Il sentiero che conduce verso un piazzamento valido per accedere alla prossima Champions League, passa attraverso la difficilissima trasferta di Bergamo, resa un filo meno complicata dall’assenza del caldo pubblico atalantino. La Juventus di Pirlo è chiamata a dare seguito alle due recenti vittorie contro Napoli e Genoa e ad avviare finalmente quella serie di successi consecutivi attesa invano da tutti i tifosi fin da inizio stagione. La settimana di allenamenti scorre serena e senza intoppi fino alla conferenza stampa della vigilia della partita, quando Pirlo annuncia l’assenza di Cristiano Ronaldo dalla lista dei convocati. Un risentimento muscolare toglie alla Juventus il capocannoniere della serie A, proprio nella partita che potrebbe essere decisiva per indirizzare le sorti della volata agli ultimi tre piazzamenti utili rimasti in palio. 

Non ci sarà dunque il portoghese, ormai indigesto ad una parte rilevante della tifoseria, che lo accusa di fagocitare l’intero gioco offensivo e di assoggettare le necessità della squadra a quelle personali. Ronaldo paga un malumore inasprito dalla non buona riuscita avuta dalla Juventus nelle ultime tre edizioni della competizione più importante. Il suo arrivo aveva acceso, forse anche oltre il limite della ragione, gli entusiasmi e le ambizioni di quel “popolo virtuale” che si esprime attraverso i social e che si illudeva di avere finalmente a portata di mano quel trofeo tanto desiderato. Un popolo imbeccato astutamente da quei mezzi di informazione e da quegli ex giornalisti, ormai tenuti lontani dall’oblio solo attraverso la comunicazione social in chiave anti juventina, che pretendevano di far passare quello che fu un acquisto di impatto straordinario nel mondo, come il tentativo ultimo e definitivo della Juventus di tornare a sedersi sul trono d’Europa. Secondo questa corrente di pensiero bisogna quindi credere che Andrea Agnelli e uno dei gruppi imprenditoriali più solidi e importanti nel mondo, con la benedizione di John Elkann, abbiano investito una cifra che supera i trecento milioni per vincere una coppa bella, importante e difficile, inevitabilmente legata anche a fattori aleatori, come le recenti sfide valide per i quarti di finale hanno dimostrato. Ovviamente non può essere così. Dietro l’acquisto di Ronaldo ci sono prima di tutto fattori di crescita del marchio Juventus nel mondo, ma ormai la strada è stata tracciata. Un popolo disunito e paradossalmente incattivito da tanti anni di vittorie mai coronati dalla conquista della coppa più desiderata, ha quindi, almeno in parte, scaricato il suo fuoriclasse che, al momento dell’arrivo in bianconero, tanto li aveva fatti vantare con gli amici immaginari che popolano i vari social. L’augurio è che questa stagione senza vittorie di rilievo possa almeno contribuire a sfoltire una schiera di “tifosi” sempre  fin troppo numerosa.

Toccherà quindi alla coppia Morata - Dybala, sul quale incombe il forte dubbio della tenuta fisica per tutti i novanta minuti, portare l’assalto all’Atalanta, in una sfida che Pirlo sceglie di affrontare con il suo solito 442 “liquido” dal quale a quanto sembra non è intenzionato a separarsi. Davanti alla porta difesa da Szczesny, l’allenatore bianconero schiera quindi Cuadrado come terzino destro, De Ligt e Chiellini centrali, con Alex Sandro a chiudere la linea difensiva sulla sinistra. Resta fuori a sorpresa Danilo, alle prese con un improvviso problema al piede di cui non si conosce esattamente l’entità. In mezzo al campo conferma per Bentancur e Rabiot, la coppia che per caratteristiche probabilmente si combina meglio nel centrocampo a due che tanto piace al nostro mister. Chiesa partirà come al solito da sinistra, mentre nella botola nascosta tra la fascia destra e la trequarti questa volta finisce McKennie. Bonucci, smaltita l'infezione da coronavirus, torna disponibile almeno per la panchina, da dove, assieme al solito Pinsoglio, sosterrà i compagni. 

