"Piedi da artista, inventiva da grande regista e senso del gol fanno di Rivera uno dei giganti di ogni epoca del calcio mondiale"

Per quasi vent'anni, il calcio italiano ha avuto uno dei suoi grandi protagonisti capace di diventare una vera bandiera del Milan. Gianni Rivera ha trascinato questi colori rossoneri verso l'alto in Europa e nel mondo con la vittoria della Coppa Intercontinentale. Un trequartista che a metà strada da centrocampo e attacco, ha imboccato le punte e si mise in mostra con le sue qualità tecniche straordinarie per smarcare i compagni. E considerato dai critici come uno dei più forti centrocampisti italiani del dopoguerra.

La diciassettessima ed ultima puntata della terza stagione di "Storie di calcio" la voglio dedicare a Gianni Rivera per tutti "il Golden Boy."

Nato a Valle San Bartolomeo in provincia di Alessandria il 18 agosto 1943, il giovane si trasferisce con i suoi genitori per sfuggire ai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale. Cresciuto nella centrale via Pastrengo, iniziò a calciare per la prima volta il pallone nell'Oratorio Don Bosco. Un giorno, il padre presentò a Giuseppe Cornara, il preparatore delle giovanili dell'Alessandria, questo promettente ragazzino. Rivera dimostrò le sue potenziali con le giovanili durante il torneo foderati e ad impressionarlo fu Silvio Piola che nel vedere la sontuosa prestazione del centrocampista disse:

 "Alla sua età, le cose che sa fare lui nemmeno le sognavo."

Franco Pedroni decise di dare una chance al giovane Rivera in un'amichevole contro l'AIK, con il centrocampista che ripagò questa grande opportunità con una rete segnata ai danni della squadra svedese. Nella stagione successiva, venne integrato in prima squadra che nel frattempo disputava il massimo campionato nazionale. Il debutto avvenne il 2 giugno 1959 contro l'Inter. Non potendo giocare, poichè non ancora sedicenne, la società piemontese aveva richiesto un'autorizzazione alla Federazione per schierarlo in campo. Il giorno dopo, Tuttosport (noto giornale sportivo) giudicò sufficiente al prestazione di Gianni Rivera.

L'allenatore dei Grigi, fece passaparola a Giuseppe Viani che gli fece sostenere un provino (superato a pieni voti) con Schiaffino e Linate. Intanto, l'ex interista Benito Lorenzi, indicò ai dirigenti nerazzurri di prendere in seria considerazione il predestinato Rivera, ma era troppo tardi perchè la sua scelta ricade sul Milan. In quello stesso periodo, i rossoneri ne acquisirono la comproprietà. L'acquisto definitivo di Rivera si aggirava intorno ai 65 milioni di lire più Migliavacca e il prestito di Sergio Bettini.

Per il centrocampista iniziava una lunga carriera di successi con il Milan destinato a durare (lo ripetiamo) per quasi vent'anni. Debutta con la maglia rossonera nel settembre del 1960, prima in Coppa Italia e poi in campionato. Schierato inizialmente con il ruolo di ala destra, l'allenatore Viani nel vedere il fuoriclasse in difficoltà, capisce di aver fatto una scelta sbagliata, nel senso che non ne sfrutta appieno le doti. Rivera disse:

"Non avevo ancora diciassette anni, avevo giocato nell'Alessandria che stava per retrocedere e poi avevo giocato alle Olimpiadi: ero così stanco, così stanco, e cascavo per niente. Così i giornalisti scrivevano che ero un bluff, e che ero buono soltanto da mettere in giardino, ed io soffrivo."

Intanto nel 1961, Nereo Rocco diventa ufficialmente il nuovo allenatore del Milan, mentre Viani passò come direttore tecnico. Per Rivera, la sua stagione sarà straordinaria e risultò decisivo per la conquista dello scudetto. Due anni più tardi, verrà convocato in nazionale e contribuirà alla vittoria della Coppa dei Campioni contro i portoghesi del Benfica. L'occasione più grande arriva al Pallone d'oro 1963 dove chiude secondo davanti al portiere sovietico Lev Yashin.

Nonostante un periodo turbolento, Rivera anche nei momenti di difficoltà si seppe mantenere a dei grandi livelli, ma nello stesso tempo, viene accusato dalla critica di non aver raggiunto, una maturità atletica e una completezza tecnica quali era lecito attendersi considerando i suoi notevoli mezzi potenziali e di non aver saputo diventare l'uomo guida del Milan.

Quando Franco Carraro diventa il nuovo presidente, Nereo Rocco smentisce le voci di un possibile addio di Rivera e costui decise di responsabilizzarlo, affidandogli il ruolo e la parte di unico uomo-guida. Grazie a questa scelta (in virtù di un attacco composto da Hamrin,Sormani e dal giovane Pierino Prati) il giovane conquisterà il secondo scudetto con la maglia del Milan nel 1968. Annibale Frossi dopo la conquista del tricolore, elogia la maturazione di Rivera:

Ha offerto il suo apporto determinante sfruttando non solo le sue innate doti offensive, ma anche a centrocampo e in difesa, svolgendo compiti per lui un tempo innaturali.”

