Il mondo nerazzurro sembra essere avvolto da una fitta nebbia di mistero.
Dichiarazioni gettate al vento, scricchiolii percepiti all’interno dello spogliatoio e totale mancanza di rispetto nei confronti della maglia popolano il freddo milanese di Appiano Gentile, terra che in passato ha accolto veri campioni mentre oggi si collocano in mezzo al campo i soliti mezzi giocatori privi di personalità e carattere. Un ambiente, quello del biscione, capeggiato dall’imponente fascino di San Siro, impianto stellare che ha ospitato trofei nazionali e internazionali, difficili da essere dimenticati. E proprio il Meazza si è reso protagonista di un’enorme ondata di fischi arrivata a giocatori e allenatore durante l’ultima sfida casalinga contro il Bologna, vinta dagli emiliani grazie ad un colpo di testa di Santander; ciò che si è visto durante quei 90 minuti preoccupa vistosamente per il proseguo della stagione anche perché la squadra nerazzurra, oltre a non segnare in campionato da 3 giornate, non riesce a creare occasioni da gol e si complica la vita da sola con inutili passaggi e lanci gettati al vento. Un crollo inspiegabile e quasi misterioso per un club che in estate non aveva nulla da invidiare al Napoli per il "titolo di anti-juve", ma che ancora una volta al momento di dover vincere stecca in modo clamoroso.

La rabbia dei tifosi popola il web, ma a differenza del blackout della scorsa stagione, quest’anno la crisi dell’Inter avrà ripercussioni più profonde, caldeggiate da un forte alone di mistero e popolate da una verità nascosta che si spera possa venire a galla al più presto. Per certi versi, il collegamento critico dei nerazzurri riconduce ad un concetto realista troppo difficile da dimenticare.
Luigi Pirandello, famosissimo autore della letteratura italiana, appoggiava apertamente la teoria del caso affermando a più riprese una frase che ancora oggi risuona in modo netto sotto vari punti di vista: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. Decisamente un buon modo per capire più a fondo le problematiche che affliggono il mondo dello sport e il circolo vizioso che mira a puntare il dito sul primo personaggio disponibile.

La teoria del caso pirandelliana riconduce senza mezzi termini alla crisi nera che sta affrontando l’Inter. Gli assiomi calcistici e i pugni colmi di rabbia dei tifosi si scagliano contro Luciano Spalletti, ritenuto il responsabile di questi blackout inspiegabili e inopportuni per un club che vuole tornare a rivedere le stelle che contano. Sicuramente il modo più semplice per cercare di dare una giustificazione alle prestazioni oscene della squadra e alle classiche promesse che verranno portate via dall’atmosfera amorosa di San Valentino, quando la maggior parte dei sostenitori nerazzurri mostreranno i pugni al cosmo per un allontanamento del tecnico di Certaldo. Per quanto il buon Lucio nel corso della stagione abbia commesso qualche ingenuità soprattutto durante la Champions League, trovo profondamente scorretto attaccare un allenatore che è stato in grado di riportare l’Inter a giocare a viso aperto con i club che fino a tre anni fa dominavano la squadra nerazzurra sia sul campo che sul mercato.
Dall’arrivo del tecnico toscano, in Corso Vittorio Emanuele sono arrivati calciatori che, fatta eccezione per Milan Skriniar, sono ben lontani dall’essere considerati acquisti top e funzionali per il salto di qualità dell’Inter. Non dimentichiamoci che nell’arco della scorsa stagione il centrocampo nerazzurro era composto da Borja Valero e Vecino, due buoni centrocampisti che non hanno però nulla a che vedere con l’artiglieria pesante disposta dagli altri club che lottano per soffiare il posto alla Juventus in vetta al campionato.
L’unico acquisto azzeccato fu sicuramente Joao Cancelo che, al termine di un lungo infortunio patito con la nazionale portoghese, venne inserito correttamente in gruppo e assieme a Rafinha, colpo di gennaio, si rese protagonista di un finale di stagione ad altissimo livello, terminato all’ultima giornata con il ritorno in Champions dell’Inter.  Porterò sempre nel cuore il grido dei tifosi del biscione, accompagnato dai cori dedicati a staff e allenatore per aver reso possibile l’impossibile in una notte fantastica, quella del riscatto, della sfortuna che aveva lasciato posto alla sapienza con il richiamo dello stemma che tornava a posizionarsi sotto le note del famosissimo inno della Coppa dei Campioni.