L’Atalanta di Gasperini risponde con quella che, al netto dell’assenza per squalifica di Romero, potrebbe essere considerata la sua formazione tipo. Davanti alla porta difesa da Gollini, la linea difensiva a tre è composta da Toloi, Djimsiti e Palomino. In mezzo al campo come al solito agiranno Freuler e De Roon, mentre le due fasce saranno presidiate da Maehle a destra e Gosens, del quale si parla tanto in ottica Juventus per la prossima stagione, a sinistra. In avanti la coppia offensiva formata da Zapata e Muriel, che si presenta come una delle più in forma e meglio assortite di tutta la serie A, sarà supportata da Pessina, chiamato a muoversi sulla trequarti.

Sotto una pioggia battente le squadre, vestite dei colori tradizionali, si schierano sul prato del Gewiss Stadium. Assolte le formalità di rito, l’arbitro Orsato fischia il calcio d’inizio. Come prevedibile la partita viaggia fin da subito ad alti ritmi. La Juventus parte bene. La squadra sembra avere gambe ed energia per mantenere le giuste distanze e i corretti equilibri che favoriscono la circolazione del pallone. Dybala scende spesso, forse troppo, ad offrire un tocco di qualità all'inizio della manovra. Morata rimane l’unico riferimento offensivo, supportato dai frequenti tagli di McKennie verso l'area di rigore. Il gioco della Juventus, come quasi sempre accade, passa prevalentemente lungo la fascia destra con le iniziative continue di Cuadrado. Pur senza particolari occasioni da rete, la partita scorre veloce e piacevole, favorita anche da un Orsato che fischia il giusto, evitando interruzioni continue. 
E’ Cuadrado, poco prima del quindicesimo minuto, dopo un veloce triangolo con Dybala, a presentarsi in area, disorientare Gosens con un  paio di rapidissime finte e poi calciare verso il centro dell’area alla ricerca di una deviazione favorevole. Il pallone incontra invece l’intervento deciso di Djimsiti che in scivolata si oppone al cross. Ancora la Juventus va alla conclusione con Chiesa, da fuori area, dopo una rapida ripartenza avviata da Morata e rifinita da Cuadrado. Il tiro dell’ala bianconera, da posizione centrale, sfila abbondantemente a lato senza impensierire troppo Gollini.
Non si registrano particolari occasioni da gol. Va in scena una partita in cui le difese prendono il sopravvento sugli attacchi. L’Atalanta si affaccia per la prima volta nell’area di Szczesny soltanto nella parte centrale del primo tempo. Con Zapata e Muriel sempre ben controllati da Chiellini e De Ligt, tocca quindi a Pessina, liberato da una serie di rimpalli tra Muriel e Chiellini, tentare il primo tiro in porta della partita per la squadra di Gasperini. La conclusione del centrocampista, da favorevole posizione, trova l’opposizione in angolo da parte di De Ligt.

