L’Annus Horribilis della Juventus si è concluso però nel migliore dei modi per i tifosi bianconeri, rendendo così meno amara una stagione, che sarà ricordata come una delle peggiori del pianeta juventino. Si dirà che è da meschini gioire per le sconfitte altrui, ma, si sa, che, in mancanza di gioie endogene, si gode per gli insuccessi di qualcun altro, in particolare di chi ti odia da sempre.
Era una stagione insomma che poteva concludersi molto peggio proprio in funzione dei successi che avrebbero potuto essere colti dalle squadre italiane impegnate nelle finali delle tre competizioni europee.

Ed invece è stata l’apoteosi
L’aspetto più singolare e caratteristico è che le tre squadre italiane delle finali europee nutrono da sempre un profondo odio sportivo nei confronti della Juventus (dal goal di Turone allo scudetto di cartone degli onesti passando per il supermercato viola dei bianconeri: da Baggio a Chiesa).
Abbiamo iniziato il tour delle meraviglie con la sconfitta, peraltro immeritata, della Roma contro il Siviglia. In tale contesto, militavano almeno tre elementi, che avrebbero potuto rendere ancora più cocente la conquista dell’Europa League da parte dei capitolini: il primo che avrebbero sconfitto in finale la squadra che ci aveva eliminato in semifinale (dimostrando indirettamente una superiorità rispetto alla Juventus); il secondo che a portarsi a casa il trofeo sarebbe stato quel simpaticone di Mourinho, agli juventini inviso da sempre; il terzo, più clamoroso di tutti, che la Roma avrebbe vinto con la rete decisiva di Dybala, ovvero del calciatore che la Juve aveva liquidato come una carretta (a favore, tra l’altro, di quel pippone di un serbo). Sarebbe stato difficilissimo da metabolizzare ma così non è stato..e le lacrime finali dell’argentino sembravano più di rabbia, per la mancata rivalsa nei confronti della Juve, che non di delusione per i colori giallorossi.

Si è proseguito con la sconfitta della Fiorentina, anche questa immeritata, maturata peraltro alla fine dei 90 minuti. Anche in una giornata di festa straordinaria per la Fiorentina (la finale di una Coppa Europea) non sono ovviamente mancati i riferimenti da parte della tifoseria viola all’odio bianconero, con sciarpe inneggianti all’identificazione della Juventus con gli escrementi. Ma tant’è.

Ma Roma e Fiorentina sono state, ammettiamolo, solo l’antipasto per il piatto principale, che ci è stato servito dall’esito della finale di Champions League, dove erano impegnati gli interisti.
Se già un successo dell’Inter in campo europeo sarebbe stato indigesto, figuriamoci se lo stesso fosse coinciso con la vittoria della Champions League nell’anno in cui la Juve era stata praticamente azzerata. Nei giorni precedenti la vigilia della partita sono quindi iniziati i riti scaramantici di preparazione alla finale : presenza di gufi a gogò; busti di Massimo Moratti con appese corone d’aglio al collo; statuine di cera di Lukaku infilzate dagli spilloni (quest’ultimo rito ha funzionato alla grande).

Personalmente (nonostante un paventato potenziale suicidio di cui al mio ultimo articolo) ero però abbastanza tranquillo. Dopo aver visto all’opera il City nella semifinale di ritorno contro il Real Madrid, pensavo che per l’Inter non ci fosse scampo, trattandosi solo di stabilire le reti di scarto.
Ed invece così non è stato, per cui lo striminzito (ed immeritato) risultato finale di 1 a 0 per il City mi ha suscitato un piacere ancora più perverso, immaginando lo sconforto degli interisti (calciatori, dirigenti e tifosi) per non essere riusciti a cogliere un’occasione storica e, credo, irripetibile. Ho nuovamente vissuto (al contrario) l’impresa che la Juventus sfoderò al Bernabeu nella Champions del 2018/2019, dove a pochi minuti dalla fine aveva ribaltato lo 0 a 3 dell’andata a Torino, venendo poi punita da un discutibile rigore concesso al Real. Ero presente sugli spalti del Bernabeu e posso assicurare che i tifosi della Casa Blanca erano letteralmente terrorizzati e la realizzazione del rigore da parte di Ronaldo fu accolta dai madrilisti come il fischio finale di ieri sera da parte dei Citizens.

Al termine della finale di ieri, è quindi seguito un fiume di sfottò all’indirizzo degli interisti e devo riconoscere che non è mancata affatto la fantasia. C’è stato un particolare accanimento nei confronti di Lukaku, con la video rassegna dei tiri respinti dal belga su altrettante conclusioni degli attaccanti interisti (e non solo), che sarebbero state vincenti senza l’intervento del centroavanti interista. Addirittura esilarante l’audio con la voce registrata di Trenitalia che recita “Il treno InterCity Notte 01 con il goal di Rodri è in arrivo al primo binario. Attenzione! Allontanarsi dalla linea bianca che tanto c’è Lukaku che para più di Ederson”. Infine non potevano mancare i richiami a quel campione di sportività di Marco Materazzi.

Esaurita la sbornia e passando all’analisi della partita, devo premettere che è stata la prima volta in cui, in questa stagione, ho visto il City in grande difficoltà, sin dall’inizio della partita. A parere mio, la squadra inglese era palesemente stanca, quasi irriconoscibile, fatta eccezione per alcune individualità, fra tutti Stones. Ma ciò non toglie alcun merito all’Inter, che ha disputato una partita tatticamente perfetta, imbrigliando i calciatori di Guardiola, che dimostravano di capirci poco nell’impostare le azioni, affidandosi alle individualità. Sono venuti clamorosamente meno ai nerazzurri i calciatori più importanti: ad una difesa attenta e compatta hanno fatto da contraltare uno Dzeko impalpabile, un Lautaro egoista, un Barella confusionario ed un Calhanoglu inesistente.
Ciò nonostante l’Inter avrebbe ampiamente meritato il pareggio e se fosse arrivata ai supplementari non so proprio come sarebbe finita, per cui, esprimendo un giudizio da sportivo, dovrei riconoscere che i nerazzurri hanno disputato una partita di assoluto livello, perdendo solo di misura dinanzi al City, dimostrando coesione, orgoglio e coraggio. E’ stata una finale mai scontata, a differenza della mia Juve che nel 2013 e nel 2017 perse le due partite in modo abbastanza netto, quantomeno nel risultato. Si dirà che nel 2013 affrontammo un Barca stellare e che ne 2017 avevamo di fronte i Galacticos ancora nell’Ipergalassia, ma come l’Inter ci ha insegnato, nessuna partita può mai considerarsi scontata.

Insomma, da sportivo solo complimenti all’Inter, ma, quando si tratta di Inter, non posso e non potrò mai essere un osservatore sportivo.