Il 1969 sarà un anno indimenticabile per Gianni Rivera. Il motivo? Il centrocampista mise in bacheca la sua seconda Coppa dei Campioni vinta ai danni dell'Ajax e la Coppa Intercontinentale (primo trofeo internazionale per lui) con il giocatore che segnerà un goal nel match di ritorno ricordata per la violenta condotta dei calciatori dell'Estudiantes. Ma non è tutto!!! Il giovane riesce a vincere il suo primissimo ed unico Pallone d'oro battendo Gigi Riva di soli quattro voti. La scelta di premiare Rivera era contraddistinto al talento calcistico allo stato puro. Un grande artista che onora il football.

Però, per il centrocampista rossonero arriveranno le prime affermazioni negative: dal controverso mondiale del 1970 (la cosiddetta staffetta tra Mazzola e Rivera) e la lunga squalifica subita nel marzo del 1972 per aver insultato l'arbitro Campanati, mentre l'anno successivo insulterà pesantemente il selezionatore arbitrale Lo Bello durante il match contro la Lazio. Tuttavia, Rivera può festeggiare l'ennesimo trionfo in Coppa Italia e nella Coppa delle Coppe e con diciassette reti, il centrocampista italiano vinse per la prima volta in carriera la classifica marcatori assieme a Pulici e Savoldi.

Intanto, i rapporti tra Rivera e la dirigenza rossonera sono ai ferri corti dopo l'allontanamento di Nereo Rocco dalla squadra. Lui non ci sta e si ribella al presidente che espresse il desiderio di cederlo al Torino. Anche i rapporti con Gustavo Giagnoni saranno controversi. Nel 1975 prese una clamorosa decisione che lo porta al ritiro dal calcio giocato e ad acquisire il club rossonero. Rocco tornò in panchina, mentre Rivera riprese di nuovo gli scarpini e tornò a giocare in campo nel mese di novembre. Dopo l'incubo scampato della Serie B, il giovane fa in tempo a vincere il suo terzo ed ultimo scudetto (il decimo della storia rossonera nonché la prima stella). L'intesa con Aldo Maldera (capocannoniere della Serie A 1978-79 con ben nove reti) garantì a quest'ultimo diciassette gol in due anni, cifra notevole per un terzino.

Il titolo fu vinto inaspettatamente, contro le previsioni generali e non disponendo di mezzi tecnici superiori. Potevano vincerlo il Torino o il Perugia, quel campionato. Non avevamo una grandissima squadra, ma un gruppo di giocatori continuo. Vincemmo senza centravanti.”

Già, perchè il Perugia di Castagner disputò una stagione sontuosa: divenne la prima squadra imbattuta nella storia del campionato. Il cosiddetto “Perugia dei miracoli” o la “rocciosa provinciale."

Gianni Rivera si ritirò ufficialmente dal calcio giocato il 20 giugno 1979 dopo una lunga carriera ricca di successi con il Milan e con la nazionale. Il vincitore del Pallone d'oro 1969, disse che le sue gambe non le reggevano e non voleva finire in ginocchio nel corso di una partita.

In seguito ha ricoperto la carica di vicepresidente del Milan fino all'arrivo di un certo Silvio Berlusconi (fondatore di Forza Italia e futuro Presidente del Consiglio). Dopo ventisei anni, termina la storia tra Rivera e il Milan. Giancarlo Abete lo nominerà alcuni anni più tardi come presidente del Settore Giovanile e Scolastico della FIGC. Tre anni dopo guiderà il Settore Tecnico di Converciano.

Oltre al calcio, Rivera si candidò perfino alla Camera dei Deputati dove viene eletto per due volte nella circoscrizione Milano-Pavia, poi nel Patto Segni in Puglia e nell'Ulivo. Ha incredibilmente ricoperto il ruolo di Sottosegretario della Difesa nei governi Prodi I, D'Alema I, D'Alema II e Amato II.

Un giorno Diego Abatantuono disse:

 “Diventai milanista perché da piccolo trovai un giorno per terra il portafoglio di mio nonno. Lo aprii e vidi le foto ingiallite di Padre Pio e Gianni Rivera, che io non conoscevo, non sapevo chi fossero. Lo chiesi a mio nonno e lui mi spiegò: uno fa i miracoli, l’altro è un popolare frate pugliese“.

Per tutti sarà ricordato come “il bambino d'oro” capace di regalare molte emozioni ai tifosi rossoneri.

E con questo termina anche la terza stagione di "Storie di calcio." Voglio ringraziare tutti quanti voi che avete dedicato un minuto a questa rubrica che ogni giorno si arricchisce di nuovi protagonisti storici.

Ci sarà la quarta stagione? Non vi so dire, ma nel frattempo vi auguro una felice estate specialmente allo staff di Vivo Per Lei.

Grazie. Pasqui.