La Juventus sembra reggere bene il vigore atletico tipico della squadra bergamasca, ricorre meno del solito alla costruzione esasperata dal basso e, quando non è possibile manovrare da dietro, cerca direttamente Morata in verticale. Lo spagnolo in diverse occasioni riesce a mantenere il pallone e a lavorarlo per i compagni. Sempre più spesso dalla fascia sinistra Alex Sandro entra dentro il campo per agevolare l’uscita del pallone e l’avvio della manovra. L’occasione più importante di tutta la partita, per la Juventus, arriva proprio al termine di un’elaborata azione offensiva, nella quale praticamente tutti i giocatori di Pirlo partecipano al palleggio. Il solito spunto e il successivo cross di Cuadrado danno significato ad una ricca ragnatela di passaggi. Il lancio del colombiano all’altezza del secondo palo viene raccolto da Maehle. Il terzino belga, pressato da Chiesa, commette un’ingenuità tentando un controllo difficile in piena area di rigore, subendo il ritorno dell’ala juventina. Il tocco di Chiesa favorisce Morata, al vertice dell’area piccola. Davanti a sé soltanto Palomino e Gollini, in azione difensiva quasi disperata. Lo spagnolo ha la lucidità per saltare con una finta il difensore ma poi, solo davanti al portiere, invece di concludere di forza, lascia partire un incerto pallonetto che scavalca Gollini ma è troppo lento per entrare in rete. Il pallone viene allontanato poco prima della linea di porta da Djimsiti, bravo nell’occasione ad anticipare McKennie. Si affacciano i primi fantasmi. Occasioni del genere, su un campo così difficile, in una partita tanto importante, vanno sfruttate. Morata si è invece perso in un ricamo non necessario. Avanza l’ombra che accompagna questa squadra fin dall’inizio della stagione. Una certa difficoltà a trovare la via della rete. Tolti Ronaldo, soprattutto, e Chiesa, le vere costanti in fase realizzativa di quest'anno, manca qualcuno che abbia la determinazione di cercare la conclusione verso la porta. Dybala, pur offrendo alla manovra un contributo di qualità, si sacrifica in un gioco troppo dispendioso per la sua condizione fisica attuale e che, soprattutto, lo tiene molto lontano dalla porta e da quella zona di campo dove il suo sinistro potrebbe davvero fare la differenza.
Il ritmo resta alto, si alza anche il livello dello scontro fisico. De Roon picchia tutti. In particolare la squadra di Gasperini riserva un trattamento speciale per Dybala, troppo spesso assalito direttamente sulla figura anche dopo aver scaricato il pallone. Orsato preferisce come al solito lasciar giocare ma forse sarebbe stato opportuno ricorrere ad un paio di ammonizioni. Occasioni da rete se ne vedono sempre poche e principalmente di marca bianconera. Un’incursione di McKennie in area crea una potenziale opportunità per la squadra di Pirlo. E’ Gosens a chiudere in angolo l’avanzata dell’americano, ormai arrivato ad un passo da Gollini. Prima della fine del tempo, Chiesa, libero al centro dell’area, non sfrutta l’invito di Cuadrado dalla destra facendosi respingere la conclusione dalla scivolata di Maehle.

Finisce un primo tempo che ha viaggiato sempre sul filo di un grande equilibrio. Le due occasioni migliori sono capitate alla Juventus ma l’Atalanta ha sempre dato la sensazione di essere dentro la partita. Un sostanziale equilibrio anche nel confronto a centrocampo, con le due rispettive coppie mediane apparse convincenti e ben calate nella sfida. I soliti messaggi rilanciati dalle varie chat di whatsapp accompagnano come sempre l’intervallo. Alla generale timida soddisfazione per una squadra che ha saputo reggere bene il confronto contro una delle formazioni più in forma e pericolose del campionato, fanno da contraltare però i fantasmi di una manovra offensiva pulita, anche al netto di alcune tempistiche di passaggio sbagliate, ma che non ha prodotto il gol del vantaggio che la Juventus avrebbe forse meritato. Come sempre avanza anche il dubbio, ormai storico, se la squadra riuscirà a mantenere l’alto livello atletico esibito nel corso del primo tempo. Le chiavi di una possibile vittoria vengono individuate nella resistenza agli alti ritmi e nella lucidità nelle scelte nei momenti decisivi che eventualmente si presenteranno. Ulteriore motivo di preoccupazione, per il tifoso bianconero davanti alla tv, è portato anche da nuvole minacciose che daranno vita di lì a poco ad un discreto temporale. Per fortuna il segnale satellitare terrà bene, consentendo la completa visione della partita fino al termine.

