In attesa della prossima partita di campionato, si è appena chiusa una settimana, che – a parere di chi scrive – dovrebbe indurre una riflessione, scaturente dal quesito di cui al titolo. Cerco di spiegarmi.

Sino alla vigilia di Inter – Juventus del 17 gennaio aleggiava, come al solito, sul calcio italiano la sensazione del potere immane del Grande Fratello Bianconero, che tutto fa e disfa a proprio piacimento. L’avvilente (per la concorrenza) serie vittoriosa della Juventus nell’ultimo decennio era ed è sempre stata oggetto di commenti ed osservazioni, che lasciavano trapelare, comunque, che l’impressionante catena di successi conseguiti fosse il frutto di abili magheggi ai piani alti della Federazione o di connivenze con il settore arbitrale (mai sopite, nonostante gli eventi del 2006).

Diversi pseudogiornalisti, apertamente schierati contro a prescindere, avevano enfatizzato taluni episodi (il goal non assegnato a Muntari in Milan/Juventus del 25 febbraio 2012 o il mancato secondo giallo a Pjanic in Inter/Juventus del 28 aprile 2018), estrapolandoli dal contesto di una partita rispetto alla messe di episodi dubbi, riscontrabili nelle trenta partite, che si disputano nell’arco di un campionato.

Insomma, è un vezzo tutto italico del nostro calcio (e non solo, purtroppo) quello di gettare schizzi di fango (non cito per decoro materiale organico del medesimo colore) sui successi nazionali della Juventus, irridendo i colori bianconeri non per le vittorie proprie (sostanzialmente inesistenti da un decennio a questa parte) ma per il “fallimento” della Juventus nelle campagne europee del medesimo periodo (nonostante il raggiungimento di due finali nella massima competizione continentale).

E’ un atteggiamento ipocrita e meschino ma è un comportamento che appartiene ad una gran parte del mondo calcistico, dove albergano individui, che si spacciano per censori solo al fine di legittimarsi nei confronti della tifoseria becera, magari all’unico fine di riuscire a vendere qualche libro, la cui diffusione, altrimenti, si limiterebbe ai parenti, ma solo quelli di primo grado.

Tali soggetti sono gli stessi che, poi, dinanzi a volgari manifestazioni (tra le quali scritte insultanti gloriosi calciatori defunti prematuramente o inneggianti a stragi di tifosi) del tifo estremo, deprecano tali comportamenti, che, in realtà, alimentano quotidianamente loro stessi con continue asserzioni sul potere subdolo della squadra bianconera

Eppure, un minimo di onestà intellettuale dovrebbe consentire ai più di riconoscere che i cicli vittoriosi pluriannuali, nel calcio e non solo, si ottengono grazie alla scelta dei migliori manager e calciatori, alla programmazione nel medio e lungo termine, allo spirito di gruppo ed al senso di appartenenza ai colori sociali, che non si improvvisa da una stagione all’altra, ma si consolida solo dopo decenni.

E’ comunque ovvio che i cicli non sono infiniti e che, per quanto ci si sforzi di programmare al meglio, non sempre gli ingredienti aggiunti o sostituiti sfornano ricette straordinarie, per cui si assiste alla “Caduta degli Dei” tra il giubilo dell’opinione pubblica antijuventina.

Ecco, in questi casi, anche per i cantori dell’anti juventinismo, si assiste al trasformismo dialettico: la Juventus non è più Rubentus ma una società ormai decotta ed indebitata, con faide familiari ai massimi livelli; dirigenti incapaci e sprovveduti; calciatori scarsi ma strapagati; scelta di allenatori asini e non “maestri” come ipotizzato. Ebbene sì, quando non vinciamo, ridiventiamo mortali e quindi smettiamo i panni dei ladri e malfattori per indossare quelli dei perdenti e derisi.

