Bello sport, il calcio. Non so quanti di voi abbiano seguito gli ultimi turni della Champion's League, la competizione definita morente e continuamente tacciata di essere un torneo obsoleto (chi per bramosia danarosa, chi forse schiavo di una parziale sindrome della volpe e l'uva). Beh, io ho avuto la fortuna di avere il tempo di guardare alcuni dei match più recenti, Liverpool - Benfica, Real - Chelsea, la più fresca City - Real. E dico la fortuna, perché ho visto partite di calcio. Anzi, partite di pallone, un'espressione che suona obsoleta ma che mai come nei tempi moderni rende l'idea di ciò che questo sport dovrebbe essere.

Mi spiego: quando vedo le partite del Liverpool, del City, del Sassuolo, della mia Fiorentina (fino a qualche settimana fa), ciò che penso è che sto assistendo al gioco del pallone, che viene mosso veloce, che trova spazi, viene dato corto e poi improvvisamente in profondità, un gioco che talvolta sembra fine a sé stesso, come il guardiolismo esasperato, ma che si realizza nella sua estetica, che trova corpo nella sua essenza, nell'anima; il protagonista torna ad essere il pallone, l'obiettivo è di nuovo il gioco.

City - Real, dicevo. Una partita davvero spettacolare, due squadre infarcite di campioni straordinari, allenate da due filosofie diverse ma che si sono sfidate sul piano dell'intensità e della voglia di divertirsi con la palla tra i piedi. Ecco, dopo aver visto le partite del campionato italiano il confronto è deprimente e, sottolineo, non parlo solo di qualità tecniche (ho citato squadre dal livello decisamente diverso tra loro), ma di sensazione che quel match lascia allo spettatore, la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo, pari a qualsiasi altra forma d'arte. Io, al fischio finale, ho pensato "bello sport, il calcio".
Poi sfoglio giornali sportivi del bel paese e trovo, nella migliore delle occasioni, qualche scialba osservazione della qualità tecnica messa in campo dalle due squadre, fino ad arrivare ad un'orrenda analisi al contrario: non uno spettacolo formidabile, ma un banalissimo festival di errori difensivi. 
È in questa mentalità, in questo modo di affrontare le situazioni che si risolve la più grande problematica del nostro sistema calcio. Nessuna volontà di autocritica, nessun lavoro di crescita che possa portare ad aumentare il nostro livello, per raggiungere quello altrui, no. Noi abbiamo le difese buone, teniamoci questo successo. E cosa importa se il calcio italiano è scomparso dalle coppe europee, cosa importa se saltiamo due mondiali di fila, e chissà il prossimo.

Ora, per evitare che questa mia brevissima e insufficiente analisi venga strumentalizzata, chiarisco che non credo sia nel tiki taka, o nel gegen pressing, la salvezza del nostro amato sport, non è nell'imitazione di uno stile di gioco che troveremo aria da respirare. Quello che voglio intendere è un problema di mentalità, di testardaggine, di pochissima voglia di fare dolorosi passi per crescere, preferendo vivere alla giornata, aspettando un mondiale o un europeo fortunosi e di "garra" per nascondere di nuovo la sabbia sotto al tappeto.
E la mentalità deve essere supportata da tutto il sistema, a partire dai tifosi, dalle società e dai giornalisti, fino ad arrivare agli allenatori, che debbono avere il coraggio di rischiare, con i giovani e con il gioco, smettendo di cercare solo ed esclusivamente il risultato dell'oggi e provando a ragionare sulla crescita.

Un esempio che mi spinge a riflettere, al di là del personale coinvolgimento da tifoso, è la riga sul disco delle interviste di Allegri, che lo costringe a ripetere a loop una clamorosa ovvietà riguardo al nuovo 7 bianconero: giocare alla Juve non è come giocare alla Fiorentina. Perfetto, vero, chi lo potrebbe contestare? Ma è davvero solo questo il problema di Vlahovic? Ha ridotto la quantità dei suoi gol perché il bianco e il nero sulla schiena pesano dieci volte il viola?
Non sarà, mister, che il giovane serbo segnava a raffica perché valorizzato dal bel gioco di Italiano (e perché è un campione), ed ora soffre uno stile che (non ce la si prenda), fa venire voglia di guardare piuttosto una telenovelas argentina? 
Ricordo gli articoli di giornale a Gennaio, quando si diceva "la Juve fa un regalo al calcio italiano, impedendo che un talento lasci il nostro campionato". Ma che senso ha tenerlo per il puro gusto di toglierlo agli altri, se non c'è volontà di valorizzarlo?

Se là fuori esistono davvero dei fan di Allegri, chiedo loro scusa se vado troppo oltre, ma il gioco brutto intristisce i talenti, e vincere con un gioco brutto peggiora il livello del campionato, e porta in Europa squadre brutte, come le figure che si fanno puntualmente agli ottavi. E si badi bene, non parlo per invidia, sarebbe bellissimo tornare a vedere la mia viola in Champion's, ma credo sarebbe inutile andare in coppa a riproporre il triste livello del nostro calcio.
Un mio amico fraterno era solito commentare le varie situazioni della vita con un laconico "vince il bel gioco". Sarebbe bello fosse così, ma mi accontenterei del pareggio.
E di guardare di nuovo la serie A sorridendo e pensando: "bello sport, il calcio".