Al ritorno in campo, i padroni di casa si presentano con una novità importante. Resta negli spogliatoi un Pessina apparso sotto tono, forse anche a causa dell’infezione da coronavirus smaltita in settimana. Al suo posto entra in campo Pasalic. Come spesso accade, la Juventus nel secondo tempo esibisce un passo diverso. La squadra cala sotto il profilo dell’intensità. Le distanze tra gli uomini in campo si fanno più incerte e, pur non andando mai in affanno, il possesso palla della formazione bianconera assume un tono maggiormente conservativo. Aumentano i passaggi indietro e ricompare quella pericolosa manovra all’interno della nostra area, con Szczesny che in paio di circostanze si prende il rischio di dribblare l’attaccante avversario. Morata sparisce dal campo, mentre scende di livello la prestazione di Dybala, apparso a corto di fiato fin dall’avvio della ripresa. L’argentino ha speso troppo, giocando il primo tempo a tutto campo senza avere ancora nelle gambe le energie necessarie. Forse sarebbe stato più prudente permettergli di agire nei pressi dell’area avversaria. Lascerà la partita senza tiri all'attivo verso la porta di Gollini. 
Dopo un’ora di gioco, Pirlo è costretto a togliere Chiesa, che si ferma dopo uno scatto toccandosi il muscolo della coscia. Entra in campo Danilo, il cui problema fisico non era per fortuna così grave da escluderlo del tutto dalla sfida. Cuadrado si alza a centrocampo. Senza Chiesa la Juventus perde la seconda costante della stagione in fatto di marcature. Si fa sempre più forte la sensazione che un pareggio è il massimo che la squadra bianconera potrà strappare nel pomeriggio bergamasco.

L’Atalanta inizia a presentarsi con maggiore convinzione nei pressi dell’area avversaria. Muriel, servito da Pasalic, dalla sinistra si accentra, punta Cuadrado e lascia partire un destro che supera la porta, non troppo distante dall’incrocio dei pali. E’ questa la prima e unica giocata dell’attaccante colombiano in tutta la partita. Cancellato da De Ligt, Gasperini lo richiama in panchina a metà tempo, sostituendolo con Ilicic. Nello stesso momento, Dybala, ormai sparito dalla partita, esaurisce anche le residue riserve di energia ed è costretto a lasciare il campo. Al suo posto entra Kulusevski. Le due sostituzioni sono come sempre accompagnata da un fastidioso spot di una Volvo elettrica. Lo svedese andrà a percorrere le stesse orme lasciate sul prato da Dybala. Lo farà senza particolare efficacia, costantemente soffocato dalle continue discese di Cuadrado che rimane il principale creatore di gioco della squadra. La Juventus, in fase d’attacco, è pesantemente sbilanciata sulla destra. Kulusevski più che un aiuto si rivela un ulteriore ostacolo all’azione del colombiano, contribuendo ad intasare la sua zona di azione. Pirlo assiste impassibile ai suoi giocatori che quasi si ammassano uno sull’altro, provocando un sovraffollamento sulla corsia di destra e lasciando deserta la zona sinistra del campo, dove il solo Alex Sandro prova sporadicamente a proporsi in appoggio. Forse si sarebbe potuto allargare Kulusevski sulla fascia sinistra, schierando un vero 433 (o 451) in modo da liberare la strada alle continue avanzate di Cuadrado e magari offrire al centrocampista svedese la possibilità di rendersi pericoloso giocando sul suo piede preferito. Sicuramente sarebbe cambiato poco, ma vedere la squadra giocare l’ultima parte di gara in una maniera palesemente improduttiva, senza tentare nemmeno di cambiare le carte in tavola, non depone certamente a favore del suo allenatore.
L’ingresso di Ilicic porta subito la migliore occasione della partita per la sua squadra. Lo sloveno lavora il pallone sulla fascia destra. Dal vertice dell’area lascia partire un cross perfetto che cade tra la linea dell’area piccola e il dischetto del rigore. Zapata sfrutta il suo strapotere fisico per sovrastare Danilo e impattare di testa verso la porta. La palla scivola fuori, ad un soffio dal palo, con Szczesny ormai battuto.
Gasperini sente di poter vincere la partita. Toglie dal campo Maehle e lancia nella mischia il sinistro velenoso di Malinovsky. Difesa a quattro con Toloi e Gosens esterni e il nuovo entrato a supportare, insieme ad Ilic, Zapata. La Juventus, per la prima volta nel secondo tempo, si presenta dalle parti di Gollini alla mezz’ora. Una rapida ripartenza di McKennie, viene rifinita da Kulusevski, che dal vertice destro dell’area trova Morata sul secondo palo. La conclusione di piatto destro dell’attaccante spagnolo, da posizione defilata, trova pronto Gollini alla deviazione in angolo. Dai calci d’angolo la Juventus, come al solito, non ricava nulla. La sensazione è che si butti una palla in mezzo all’area sperando nella deviazione vincente. Non si vede un blocco oppure un movimento in area a liberare il miglior saltatore che lasci pensare a situazioni preparate in allenamento. Come per i contropiedi, l’impressione è che si improvvisi molto.

