CAMBIAMENTO e CRISI - Ogni cambiamento porta una crisi, ogni crisi un cambiamento. O almeno questo è quello che affermano all'unisono quegli strizzacervelli che tentano di risalire alle cause delle difficoltà di un momento, rintracciandole in una variazione degli stili di vita, delle condizioni professionali, degli obiettivi da perseguire.

ASPIRAZIONI - In casa Juve, durante la programmazione della stagione 2019/2020, di aspirazioni al cambiamento ne avranno respirate tante. Tutt'altro che semplice scegliere di abbandonare il porto sicuro Allegri e le sue vittorie. Quello che è successo a Torino? Semplice e culinario: le lasagne sono buonissime, ma se si prova a mangiarle per un'intera settimana, la domenica preferisci altro.

UNA SCELTA CORAGGIOSA - L'indigestione di soli scudetti, che per le strade Torino quasi ormai non si festeggiavano più, meritava, insieme ad altre e ben più importanti considerazioni di tipo economico e commerciale, una scelta coraggiosa. E quella scelta è stata fatta. Pensare che un cambiamento così importante, tattico prima di tutto, non rischiasse di annodare le fila di una squadra/macchina costruita con tutt'altra forma mentis, sarebbe stato utopico e fatal error allo stesso tempo. 

PRIMI RISULTATI FAVOREVOLI - Per la prima parte di stagione, i risultati hanno tamponato gli istinti contestatori di chi del gioco sperato ne vedeva poco. Le vittorie, molte volte di misura, hanno spento sul nascere il fuoco, quello nemico, di chi non ne poteva e non ne puo più del dominio bianconero, e quello amico, dei nostalgici allegriani. A metà stagione i risultati sono arrivati: dentro la competizione su tre fronti, primi in campionato e soprattutto qualificati agli ottavi di Champions senza fatica con largo anticipo, come non accadeva da tempo. Più ignifughi di così non si può. Ma il gioco dov'è?

GIOCO LATITANTE - Chiaramente, l'atteso salto di qualità dal punto di vista dello show, più esportabile grazie a Ronaldo che avrebbe dovuto farne da catalizzatore, non c'è stato. Fino a quando i punti macinati hanno tamponato le perdite il cammino è risultato più o meno spedito, ma appena i risultati hanno tardato, tutte le insicurezze della fase difensiva e le difficoltà nella costruzione del gioco sono finite sotto una lente d'ingrandimento e hanno rivelato una crisi, la prima importante dell'era Sarri.

CRISI PERICOLOSA o FONDO DA CUI RISALIRE? - Occorre qui fare una distinzione di campo: in campionato nessuna delle dirette concorrenti, Inter e Lazio, sembra avere ad oggi profondità di rosa e continuità tali da poter approfittare di una crisi Juve, staccandola. Bene che vada per loro sarà lotta fino alla fine. Discorso ben diverso per la Champions: a poche settimane dagli ottavi contro un avversario comunque relativamente modesto, la sensazione è di non arrivare pronti per imporsi con sicurezza, con la forza di chi è sicuro dei propri meccanismi di gioco. Sarà un vero banco di prova. La speranza diffusa è che questa crisi sia dovuta anche ad una condizione fisica che inficia non poco il rendimento chi tende a fare gioco e a imporre i propri ritmi. Ciò significherebbe che, a costo di sacrificare qualcosa in campionato, si sta puntando dritti verso l'obiettivo dichiarato, il più importante. Certo è che alcuni reparti sembrano in questo momento non all'altezza dei competitors europei: il centrocampo appare spesso in balìa degli avversari e manca un ordinatore. La difesa concede troppo e appare distratta. Ma c'è un lato positivo: con il potenziale di questa rosa si potrà solo migliorare, magari smussando, adesso che si è ancora in tempo, quegli integralismi tattici che appaiono il vero nocciolo della questione​​​​​​, con l'aiuto di tutti e con il compromesso. 

In fondo anche Roma non è stata costruita in una notte, e neanche da una persona sola. 

 

Paolo Costantino