ANTE LITTERAM 
La sfera politica, nel corso del tempo, ha assunto diverse forme a seconda del contesto storico e culturale in cui si è sviluppata. La nascita del regime democratico è riconducibile alla Grecia classica, in particolare alla città di Atene nel VI secolo a.C., dove si sviluppa la prima forma effettiva di governo. In questo contesto fortemente culturale viene coniata la parola democrazia, utilizzata ancora oggi per far riferimento a quella particolare forma di stato che prevede la partecipazione di ampi strati della popolazione nella presa delle decisioni politiche.
Il termine democrazia nasce dall'unione di due parole greche: "demos" - che significa popolo e "kratos", potere. Per questo motivo, la democrazia viene utilizzata per parlare di quella forma di governo nella quale il potere spetta al popolo, il quale è tenuto a partecipare alla vita pubblica e alle decisioni politiche del paese.
La democrazia è l'unica forma mai esistita di stato in cui il potere è posto nelle mani del singolo cittadino; storicamente, infatti, spesso regimi assumevano caratteri più autoritari, consentendo soltanto a una ristretta élite di persone o addirittura a un singolo individuo di prendere decisioni di carattere nazionale.
Lo stato democratico invece, nato come evoluzione dello stato liberale, presenta la caratteristica fondamentale della sovranità popolare e prevede, come sancito nell'articolo 3 della Costituzione, che tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinione politica, condizione personale e sociale, partecipino alla vita pubblica e che beneficino dei diritti fondamentali.

Nel 1925, con l'ingresso in politica del movimento fascista guidato da Benito Mussolini, si verificò un cambiamento tale che dal regime liberale passò a un regime totalitario.
Mussolini governò fino al 1945 quando, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la sua dittatura venne abbattuta e dichiarata la nascita della Repubblica Italiana con l'entrata in vigore della Costituzione nel 1948. Quest'ultima si configura, pertanto, come la legge fondamentale dello stato italiano e in essa si legittima la democraticità della nostra nazione.
La democrazia è ormai la forma adottata nella maggior parte degli stati occidentali, perché considerata dall'opinione pubblica come il sistema politico più adatto alle società ma, nonostante ciò, sia nelle sovranità popolari di più recente costituzione, sia in quelle più vecchie, sono aumentati i segnali di scontento e insoddisfazione nei confronti di leader e istituzioni. Si parla di crisi della democrazia e i suoi principali sintomi sono il livello di sfiducia sempre più crescente nei confronti dei partiti e della classe politica.

IL RACCAPRICCIO
Esistono stati che preferiscono mantenere un regime di carattere più autoritario, perché considerano il regime democratico come meno efficace e più soggetto a rischi di impotenza. In Cina, come nella totalità dei paesi comunisti, il partito dominante esercita un grande controllo sulla popolazione, attraverso caratteri tipici dello stato totalitario, come la limitazione delle libertà personali dei cittadini, il controllo sul diritto di opinione, anche attraverso la censura e la repressione del dissenso; questo però vincola il potere a prestare grande attenzione all'opinione della popolazione, provocando paradossalmente una grande crescita del consenso popolare.
In altri stati, la forma democratica viene mantenuta solo nell'apparenza e non nella sostanza come accade in Russia, dove tutti i cittadini possono votare, ma sono costretti dalla paura e dalla violenza a farlo sempre per lo stesso partito o politico, che instaura in questo modo una forma di governo dittatoriale, travestita da falsa democrazia.

