squadra di Allegri si inseguono durante il quarto d’ora di riposo. Desta molta perplessità l’ostinata insistenza con la quale il tecnico continua a proporre un sistema di gioco che la prova del campo, nel corso di una stagione ormai prossima alla conclusione, ha inesorabilmente bocciato. L’assenza per squalifica di Morata priva la squadra di un elemento importante nel reparto offensivo, i potenziali sostituti, Bernardeschi e Kean, per una serie di motivi non sono ritenuti all’altezza oppure affidabili (intanto Kulusevski al Tottenham, liberato dall’incubo del calcio allegriano, continua a fornire gol, assist e buone prestazioni con disarmante regolarità) ma non si capisce perché, anche in partite contro avversari ampiamente alla portata, dalle scelte di Allegri non arrivino proposte differenti, almeno un minimo più coraggiose. Il tecnico invece, anche dopo prestazioni convincenti, torna sempre al punto di partenza. Al suo calcio di attesa e frammenti, a quel modulo ibrido che tanto gli piace, ad Arthur regista, a Rabiot esterno. Situazioni già viste e mai convincenti. Una rosa piegata ad un’idea di calcio basata su attesa e controllo, completamente affidata alle iniziative dei singoli. 

Trascorsi i quindici minuti di riposo senza che ci sia stato alcun intervento da parte dei due tecnici, l’arbitro Chiffi autorizza la ripresa dell’incontro. La Juventus prende stabilmente possesso della metà campo di un Cagliari che non sembra avere la forza di proporre iniziative in fase offensiva e si rende subito pericolosa con un lancio di Chiellini, apparso in verità piuttosto casuale, che smarca Dybala al limite dell’area di rigore. Il sinistro di controbalzo dell’attaccante si perde sopra la traversa. L’occasione iniziale rimane un episodio isolato. La manovra bianconera non trova mai la necessaria velocità, inquinata soprattutto negli ultimi metri da una serie di grossolani errori tecnici. Uno alla volta sbagliano praticamente tutti gli uomini vestiti con questa discutibile maglia gialla. Sbaglia Cuadrado. Sbaglia Dybala. Chiellini maltratta alla sua maniera un paio di palloni. In particolare, Dybala appare spento, lo sguardo vaga nel vuoto, la mente è rivolta chissà dove. Sicuramente lontano dalla Juventus. La squadra di Allegri, ingabbiata dentro un’opprimente staticità, fatica. Il tifoso scomodamente seduto davanti alla tv inizia a mostrare qualche segno di stanchezza e nervosismo. Continua a resistere la sensazione che alla squadra manchi un altro elemento nella fase offensiva. Allegri manda Kean e Bernardeschi a scaldarsi. Cerca un guizzo dalle poche risorse a disposizione in panchina.

I cambi però tardano quel tanto che basta per permettere a Dybala, uno dei maggiori indiziati alla sostituzione, di alzare il livello della sua prestazione. L’argentino si accende all’improvviso. Chiude una giocata pregevole con una verticalizzazione che libera in area Cuadrado. Il colombiano spreca tutto perdendosi in un dribbling di troppo e servendo il pallone nel vuoto. La Juventus sembra scuotersi. Comincia adesso a presentarsi con maggiore continuità davanti a Cragno. Vlahovic, innescato da Rabiot, calcia sull’esterno della rete. Cuadrado con il destro in diagonale sfiora il palo più lontano.

Bernardeschi rileva Rabiot. La Juventus abbandona finalmente il modulo fluido stabilizzandosi su un più razionale 4231. Sull’asse verticale formato da Dybala e Vlahovic, la squadra di Allegri mostra la sua pericolosità. Poco prima della mezz’ora il centravanti serbo, servito da un tocco profondo del numero dieci, liberatosi dalla marcatura di Lovato e Bellanova, impegna Cragno in una complicata parata a terra. E’ la prova generale di un gol che arriva due minuti più tardi, intorno alla mezz’ora. Cuadrado serve Dybala tra le linee nemiche, all’altezza della trequarti. L’argentino trova un corridoio verticale nel quale lanciare Vlahovic che di forza vince il contrasto con Altare e spedisce il pallone in rete. La Juventus passa a condurre. Vlahovic e Dybala celebrano il gol con un lungo abbraccio mentre il tifoso davanti alla tv, prima di esultare, aspetta il via libera da parte della sala Var.