L’ultima mossa di Pirlo toglie McKennie dal campo. Autore di una buona prestazione ma evidentemente non ancora al meglio a causa dei continui problemi fisici che lo stanno tormentando dallo scorso inverno, l’americano lascia il posto ad Arthur che subito dimostra di avere gambette troppo corte e passo troppo breve per partite così fisiche e tirate. Il brasiliano si accartoccia un paio di volte nelle sue inutili piroette regalando palla agli avversari.
La partita entra nei minuti finali continuando a viaggiare su binari di grande equilibrio. La sensazione è che il pareggio a questo punto sia un risultato che potrebbe andar bene ad entrambe le contendenti. Appare chiaro che la Juventus difficilmente segnerà. Non tirando mai in porta è infatti estremamente improbabile che un eventuale episodio decisivo possa volgere a nostro favore. E infatti premia l’Atalanta. La partita si decide a ridosso del novantesimo. Malinovsky scalda il sinistro direttamente da calcio di punizione, costringendo Szczesny alla deviazione in calcio d’angolo con un intervento importante che va a togliere il pallone dall’incrocio dei pali. Sugli sviluppi del tiro dalla bandierina, ancora il centrocampista ucraino, lasciato colpevolmente libero al limite dell’area, scaglia un sinistro violento che incontra la sfortunata deviazione di Alex Sandro e termina in rete spiazzando un incolpevole Szczesny. E’ un gol pesante perchè arriva quando il pareggio sembrava ormai sancito. E’ pesante perchè permette all’Atalanta di scavalcare in classifica la Juventus e di prendere un ulteriore vantaggio grazie agli scontri diretti. E’ pesante infine perchè punisce una squadra che è stata anche bene in campo ed ha giocato alla pari un confronto difficile, ma che per tutto il secondo tempo non è mai arrivata ad impensierire la porta di Gollini. Una squadra che non tira mai da fuori area e che sviluppa l’intera manovra offensiva sulla fascia destra, concretizzandola nella grande maggioranza delle situazioni con un cross di Cuadrado in area. E’ il colombiano tutto il gioco d’attacco di una Juventus che, da inizio stagione, a parte le iniziative individuali di Ronaldo e le accelerazioni di Chiesa, non si capisce come voglia trovare la via della rete. Che Pirlo, nell’elaborazione della sua “teoria liquida” abbia dimenticato questo dettaglio?
La Juve tenta la reazione, ma il tifoso bianconero davanti alla tv non ci crede più. La squadra di Pirlo riporta subito la partita nella metà campo avversaria ma non riesce a produrre altro che uno sterile possesso palla e un paio di traversoni buttati in area nella speranza di incontrare una deviazione fortunata. L’Atalanta gestisce in tranquillità i tre minuti di recupero concessi da Orsato. La partita si conclude. La Juventus subisce una sconfitta bruciante. Probabilmente la meno meritata tra quelle subite in questa triste stagione ma probabilmente la più pesante.

Dopo vent'anni la Juventus torna a perdere a Bergamo. Allora un gol di Ventola in contropiede, nel finale di partita, regalò alla Roma di Capello un pezzo importante di quello scudetto che i giallorossi conquistarono a fine stagione. Quest’anno il gol di Malinovsky mette il sentiero che conduce verso uno dei posti validi per l’accesso alla Champions League in ripida e dissestata salita.
Alle spalle di Pirlo, i fantasmi di Ferrara, Zaccheroni e Del Neri si agitano sempre più minacciosi ed inquietanti.