Ieri sera sono andato a letto pensando alle tante voci di mercato che vedono l’Inter sulle tracce di un nuovo portiere.
Nei giorni scorsi si sono affiancati sogni da favola come Oblak a nuovi prospetti che hanno ancora da dimostrare il loro valore come Lafont e Cragno. Ebbene, la sentenza che è venuta fuori nelle scorse ore è che l’Inter pensa a seriamente a sostituire Samir Handanovic. Un po’ come la Juventus con Scznesny, portiere di grande esperienza, ma mai in grado di far dimenticare Buffon, almeno per ora. Forse in Corso Vittorio Emanuele hanno già preparato la strategia: comprare un nuovo numero 1, affiancarlo a Handanovic e in seguito affidargli la porta dell’Inter ogni domenica.
Subito sono partiti gli elogi di molti tifosi nerazzurri, che mai hanno accettato lo sloveno non solo come estremo difensore, ma anche come persona. C’è chi denuncia la freddezza o chi invece si scaglia contro l’apparente incapacità di fare da leader nello spogliatoio. Ma ciò che salta agli occhi più di qualunque cosa sono le numerose critiche sportive che nel corso di questi anni sono arrivate al numero 1 nerazzurro. Tante le conversazioni da bar che miravano a contestare la qualità nelle uscite o, più in generale, il modo di parare.
Ma la domanda da porre a tutti questi sostenitori è la seguente: se in questi anni non ci fosse stato Handanovic, dove sarebbe l’Inter in questo momento?

La storia del Biscione è caratterizzata dalla presenza di tantissimi campioni che hanno ricoperto come si deve la porta nerazzurra. Pensiamo ai vari Zenga, Toldo, Julio Cesar; tutti grandissimi portieri perché avevano il coraggio di fare quello che nessuno sarebbe stato in grado di fare. Non è solo un gioco di parole, ma è la celebre verità.
Il ruolo del portiere è sicuramente il più difficile e a cadere nel baratro più totale è un attimo. E così il ricordo questa volta illumina l’interismo di Zenga, l’esperienza quasi paterna di Toldo e le giocate da spiaggia di Julio Cesar, che con la palla al piede ingannava gli avversari e in porta era un mix tra Alisson e Neuer. 

Ma adesso a Milano c’è Handanovic e le numerose critiche che gli sono arrivate sono abbastanza immeritate. Sì, perché il numero 1 sloveno ha coperto le spalle tantissime volte alla difesa nerazzurra e in tutti questi anni ha compiuto miracoli balistici tanto da essere definito “Batmanovic”. E per citare solo alcuni episodi ricordiamo le clamorose parate nel derby di Milano con Stramaccioni in panchina, le quattro parate consecutive in Inter-Roma terminata 1-0 per i nerazzurri e tutti i miracoli effettuati nella scorsa stagione che hanno permesso agli uomini di Spalletti di staccare il pass per la Champions. Quella coppa che per la prima volta giocherà Handanovic e che ancora una volta fa capire l’amore che il portierone nutre per l’Inter.

Nel calcio, così come nella vita, nessuno è perfetto ed è giusto riconoscere che nell’intero panorama calcistico ci sono numeri 1 in grado di giocare la palla meglio dello sloveno. Ma la bilancia si pareggia sempre, un po’ come per i contabili che devono avere in parità sia il dare che l’avere. E allora chi spesso illumina con i piedi, molte volte sbaglia nelle prese o pecca di continuità. 

Per ritornare al dunque, è giusto che l'Inter pensi anche al futuro, ma cercare come si dice in gergo di fare la scarpetta a Handanovic lo trovo professionalmente scorretto. Nel calcio può succedere di tutto, ma almeno per una volta smettiamola di fissare l’attenzione su una svista che ha permesso di segnare Belotti e incoraggiamo un ragazzo che ama l’Inter e che quando era il momento di migrare verso altri orizzonti ha sempre detto no. Non tutti si sarebbero comportati così. E se le critiche si trasformassero in applausi, forse la parola riconoscenza potrebbe assumere ancora più importanza.