La partita riprende. La sensazione comunque è che la parte più complicata della serata sia stata risolta. Il Cagliari nel corso della gara non è quasi mai riuscito a superare la metà campo e non sembra avere in questo finale la forza per proporsi in attacco in maniera convincente. Mazzarri manda in campo Keita Balde nel tentativo di forzare il destino di un risultato che sembra ormai acquisito. Gli lascia il campo Deiola. Il mondo rimane come era prima. Allegri toglie Dybala e inserisce Kean.

L’apprezzabile iniziativa di Sky di favorire il ritorno ad una telecronaca meno incalzante e maggiormente al servizio della partita, limitando l’intervento della seconda voce adesso non più allo stadio con il telecronista, viene in parte minata dalla frequenza che pare eccessiva con la quale la regia apre il collegamento con lo studio da dove Marocchi, con l’aiuto dell’ormai famigerato “sky tech” (la cui utilità è ben lontana dall’essere compresa), spiega alcune dinamiche del gioco. Con la partita in pieno svolgimento se ne potrebbe fare volentieri a meno. 

Con la Juventus in vantaggio a pochi minuti dal fischio finale, Allegri non resiste alla tentazione di inserire un altro difensore. Manda in campo Bonucci al posto di Cuadrado e, nonostante il Cagliari non sembri avere alcuna freccia per impensierire i bianconeri, si dispone con un copertissimo 541. Sembra non poterne fare a meno il nostro tecnico di rinchiudere la squadra dentro la propria area nei minuti finali. Il Cagliari adesso viene quasi costretto a giocare le ultime fasi della partita a ridosso dell’area bianconera. La pochezza della squadra sarda permette al tifoso che fatica a comprendere la scelta di Allegri di arretrare anche senza la spinta dell’avversario, di trascorrere con una certa serenità i momenti conclusivi della partita. I padroni di casa tentano di alzare qualche pallone in area senza neppure troppa convinzione. I bianconeri si rifugiano appena possono agli angoli del campo. Qualche perdita di tempo. Mazzarri, che finchè il risultato è rimasto in parità non badava troppo ai secondi impiegati dai suoi ragazzi per riprendere il gioco, adesso mostra platealmente l’orologio. I quattro minuti di recupero si consumano senza alcuna emozione. Kean guadagna una rimessa laterale in zona offensiva. Gli ultimi trenta secondi scorrono via. Chiffi fischia tre volte. 

La Juventus esce dalla trasferta sarda con tre punti fondamentali per rilanciare la corsa verso il quarto posto al termine di una partita non particolarmente brillante, poco piacevole, a tratti perfino noiosa. Una partita che sicuramente non ricorderemo nel tempo. Una partita che sembra ricalcare però l’idea di calcio del nostro allenatore, ormai impantanato in una sbagliata battaglia di principio che non ha alcuna ragione di esistere e che rischia seriamente di minare il percorso di ricostruzione della squadra bianconera. L’eventuale conquista del quarto posto, assolutamente l’obiettivo minimo, non potrà far passare in secondo piano le difficoltà che la squadra incontra nel proporre una manovra efficace contro qualsiasi avversario. Paradossalmente le prestazioni peggiori offerte dalla squadra di Allegri, nel corso di una stagione che non può, visto anche il livello delle contendenti allo scudetto, non essere considerata negativa, sono arrivate contro formazioni ampiamente alla portata. La Juventus sembra adattarsi al livello dell’avversaria di turno e scende in campo per una partita mirata prima di tutto a non concedere occasioni ai rivali. Ne vengono fuori spettacoli spesso tristi e noiosi, capaci di tenere in apprensione i tifosi anche contro squadre improponibili come Spezia, Salernitana, Cagliari, Genoa ecc…

Tre uomini dietro, due terzini deputati alla funzione di ali, un paio di mediani, attaccanti abbandonati al proprio destino. Questa in estrema sintesi è la Juventus di Allegri. Il tecnico racconta di basi importanti poste per la ricostruzione della squadra. Speriamo abbia ragione lui. Il campo rimanda a sensazioni differenti.