Quando perdiamo, gli episodi non contano più. Anzi, se osiamo affermare che, forse, il fallo di Chiesa su Cigarini in Crotone Juventus del 17 ottobre 2020 non era da espulsione o il fallo di Borja Valero su Bentancur in Juventus/Fiorentina del 23 dicembre 2020 e quello di De Roon su Cuadrado in Juventus/Atalanta del 16 dicembre 2020 erano rispettivamente da sanzionare con il giallo (secondo cartellino e quindi espulsione) e il rosso diretto anziché il giallo, si solleva una levata di scudi, in cui veniamo tacciati di cavalcare gli errori arbitrali come l’alibi dei perdenti e quindi di rinfacciare agli altri le accuse che vengono rivolte a noi.

Quando perdiamo, dobbiamo invece sempre e comunque accettare il verdetto del campo, stare zitti, subire le critiche e ripartire, cercando di dare le risposte sul terreno di gioco. Gli altri possono coltivare qualsiasi sorta di alibi, noi dobbiamo solo tacere. Ma lo facciamo ed accettiamo, seppur ovviamente a malincuore, le decisioni arbitrali e non solo

Ma, mi chiedo, se fossimo Rubentus, non sarebbe proprio in questi frangenti che avremmo bisogno del supporto degli organi calcistici ed arbitrali?. Se fossimo Rubentus, non dovremmo beneficiare di un 3-0 a tavolino, per aver rispettato le regole e quindi non registrare, invece – tra l’incredulità generale di tutti coloro, effettivamente neutrali - che occorre giocare sul campo una partita, perché gli avversari erano giustificati nella loro assenza? Se fossimo Rubentus, gli arbitri non dovrebbero sempre favorirci? Addirittura, in alcuni casi, sarebbe stato sufficiente – come indicato nelle circostanze narrate sopra – applicare il regolamento, né più né meno.

Nell’ultima partita di campionato, abbiamo subito una memorabile lezione di calcio da parte dell’Inter, che ci ha surclassato, sotto ogni profilo, a livello individuale e collettivo. Abbiamo effettuato il primo (serio) tiro in porta all’87’ e non siamo mai stati in grado di imprimere una benchè minima svolta alla partita, dominata dai nerazzurri dal primo all’ultimo minuto. Al termine dell’incontro, abbiamo riconosciuto la schiacciante superiorità dei nostri avversari di giornata, ripromettendoci (per l’ennesima volta in questa stagione) di fare tesoro dell’esperienza e di ripartire.

Ebbene, l’allenatore della compagine avversaria – nonostante la totale supremazia dimostrata dalla propria squadra – ha lodato il modo di fare calcio della nostra Società, chiarendo che dieci anni di successi non possono essere messi in discussione, perché certificano la superiorità ad ogni livello della Juventus. Il nome dell’allenatore dell’Inter è Antonio Conte, un uomo che ha la Juventus nel proprio DNA, essendo stato calciatore, capitano ed allenatore della squadra bianconera per molti anni. Antonio Conte ha vinto con la Juventus tutto ciò che c’era da vincere ed è l’autentico testimone di come si costruiscano i successi all’interno di una Società. Le parole di Conte certificano il rispetto e la stima, che occorre nutrire per una squadra che, anche per l’irripetibile ciclo decennale di successi, sarà ricordata come un’entità leggendaria nella storia del calcio nazionale.

Dopo la partita con l’Inter sono piovute le più disparate critiche nei confronti della squadra bianconera (a tutti gli effetti Juventus e non Rubentus) : dall’incapacità conclamata di un allenatore come Pirlo nel leggere le partite all’evanescenza di diversi calciatori bianconeri. Le critiche si accettano sempre perché le risposte alle stesse occorre darle sul campo e così, dopo solo tre giorni, abbiamo disputato la finale di Supercoppa Italiana con il Napoli che, dopo il 6-0 rifilato alla Fiorentina, partiva oggettivamente con i favori del pronostico.

