"Amore, ti ricordi che domani sera abbiamo la cena di compleanno?"
Mi sono rivolto così a mia moglie per farle una delle domande più banali. Avrei potuto chiederle qualsiasi cosa, come succede un'infinità di volte al giorno, ma, cosa voglio sottolineare, è che, tutte le volte, inizio con il medesimo sostantivo.
Amore.
Che cosa è l'amore? In modo scontato tutti risponderebbero "è un sentimento", ma in realtà l'amore è qualcosa di complesso che vede l'impossibilità di poter essere spiegata razionalmente. È un insieme di emozioni, sensazioni, immagini, profumi, sapori.
L'amore, quello vero e profondo, quello che domina l'uomo, è una forza incontrollabile che ci rende vulnerabili, è quasi come un incantesimo che fa sì che noi riusciamo a compiere azioni sorprendenti, a volte anche folli.

"Dirò d'Orlando [...] che per amor venne in furore e matto...", sono le parole con cui si apre il proemio dell'Orlando furioso, la storia di un uomo, folle per amore, una storia universale, volendo attuale, dal momento che può riguardare i comportamenti di ogni uomo innamorato.
Chi non ha mai compiuto follie d'amore? Chi non ne ha mai sofferto?
L'amore può essere anche rabbia, odio e ira: anche lo stesso Orlando, pur essendo acciecato dall'amore per Angelica, attraversa momenti in cui si sente pervaso esclusivamente da questi sentimenti: " [...] ch'in lui non restò dramma che non fosse odio, rabbia, ira e furore; né piú indugiò, che trasse il brando fuore". Quando si è innamorati ci si focalizza unicamente sulla figura della persona amata, è come vivere in un mondo parallelo, fatto di serenità ed emozioni.

Così come noi anche Orlando, a seguito di una delusione amorosa, viene pervaso da questa follia interiore, che porta ad affliggersi, a reputare insignificante tutto ciò che non riguarda la nostra situazione sentimentale. Dopo aver compreso la sofferenza che si prova nell'amare, l'istinto ci suggerisce di "salvare" quelle persone che ancora non sono state pervase dall'amore, dando consigli in modo tale da risparmiargli questa afflizione: "Chi mette il piè su l’amorosa pania, cerchi ritrarlo, e non v’inveschi l’ale; che non è in somma amor, se non insania, [...]".
Per amore si soffre, ma senza non si vive; è proprio per questo che dobbiamo superare la paura delle così dette "pene d'amore" e capire che, anche se c'è la possibilità di incorrere in una follia, amare significa correre il rischio piu' grande di tutti. Mettere il proprio futuro e la propria felicità nelle mani di un altro, consente a se stessi di fidarsi senza riserve, significa accettare la propria vulnerabilità.

Ma l'amore è sempre stato uguale nel corso degli anni? Si amava diversamente al tempo dei nostri nonni? Ma soprattutto, si ama ancora nel vero termine della parola?
La scomparsa di una stella del cinema lascia un vuoto incolmabile nel panorama artistico. Tuttavia è stata l'occasione, per il sottoscritto, di ripercorrere con la memoria la carriera dell'attore, fissando nella mente i capisaldi che lo hanno reso noto e rinvigorendo le emozioni che le pellicole dell'artista mi hanno fatto vivere. In questa occasione, ho scoperto un lungometraggio che ancora non avevo "divorato".
Così è avvenuto per la notizia della morte, pochi mesi orsono, di Jean-Louis Trintignant. Tra i tanti capolavori dell'attore francese, è facile soffermarsi sull'ultima grande pellicola che lo ha visto protagonista, "Amour", diretto nel 2012 da Michael Haneke. Peccato sia stato uno dei pochi privilegiati, visto che è stato mandato in onda un martedì mattina alle 11:30; chi decide il palinsesto deve essere arguto, smaliziato oppure...
Propendo per oppure! 

