Lo confesso, non seguo particolarmente le mode, ma sono finito anch'io nel vortice del 7. Senza accorgemene, mi sono ritrovato a ripeterne la tabellina tra un calcio d'angolo e un altro, a pensare a tutte le volte che mi è passato davanti, incastrato in frasi, proverbi e concetti al limite del filosofico, che racchiudessero questo numero mistico dai mille usi e dalle settemila origini. Pitagora sarebbe senza dubbio fiero di me.

Ho pensato in quale città se non a Roma sarebbe potuta manifestarsi la settima consecutiva affermazione bianconera. La città dei sette Re, prima di diventare degli otto con la nascita di Totti, ovviamente. E se vi domandassi quante camicie suda la Juve per rivincere ogni anno, ci sarebbe qualcuno di voi che non saprebbe rispondermi?! E se vi chiedessi quante vite hanno i gatti di Cuadrado, che toglie ogni volta le castagne dal fuoco nei minuti finali, avreste qualche dubbio? Credo di no. E se voleste rintracciare l'humus dal quale generano tutte le infamie più o meno simpatiche udite settimanalmente contro la Juve, dove cerchereste se non nei 7 vizi capitali?

Il 7, come vedete, è un numero custode, che ci accompagna più di tutti e veglia su di noi. È un numero rispettabile ma discreto, velato, non sempre accessibile, timido, che come tutti i timidi, è bravissimo a notare tutto senza farsi notare. Ma c'è, e in qualche caso, nella classica eccezione che conferma la regola, si è fatto notare anche tanto, sopra le righe di semplici tradizioni scritte e orali: quando il calcio ha incrociato il 7 è nato George Best, che era tutt'altro che uno semplice come i sette nani ed era quasi una delle sette meraviglie del mondo, uno che ha affermato candidamente che ha speso tutti i suoi soldi in donne e alcool e il resto l'ha sperperato. E che gli puoi insegnare a George Best?! Il 7 di Beckam a confronto, direbbe un duemila, 'può solo accompagnare', come Ferguson ha accompagnato lo scarpino sulla sua fronte sempre curata.

Ma il 7 sa anche fare male: eviterei di parlare di quante finali di Champions ha perso la Juve, meglio di no. E non ricordiamo neanche quale fenomeno con quel numero abbia fatto il gol più bello della sua carriera in un quarto di finale d'andata, in rovesciata, per carità. Anche perché, dopo essere stato applaudito allo Juventus Stadium, ha caldamente ricambiato con esultanza da gorilla in calore dopo un rigore al novantatreesimo al Bernabeu. E non voglio regalargli una riga in più.
Con spirito di filantropia vi risparmio tutte le volte che il 7 è citato nella Bibbia, ma fidatevi, veramente tante. Ed è lì che andrebbe aggiunto un libro per raccontare ai posteri, che non avranno avuto la fortuna di aver vissuto quello che abbiamo vissuto noi, che tra tutti i calciatori meritevoli, ne sono esistiti cinque che hanno vinto sette scudetti consecutivamente. Per la verità ad aver iniziato il ciclo erano sei, poi tra tunnel sgabelli ed equilibri da spostare sono rimasti in cinque.
Buffon, Barzagli, Chiellini, LIchtsteiner e Marchisio avranno pari rispetto di Mosè. Non avranno aperto le acque ma hanno aperto il ciclo perpetuo delle vittorie del post calciopoli. Peccato che il destino non abbia riservato a questi eroi di essere in sette.

Senza presunzione di poterci sostituire al fato e con profondo rispetto allora provvederemo noi a farlo: questi 7 saranno 5+2 e accanto agli eroi fisseremo per sempre i loro condottieri. Il primo, senza il quale non avremmo rinvigorito mentalità e fame di vittorie; il secondo, che con umiltà e saggezza non ha distrutto la creatura ma l'ha trasformata migliorandola negli anni, conducendo oltre le Alpi le battaglie.

Ma i ben informati dicono che Roma non è stata fatta in un giorno. Serviranno altri giorni e altre battaglie. Nel frattempo però, godiamoci al settimo cielo queste due grandi conquiste, non scontate, in 7 giorni a Roma.