I calciatori bianconeri scesi in campo hanno interpretato, sin dall’inizio, la partita con le giuste corde: agonismo, pressing e feroce determinazione. Nonostante l’applicazione dei calciatori juventini, si è compreso sin da subito che, in questa stagione, la squadra presenta delle lacune di ordine tecnico che, a tratti, appaiono addirittura imbarazzanti. Si percepisce la fatica con la quale cerchiamo di organizzare il gioco e l’approssimazione che impieghiamo per attuare le coperture difensive. Ciononostante, siamo riusciti ad esercitare costantemente, dinanzi ad un Napoli timoroso, una costante supremazia territoriale, che non ha però prodotto azioni degne di nota. Nel secondo tempo non siamo calati ma abbiamo continuato a lottare, ben consapevoli, a parere mio, dei grandi limiti che accusa l’attuale organico, soprattutto nel reparto nevralgico della squadra, ovvero il centrocampo e senza contare la sterilità offensiva, in mancanza di una punta centrale di riferimento. Fortunosamente, siamo passati in vantaggio su uno svarione difensivo avversario e, altrettanto fortunosamente, abbiamo conservato il vantaggio sino al 2-0 di Morata. L’esplosione di gioia di Pirlo & co al fischio finale, unita a quella dei calciatori, testimonia – ove ce ne fosse bisogno – l’immane fatica spesa per portare a casa il primo trofeo stagionale, che, in concreto, è quello nettamente meno importante, conseguibile nel corso di una stagione. Insomma, la gioia dei calciatori e dello staff aveva il sapore dell’incredulità, in quanto le premesse ed anche le aspettative erano tutt’altro che rosee.

Al termine dell’incontro, si è svolta la rituale cerimonia di premiazione e – a quanto riferito da alcuni organi di stampa – pare che Gattuso abbia costretto i suoi giocatori a partecipare, in segno di sportività nei confronti degli avversari. Insomma, dopo Antonio Conte, un altro grande uomo di calcio, Gennaro Gattuso, pur avvilito, mostrava il suo spessore, rendendo onore alla squadra vincitrice del trofeo. A tale rito, si è invece sottratto il Presidente del Napoli ma, francamente, ciò lascia indifferenti ed è riferito a solo titolo di cronaca.

D’altra parte - e con tutto il rispetto per una compagine come il Napoli – credo che non possa esistere tra la Juventus e la compagine partenopea una rivalità, fondata su ragioni storiche o di blasone. Le uniche, vere, antagoniste di pari livello in capo nazionale della Juventus sono, da sempre, l’Inter e il Milan. Ho motivo di ritenere che il fomentare da parte di alcuni ambienti napoletani l’odio calcistico nei confronti della Juventus sia soltanto strumentale, ovvero cercare di accreditarsi come competitor di pari livello della squadra più vittoriosa della Penisola. Ciò conferirebbe al Napoli una “dignità” calcistica perché lo eleverebbe alla pari di Inter e Milan.

Insomma, quello che sto cercando di argomentare è che la rivalità tra Juventus e Napoli esiste solo nella testa del Napoli, in quanto per la Juventus, il Napoli è una squadra come tutte le altre (ad eccezione, appunto, di Inter e Milan).

Pur con grandissima fatica, la Juventus è riuscita quindi a conquistare, forse meritatamente, la Supercoppa ma, dopo un’iniziale presa d’atto generale della legittimità della vittoria bianconera, sono subito riapparsi i dubbi. Sui social sono comparsi fermi immagine che mostrerebbero Chiellini all’interno dell’area di rigore prima che Insigne calci a lato il rigore (di conseguenza il rigore andava ripetuto, quindi realizzato e il Napoli avrebbe vinto ai supplementari o ai rigori). Come se ciò non bastasse, alcuni pseudo giornalisti hanno affermato che – per il livello di dinamismo espresso per tutta la gara – la recentissima guarigione di Cuadrado dal Covid era stata miracolosa, per cui il colombiano avrebbe dovuto spiegare alla comunità scientifica come ciò sia stato possibile (l’affermazione può essere interpretata in vario modo: Cuadrado era guarito prima ma la Juve aveva taciuto per un piano di subdola tattica oppure la Juventus aveva rimesso in funzione i propri laboratori per dopare i calciatori).

La morale?

Siamo tornati a vincere, quindi siamo di nuovo Rubentus!