Derby della Lanterna, storicamente tra i più antichi ed importanti d'Italia, mai come quest'anno fondamentale per le due squadre; lotta serrata per non retrocedere, dopo questa mancheranno solo tre giornate, tensione di quelle rare, che si respirano, si toccano, stimolano i sensi anche a distanza di sicurezza, dietro uno schermo, emotivamente coinvolgente anche per chi come me è malato di tifo per altri colori.

Minuto 96', Sampdoria meritatamente in vantaggio ma Genoa mai domo, spinto dal cuore e dalla storia di un campionato pazzo, dove per davvero non è finita finché non è finita. Crossa al centro, palla sulla testa di un leonino Destro, palla deviata in calcio d'angolo, con lo stesso attaccante che si affretta a prendere il pallone da portare alla bandierina. Ma il calcio ora è soggetto ai ritmi delle centinaia di telecamere e angolazioni (sia benedetto il/la VAR che porta verità), non è angolo, è calcio di rigore. Tocco di mano, giallo a Ferrari, che aveva tirato indietro la mano sapendo di essere involontario colpevole di infrazione, palla sul dischetto.
La palla è di piombo, dentro c'è un intero universo di situazioni, intrecci, calcio e umanità, nel senso più puro, di essere umani. Chi lo calcerà è scontato, e non solo per il fatto che sia il rigorista, ma perché indubbiamente di questo Genoa, di quello degli ultimi vent'anni a fasi alterne, è stato ed è un enorme pezzo di storia su gambe, e perché è l'uomo di maggiore esperienza e personalità.
Le telecamere indugiano sul suo sguardo glaciale, potrebbe tranquillamente essere la scena di un film, di un genere misto tra il western e l'apocalittico, con la telecronaca che lo descrive in un mondo suo, chiuso. Chissà dov'era, Domenico da Cercola, quale storia si stava svolgendo nei meandri della sua testa, "che dolori e che profumi respiravi", per citare un noto cantautore. Quello che si può immaginare, senza troppe filosofie, è che fosse solo e solo si sentisse in quella stanza così stretta, con davanti a sé un pianeta da infilare nella cruna di un ago.

Rincorsa, sinistro, parata. In una frazione di secondo incalcolabile, Mimmo viene scaraventato di nuovo tra noi mortali, e si scioglie in un pianto che più umano non poteva essere. Un pianto così spontaneo, così vero da non lasciare spazio a interpretazioni o a discussioni ulteriori, lacrime che sanno di un calcio che ci sta lasciando, il battito è flebile e non durerà. Perché Criscito ha giocato da professionista, sì, ma ha pianto da uomo, e lo spazio per l'umanità in questa realtà di petroldollari e cento partite l'anno non c'è più.

Stava per lasciarlo, il Genoa, di nuovo e questa volta in via definitiva (almeno da calciatore), non più di un paio di mesi fa, si parlava insistentemente di Toronto, di mega offerte, di ultimo contratto della carriera di un terzino dal piede educato e dal carattere forte, che lo ha portato a viaggiare e a tornare sempre a casa, quella casa che lui si è costruito e meritato. Ma ha deciso di restare, e non posso prendermi la licenza di speculare sulla sua scelta, ma voglio pensare lo abbia fatto perché non sarebbe riuscito a guardare il suo club del cuore retrocedere senza poterci essere ad intervenire, in tackle come sempre.

Forse il Genoa è davvero condannato a retrocedere, forse si salverà, come già detto questo campionato non sembra voler lasciare spazio a pronostici facili. E non posso immaginare gli umori di un tifoso oggi, che magari sarà anche bello incazzato con lui per quell'errore dal dischetto. Ma sono sicuro che tutti gli amanti dello sport, specialmente quelli un po' più sentimentali come me, oggi avranno avuto un piccolo ed inesplicabile sussulto nel vedere questo ragazzo scoppiare in lacrime per la sua squadra, per il suo errore decisivo e per il suo amore, credo sincero, per una maglia, che ha indossato in fasi diverse e senza ruffianeria e che ha indubbiamente onorato, sempre.

Nella testa di Criscito ora ci saranno milioni di micromondi che si scontrano tra loro, e certamente non mi leggerà.
Ma il mio messaggio per lui sarebbe questo, senza fronzoli, citando un altro cantautore, un po' più grande (non me ne vogliano i fan di Biagio):
"...non è mica da questi dettagli che si giudica un giocatore...".