Nel 2008 Paolo Giordano con il suo primo romanzo intitolato La solitudine dei numeri primi vinse il premio Strega.
In senso metaforico i numeri primi rappresentano la solitudine, essendo numeri divisibili solo per stessi e per zero, ossia che non hanno relazioni con altri che non con se stessi e con il nulla.

Nel libro di Giordano, i protagonisti rappresentano il mondo giovanile della borghesia, della ricchezza, quel mondo fatto di famiglie che garantiscono agiatezza ai loro figli, lasciandoli immancabilmente nella più assoluta solitudine, spesso, quasi sempre abbandonati a sé stessi. Mattia e Alice, i giovani e soli protagonisti del racconto, vengono indicati con i numeri 2 760 889 966 649 e 2 760 889 966 651, due numeri primi gemelli, ossia separati da un unico numero pari che non permette loro d’incontrarsi, nonostante siano in realtà così vicini.

numeri primi sono tutti quei numeri naturali maggiori di 1 divisibili solamente per 1 e per se stessi, ma nel calcio il solo numero primo è invece proprio il numero uno, il portiere, quel super eroe senza mantello ma con guanti accalappia palloni che vola da un palo all’altro a difesa della propria porta, della propria squadra, spesso, quasi sempre, come i protagonisti de La solitudine dei numeri primi, lasciato solo, abbandonato da tutti nella responsabilità di non poter, di non dover mai sbagliare, nell’enorme peso di avere l’obbligo di non far perdere senza avere il diritto di prendersi i meriti di una vittoria: il portiere ha solo colpe.

Nell’ultima settimana, nel calcio professionistico nostrano, sono successi almeno quattro casi eclatanti di colpe, di errori imperdonabili dei portieri, quattro gravi sbagli in gergo chiamati papere, che hanno compromesso il risultato finale delle loro compagini.
Compagini, cos’è una compagine? Cercando sul vocabolario ho trovato questo significato: complesso di elementi coordinati e operanti in stretta unione.
Ecco, appunto, complesso di elementi coordinati e operanti in stretta unione. Perché allora quando si vince è grazie agli attaccanti e quando si perde è colpa dei portieri?
In questi ultimi anni, nei quali il calcio italiano senza idee sta ridicolamente cercando di copiare l’ormai obsoleto, superato Tiki Taka del Barcellona di Guardiola, al portiere non si chiede più solamente di essere Superman o Spiderman, ma anche di essere il playmaker della squadra, quello che con i piedi dà inizio all’azione offensiva, quello che con i piedi dà i tempi di gioco, quello che con i piedi deve uscire dal pressing avversario.
Sì, il portiere non usa più i piedi solo per rinviare lungo o per fare parate improbabili alla Garella, ma li usa soprattutto per fare il Pirlo, rischiando, passatemi il termine, di passare poi per il pirla della situazione.
Il portiere è sempre più solo
, sempre più solo e abbandonato alle sue responsabilità, ai suoi doveri, al rischio di essere messo alla gogna per un maldestro tentativo di calcio al pallone, quando lui invece nasce per afferrarlo il pallone, per prenderlo con le mani, per difendere la propria porta, la propria squadra dai calci al pallone.

Radu non è un portiere da Inter, non lo è in nessun fondamentale, ma ieri sera era così solo sulla quella linea bianca di demarcazione tra il bene e il male, tra il vincere e il perdere, era così solo e abbandonato nella sua ricchezza data dallo stipendio versatogli tutti i mesi dalla famiglia nerazzurra che il primo pensiero di tutti noi tifosi nerazzurri è stato: uno che guadagna così tanto può fare un errore così grave? Noi che guadagniamo dieci, quindici, venti volte in meno non l’avremmo mai fatto!
Radu ieri sera era solo
nell’incubo di quell’errore che rimarrà probabilmente per tutta la vita nella sua mente. La speranza è che il Milan vinca il campionato vincendo tutte le rimanenti partite o che il campionato lo vinca incredibilmente l’Inter, altrimenti Radu sarà per sempre ancora più solo.
Ritorniamo a lanciare lungo, a far volare i portieri tra i pali, a lasciare che i bambini dribblino nelle scuole calcio e che da grandi non passino indietro al loro portiere invece di provare a saltare l’uomo e tirare nella porta avversaria una volta arrivati negli ultimi venti metri.

Buon fine campionato a tutti, nella speranza che Radu non rimanga ancora più solo.