Quattro anni fa esatti, durante una cena tra amici, venni preso in giro con risatine e allusioni al fatto che secondo alcuni commensali avessi bevuto un bicchiere in più, tutto questo perché stavo ipotizzando che l’affare Ronaldo-Juventus era, secondo la mia umile conoscenza del calcio, del business che gli gira intorno e del concetto di Conto Economico e Stato Patrimoniale (mi occupo di Controllo di Gestione), l’ago che avrebbe fatto scoppiare la bolla, la palla di cemento al piede che avrebbe fatto annegare in un mare di debiti la Società capitanata da Andrea Agnelli, l’inizio della fine del dominio (in Italia) decennale bianconero.

“Bevi meno, cosa stai dicendo, loro sono gli Agnelli, tu chi sei, il mio amico che ne sa più di te mi ha detto… venderanno milioni di magliette, riempiranno i bar e ristoranti dello stadio, vinceranno la Champions…”. E giù risate.

Si sa, il tifoso medio è cieco, quando parla di football può arrivare a livelli di enorme stupidità, è come il marito tradito che di fronte alla moglie a letto con un altro dice infastidito all’amico che lo ha portato davanti al fatto: non è vero, cosa stai dicendo, non è lei, e se è lei stanno solo parlando.
Al di là del calcio, delle chiacchiere da bar, la cosa però che non sopporto in generale della gente non è tanto che vuol credere a quello che più gli fa comodo, ma che spesso pur non essendo informata, non conoscendo un argomento, si intestardisce a non accettare la spiegazione di chi invece ne sa (un po’ come se io volessi spiegare ad un pizzaiolo la tecnica di preparazione dell’impasto, la lievitazione, la cottura della nostra amata pizza, e non accettassi i suoi insegnamenti).
Ronaldo era insostenibile per tutti, lo era ormai anche per il potente e super vincente Real Madrid che vendendolo a 34 anni per 100 milioni di euro e liberandosi di un ingaggio da circa 60 milioni lordi annui, ha fatto l’affare economico-finanziario-sportivo della storia.
Marotta, ex alto dirigente juventino ora interista, se ne è andato da Torino non per cercare nuove sfide, non per uno stipendio superiore, ma perché era totalmente in disaccordo con l’operazione portata a termine dalla folle ossessione di Andrea Agnelli che fu dieci anni prima del mio amato presidente neroazzurro Massimo Moratti: la coppa con le orecchie, che il buon Massimo è riuscito a mettersi in bacheca, mentre il simpatico Andreino no.

Il mondo del calcio, non solo quello italiano, è indebitato forse come nessun altro settore, le Società devono soldi a tutti, il fisco è uno dei principali creditori, vivono di finanziamenti e rifinanziamenti, lo Stato italiano, se vogliamo fare una triste battuta, a confronto ha un debito pubblico ridicolo.
Tutti i club sono di fatto tecnicamente falliti, non si trattasse di pallone che è il nuovo oppio dei popoli (Karl Marx sosteneva che lo fosse la religione), avrebbero da tempo immemore portato i libri in tribunale, ma senza la pelota, come la chiamano gli spagnoli, cosa farebbe la gente? Senza dimenticare il giro d’affari che genera il gioco più diffuso al mondo (in Italia 10 miliardi del PIL).
La Juve per rincorrere disperatamente la coppa più famosa ed importante e per dominare un decennio in Italia dopo la catastrofe sportiva di calciopoli l’ha fatta probabilmente fuori dal vaso, ha forse usato escamotage contabili intollerabili anche in un Paese come il nostro, dove essere furbi è un pregio ed essere onesti è sinonimo di sfigati.
Le altre squadre invece tutte pulite? Tutto in regola?
Io non credo, penso invece che la Juve sia sì il peggio di un sistema, ma sotto al peggio c’è comunque del marcio, c’è un mondo intero, quello del calcio, che sopravvive grazie all’impossibilità di farlo scomparire così come lo si è fatto diventare, c’è un settore che tiene buono il popolo distogliendolo dagli errori della politica, dai problemi della vita, dalla sanità che non funziona, dalle scuole che crollano in testa ad alunni incolpevolmente sempre più ignoranti. C’è un settore che dà lavoro a tanta gente, che dà da mangiare a tanta gente.

Ieri Marotta ha ripetuto per l’ennesima volta che i costi del lavoro nel calcio vanno dal 60 al 70% dei costi operativi totali, che, per fare un esempio, una ditta di acqua minerale non sopravvivrebbe ad un peso del genere.
Bene, abbassiamoli questi costi del personale! Paghiamo i giocatori quanto gli operai e gli impiegati della ditta di acqua minerale!
La bolla è esplosa e il campionato del mondo senza Italia ci sta dimostrando, nella sua pochezza tecnica, che forse forse questi milionari tira calci non dovrebbero essere pagati come le Star di Hollywood.
Buona calciopoli 2 a tutti