Come dice il famosissimo detto trasmesso in modo utopico di generazione in generazione, non è tutto oro ciò che luccica e il forte sentimento di rivalsa e super potenza nel corso della passata estate si è trasformato in una beffa atroce, volta a favorire ancora di più l’astuzia e il buon modo di operare della Juventus. Per problemi di fair play finanziario piombati forse da Marte o da Giove, Ausilio e soci non si sono potuti permettere i riscatti di Cancelo e Rafinha, consegnati rispettivamente a Valencia e Barcellona in attesa di nuovi club disposti a pagare la clausola. Il risultato di questa pianificazione illustre ha condotto il portoghese a vestire il bianconero, con il conseguente arrivo di Asamoah in Corso Vittorio Emanuele.
Tralasciando l’arrivo di De Vrij a parametro zero, forse l’unico colpo degno di nota, il mercato stellare che doveva essere presentato per togliere l’egemonia alla formazione bianconera ha impacchettato calciatori del calibro di Politano, Keita, Vrsaljko e Lautaro Martinez, giovane prospetto che arriva da un campionato diverso da quello italiano e ha bisogno di un processo di adattamento di almeno un paio di anni. Unico scivolone forse commesso da Spalletti o da chi lavora con lui è stato l’arrivo di Radja Nainggolan, considerato come la turbina mancante, ma presto messo ai margini per un comportamento irrispettoso nei confronti della squadra e per la sua forma fisica, non in linea con chi vuole vestire e onorare la maglia dell’Inter.

Alla luce di quanto detto, pur essendo consapevoli di alcuni errori commessi da Luciano Spalletti, individuo uno dei principali responsabili dell’abisso dell’Inter nella società Suning, arrivata a Milano per riportare in alto il blasone, ma ferma sulle solite promesse e sui soliti errori di mercato che continuano a portare in casa nerazzurra calciatori giovani, ma non interpreti tali da consentire il giusto salto di qualità ad una squadra che vive grazie alla presenza dei tifosi che ogni domenica colorano il Meazza di nero e azzurro. Per non parlare delle dichiarazioni di Steven Zhang, autore di aver identificato l’Inter come la squadra in grado di asfaltare chiunque “nel prossimo anno”, pezzo di frase che un certo Thohir ripeteva per iniettare una fiducia nei tifosi che in quel periodo faceva comodo per dimenticare Massimo Moratti, unico vero presidente del club.

Il mostro a tre teste formato da Conte, Simeone e Mourinho continuerà ad aleggiare sulla testa di Spalletti anche in caso di vittoria al Tardini, ma visto e considerato che sarà proprio il tecnico di Certaldo a pagare le ultime prestazioni, trovo profondamente scorretto affermare che la società nerazzurra abbia fornito al suo allenatore una serie di campioni in grado di battere chiunque. Forse come squadra virtuale, capitanata da Modric e magari da Kroos, a quest’ora la finale di Champions sembra più vicina, ma la triste realtà è che ancora una volta l’Inter si ritrova in Europa League e a difendere un terzo posto con le unghie e con i denti. Ma è giusto così, perché questa squadra non può sognare altro e l’augurio che tutti i tifosi conservano all’interno del proprio cuore è che Beppe Marotta riesca a zittire le promesse e a lavorare con i fatti, unici elementi in grado di far tornare il tifoso a recitare la sua parte e a tifare come ai vecchi tempi.

Alla fine dei giochi, come vogliono le regole assidue del calcio, pagherà l’allenatore, ma qualora arrivasse anche Mourinho non c’è da aspettarsi niente di più che un semplice mercato "all’occorrenza", in attesa dei futuri intoppi stagionali. E poi che facciamo, iniziamo a puntare il dito contro lo special one ritenendolo il principale indiziato? A voi la risposta.