Sono le 3 del mattino; il Festival di San Remo è terminato da poco; ha vinto Diodato (e ne sono felice perché facevo il tifo per lui) con una canzone dal titolo "Fai Rumore"... Come rumore  nella mia testa continua a fare la sconfitta della Juventus a Verona, così tanto da non riuscire a prendere sonno, nonostante la Tv sia stata spenta e mio marito abbia smesso di russare. Mi giro e mi rigiro nel letto, ma niente! Ho caldo, mi scopro; ho freddo, mi ricopro; prendo un cuscino e lo metto sotto la pancia; poi lo sfilo e lo rimetto dietro la testa. Non funziona.

Non mi resta allora che sfilare silenziosamente il pc dalla mia scrivania e rifugiarmi in cucina; scaldo un pò di latte (dicono che funzioni contro l'insonnia) e "strimpello" qualche confuso pensiero sulla tastiera, rifugiandomi nell'amato blog, sebbene domani (...) mi debba alzare presto per accompagnare a giocare a calcio il mio terzogenito, sedici anni, allievo A regionale, ritrovo un'ora e mezza prima del fischio d'inizio (11,00), più un'ora di strada per arrivare, ma ancora prima la colazione da sportivo da preparargli (estratto di frutta fresca e pane tostato con marmellata di fragole self-made).

Tant'è, il sonno non accenna ad adagiarsi sulle palpebre e gli ultimi stramaledetti 90 minuti giocati, ehm... disputati, ehmm.... sì, insomma, presenziati dalla mia squadra del cuore, continuano a rimbombarmi nella mente.

No, non parlerò di schieramenti, moduli, cambi, occupazione di spazi, interscambi tra reparti; per quelli ci sono gli intenditori, i match analyst, i giornalisti, gli opinionisti, i Lele Adanisti...

Ma cavolo, seguo la Juventus da almeno 45 anni e davvero in poche altre occasioni avevo percepito una squadra così passiva, apatica, sconnessa, vuota. E la dichiarazione di Sarri ai microfoni di Dzone "Spero che i senatori mi aiutino" non è risuonata in me come una banale frase del post-gara resa per giustificare errori più o meno gravi dei diversi responsabili, ma come un autentico grido d'aiuto.

L'allenatore della Juventus ha spiegato con malcelata rassegnazione che i giocatori accusano frequentemente vuoti mentali, presumibilmente dovuti all'assuefazione alla vittoria, il che li predispone spesso alla superficialità rispetto alle situazioni di gioco, mentre quest'anno - al contrario di quelli precedenti, ha sottolineato - le squadre stanno lottando punto a punto e quindi non è ammissibile alcuna forma di rilassamento.

Ora, premetto che al buon Maurizio andrebbe ricordato che due anni fa la Juventus fu protaionista di un avvincente testa a testa  proprio contro il suo splendido Napoli e che nel 2015/2016 a fine ottobre la squadra si trovava in undicesima posizione e in entrambe le occasioni riuscì a portare a termine vittoriosamente la stagione - il che smentisce la sua convinzione della pregressa mancanza di concorrenza e di difficoltà che, al contrario erano ben presenti, ma cui i giocatori seppero far fronte con grandissimo spirito di sacrificio e di gruppo -; ma ciò che maggiormente preoccupa la sottoscritta (tanto dall'indurla ad ingurgitare, dopo il latte caldo, una camomilla, nella speranza che qualcosa accada) è che gli stimoli ai giocatori dovrebbero essere trasmessi in primis proprio dall'allenatore, tanto più se, come in questo caso, fino ad ora egli stesso molto poco ha vinto e dunque potenzialmente dovrebbe essere più che mai proiettato verso un traguardo personale tanto ambizioso quanto indispensabile per non auto-distruggersi professionalmente, vista la pesantissima eredità assunta.

E se il segnale è così allarmante, come egli stesso ha ammesso, già nel mese di febbraio, in che modo spera di farci giungere a fine stagione? E la squadra si ricompatterà per magia o lo abbandonerà defintivamente, anche perché magari stanca di sentirsi addossare ogni volta le cause di prestazioni negative? Personalmente ho difficoltà a rammentare, dopo ogni sconfitta, un'analisi tecnico-tattica del neo-allenatore, bravissimo a sciorinare numeri sul possesso palla e sui passaggi consecutivi, ma mai a dare indicazioni tangibili e riscontrbili del suo operato (persino oggi - ehm, ormai ieri... - ha avuto il coraggio di parlare dei "due legni", quando al netto degli episodi la partita è stata semplicemnte invereconda). Il motivo addotto in ogni occasione è sempre e solo stato rinvenuto nell'"atteggiamento", nei "cali di tensione", nell'"approccio"... Non credo che questo modo di porsi sia gradito dai giocatori, che in campo, piuttosto, appaiono sempre meno convinti dei compiti che settimanalmente gli vengono assegnati.

La sensazione che si ha - o almeno la mia - è quella di una costruzione fatta con scatole di lego differenti, cadute per terra e i cui pezzi dopo essersi mischiati tra loro, sono stati incastrati più che assemblati.

Oddio, i giocatori come mattonicini di lego no! Mi sa che comincio ad avere le visioni, forse è il caso che provi a dormire un pò.

A presto amici e come sempre FINO ALLA FINE!