Tra pochi giorni saranno passati vent’anni da quel “tragico” 13 maggio 2003 iniziato per me alle 16.30 davanti ai cancelli di San Siro. Eravamo io, Mr. Mojo Risin’, Roberto e se non ricordo male Maretta. Tutti colorati di neroazzurro.

Un’ora, un’ora e mezza dopo, all’apertura delle porte della Scala del calcio, corremmo tutto d’un fiato su al secondo anello nord, dove i seggiolini colorati di verde sarebbero serviti fino quasi alla mezzanotte come appoggio per i nostri piedi speranzosi fino all’ultimo secondo di spiccare il volo verso Manchester. Dall’altra parte, al secondo blu, nel lato sud dello stadio, un muro umano dipinto di rosso (all’epoca i banditi dai vestiti neri non esistevano) con il quale per circa cinque ore ci siamo confrontati urlando cori fino allo sfinimento delle corde vocali. Ero giovane, avevo ventisette anni, ero completamente sopraffatto dalla passione, all’epoca per un match di football potevo non parlare per giorni con mio papà milanista, per settimane con amici o presunti tali di fede calcistica opposta alla mia: l’Inter in certi momenti era sopra ogni cosa.

Oggi ho quarantasette anni e la passione, l’amore per quella maglia sono rimasti intatti, ma fortunatamente invecchiando sono diventato un po’ più razionale, ho acquisito un po’ di buon senso, e la “follia” da tifoso si impadronisce di me per qualche ora, basta una dormita, una giusta riflessione e poso l’ascia di guerra.
Di quella notte di lacrime e preghiere (citando Antonello Venditti anch’egli super tifoso di calcio) avrò sempre tre immagini scolpite nella memoria: il tiro di Kallon sotto di noi che sbatte sul ginocchio di Abbiati e non entra in porta, le lacrime di Cordoba e Zanetti e la corsa di Gattuso fino ad arrampicarsi alla recinzione del primo blu. Per me Gattuso sarà sempre il nemico, come Materazzi lo sarà sempre per i milanisti, mentre capitan Zanetti e Cordoba saranno sempre parte del mio cuore.

Non ci sono partite più importanti al mondo del derby di Milano, è la partita delle partite nello stadio più bello del mondo. Nessuna città può vantare 38 scudetti, 10 Coppe dei Campioni, 5 Supercoppe Europee, 7 Mondiali per Club, 2 Coppe delle Coppe, 3 Coppe UEFA, 13 Coppe Italia, 14 Supercoppe Italiane: 65 trofei nazionali e 27 internazionali.
Il prossimo 16 maggio la storia si ripeterà, Inter e Milan si affronteranno di nuovo nella partita di ritorno per mandare una delle due a giocarsi la finale della Coppa con le orecchie, ancora una volta il destino ha voluto questo, ancora una volta l’Inter giocherà quella partita in casa, ancora una volta io sarò sugli spalti, non più lassù a cantare a squarciagola ma poco più su del prato verde. Non sono più uno sbarbato, mi sono imborghesito, fare tutti quei gradini mi dà noia, e preferisco la “quiete” del primo anello.

Quella sera il mondo avrà ancora una volta il privilegio di vedere quanto è bello, quanto è monumentale, ricco di storia, di cultura calcistica, di fascino il mio amato stadio Meazza.
Io sarò lì ad ammirarlo, a rendermi conto di quanto sono fortunato ad essere nato vicino a lui, ad essermi innamorato follemente di una metà dei suoi colori.
Sarò lì, questa volta seduto, speranzoso di vedere un finale diverso. AMALA!