Il film è stato pluripremiato, dalla Palma d'Oro a Cannes fino all'Oscar e al Golden Globe, quale Miglior film straniero nel 2013, e si pone quale pietra miliare nella cinematografia del nuovo millennio.
Georges (Jean-Louis Trintignant) e Anne (Emmanuelle Riva) sono due anziani professori di musica ormai in pensione.
In una Parigi solo abbozzata, vivono la loro vita di coniugi immersi nella propria passione per la musica, ormai lontani dalle dinamiche dei figli e dei nipoti, ma sempre con la voglia di godere dal vivo l'ascolto di un concerto di musica classica. La scena si apre con l'intervento dei vigili del fuoco che fanno irruzione in un appartamento, il loro, dopo giorni di assoluto silenzio da parte dei coniugi. Sul letto, il corpo esanime di Anne, curata e attorniata da fiori nel più classico rituale funebre.
Di Georges nessuna traccia.
Con un lungo flashback, la scena successiva torna indietro nel tempo di qualche settimana quando, dopo una serata passata ad assistere all'ennesimo concerto, qualcosa sconvolge il loro precario equilibrio di anziana coppia: Anne manifesta i disturbi di una demenza senile legata a una patologia cerebrale che, nell'arco di pochi giorni, diventa galoppante e trascina con sé tutto il disordine che un tale evento può comportare. Georges si prodiga, con l'aiuto di medici e della figlia, a ristabilire un nuovo equilibrio che quotidianamente necessita di continui aggiustamenti, in una faticosa rincorsa verso una normalità che, ormai, ha lasciato lo spazio a malattia e frustrazione.
Tutto il girato è pressoché ambientato in quell'appartamento, amato nel corso della vita e ora prigione per entrambi, in una performance artistica dei due attori di grande rilevanza, oltre che di una tecnica cinematografica di un regista asciutto e senza fronzoli, che riesce a far emergere in maniera del tutto appagante la maestosità della semplicità, la magnificenza della sobrietà. Fare tutto, senza fare niente sembra proporci ogni singola inquadratura, ogni espressione.
Ma è l'amore, come cita il titolo, a cospargere il proprio spessore su ogni singolo istante di questa pellicola: l'amore di un marito per la sola donna che lo ha accompagnato per tutta la vita, per la persona che lo ha completato e sostenuto giorno dopo giorno. Georges, nonostante l'aiuto professionale di infermiere negli ultimi giorni di vita Anne, è il primo amorevole assistente della moglie, nonostante le difficoltà emotive insite in una situazione di tal genere e le non trascurabili complicazioni logistiche che la vecchiaia comporta anche in assenza di malattia.
Anne e Georges, Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant, non sono personaggi né attori, bensì sono la vita, sono l'allungo finale verso il traguardo: un epilogo che, all'apparenza, reca con sé tristezza, ma che, sedimentato, fa affiorare quanto di più grande e rilevante è insito nel senso di una vita passata in condivisione. Il sentimento che trascende qualsiasi razionalità e che ci afferma, o forse ci illude, di poter vivere in eterno oltre qualsiasi schema terreno.
La visione lascia ammutoliti, in un'intima riflessione che ha bisogno del giusto tempo di maturazione prima di lasciare nello spettatore la ricchezza artistica e il messaggio umano di cui questa pellicola è pregna.
Ci si sente compenetrati nella vicenda in una riflessione ontologica ed esistenziale che non ammette replica, commento.
Un esempio di cinema che, sebbene acclamato e premiato, non ha avuto l'eco necessaria per affermarlo nel panorama cinematografico quale esempio di straordinario capolavoro, dall'interpretazione attoriale di due mostri sacri, alla maestria tecnica di un regista dannatamente semplice, narratore di una storia che pare già scritta nel genoma umano. 
Arte pura.
Sono a Pisa e, nel mentre, sto guardando mio suocero di 90 anni che, intento alla lettura del Tirreno, si è "appisolato" dopo un pranzo frugale, quasi sempre uguale, ma, come da lui descritto, "bono anc'oggi".
Ripenso a sua moglie, la cara Francesca, che ci ha lasciato troppo presto e troppo velocemente; la mente, inevitabilmente, ritorna a momenti davvero esilaranti anche grazie alla propria cultura fine e ridanciana, che finivano il più delle volte, per non dire sempre, a tarallucci e vino. Nel vero senso della parola.
Le regalo, ovunque si trovi, una intensa poesia di Luciano Luisi, in cui si manifesta tutta la sua forza nell'affrontare temi fondamentali riconducibili o facenti parte all'amore.

"Ma all’improvviso, a mezzo della notte,
se fugge il sonno, il pensiero di te
come una piovra stende i suoi tentacoli
a soffocarmi. E ormai lo so: è inutile
che io cerchi di metterti in fuga
con il clic della lampada.

Sono le ore tue, queste le ore
in cui, come un affanno, un ansimare
che cresce nella mente, da quel gorgo
sale il tuo assiduo chiamarmi,
ma sbarra gli occhi, ferma
il flusso del mio sangue.

Ma volto su un fianco, la bocca
premuta sul cuscino per nascondermi,
per non vederla quella mia dimora
che già m’additi,
e rannicchiato prego:
“…ora e nell’ora…”

DEDALO
"Amore?, Amore?"
"Dimmi, hai bisogno? Sono a fare il cambio degli armadi, non ti sento!".
"Niente di importante, non preoccuparti". 
Volevo solo chiamarti senza avere nessuna risposta...