ANNO DOMINI
Il 10 dicembre 1945 Alcide De Gasperi è incaricato da Umberto II di formare il governo. È il primo di una serie di ministeri che egli dirigerà ininterrottamente sino al 1953, ed è probabilmente il più difficile, in una fase di transizione per il paese nella quale si intersecano e si cumulano problemi interni e internazionali, urgenze economiche e scelte di campo. 
l'Italia è in pezzi.
Il reddito nazionale è sceso, nonostante che il costo della vita sia aumentato. I disoccupati, a cui presto si aggiungeranno mezzo milione di reduci dalla prigionia, sono più di due milioni. Sarà necessaria tutta la tenacia di un uomo che non giungeva impreparato al compito e che, ben lontano dalla protervia del politico improvvisato sull'onda delle rivoluzioni e dei rivolgimenti civili, concepiva il servizio pubblico come un duro dovere. Un dovere che, nella coerenza con i propri principii, De Gasperi aveva assolto pagando di persona.
Molte sono le pagine, da lui stesso o su di lui scritte, nelle quali sia possibile trovare un filo conduttore che permetta di capire la dirittura di un comportamento.
Valgano per tutte le parole pronunciate nel congresso di Roma della DC, nel 1945.
"Vi prego di fare uno sforzo per superare il metodo della mitologia politica: non vi sono uomini straordinari. Vi dirò di più: non ci sono uomini entro il partito e fuori pari alla grandezza dei problemi che ci stanno di fronte. Bisogna presentarsi dinanzi questi avvenimenti esterni e interni con l'umiltà di riconoscere che essi superano la nostra miseria. Non c'è nessuno che possegga il talismano per poter risolvere un problema (e guai se qualcuno pensasse di possederlo!) quando questo si presenta in tutta la sua complessità. Per risolvere questi problemi vi sono vari metodi: quello della forza, quello dell'intrigo, quello dell'onestà, quello della fermezza in una fede sicura. Reputo di appartenere alla terza categoria, sono un uomo che ha l'ambizione di essere onesto. Quel poco di intelligenza che ho la metto al servizio della verità, la quale si trova sepolta molte volte sotto strati difficilmente penetrabili, ma esistente. lo mi sento un cercatore, un uomo che va a scovare, a cercare i filoni della verità, della quale abbiamo bisogno come dell'acqua sorgente e viva delle fonti. Non voglio essere altro".

Aveva la necessità, forse come adesso, di vederci chiaro ma soprattutto di sottolineare, ad alleati e avversari politici, che la chiarezza, unita alla sincerità, erano indispensabili per la costruzione e la ricostruzione politica delle anime ancora prima che delle case, miseramente distrutte dalla guerra.
Uno dei passi cruciali e fondamentali per il nostro ordinamento, fu la scelta fra Repubblica o Monarchia.

"Se gli estremisti - diceva - prevalessero alla Costituente e poi al Parlamento, la monarchia non ci potrebbe far niente; essa andrebbe a sinistra sino ad adattarsi all'estremismo rosso. In altre parole, la monarchia, di per sè, non è il diavolo è soltanto un'istituzione "storicamente" colpevole e non più credibile, ma non è neanche un ombrello che possa riparare dalla pioggia della sinistra".

Il suo primo governo fu caratterizzato dal problema della difesa della lira contro l'inflazione, ma fu anche e soprattutto quello che chiuse definitivamente il periodo della guerra (con la ratifica del trattato di pace che consentì di riaprire il capitolo dei nostri rapporti internazionali), quello del Piano Marshall, concepito originariamente dagli americani come destinato a tutta l'Europa ma respinto da quella orientale dietro precisa imposizione del Cremlino (la Cecoslovacchia, ad esempio, l'aveva già accettato ma dovette fare precipitosamente marcia indietro).

"Si fa presto" - disse De Gasperi - "a mettere assieme socialisti e comunisti, demo-laburisti, rappresentanti delle classi operaie e della borghesia massonica; si fa presto a commentare secondo l'antica ricetta, vecchia e ammuffita, del bloccardismo e poi atteggiarsi come si dovesse combattere solo contro conservatori e reazionari".

La storia si ripete? Stiamo rivedendo un film già visto? 
In una bella pellicola di Luigi Magni del 1990 con Nino Manfredi e Alberto Sordi, c'è una frase che racchiude gran parte di quello che succede, come in una sorta di ambaradan, nel nostro paese a poco più di un mese da elezioni libere e democratiche. "Le fucilate si perdono in aria. Le parole restano, e col tempo la gente se le ricorda".

Non facciamo in modo che nel momento stesso in cui si mitizza il popolo sovrano lo si tratta, come di consueto, come un popolo bue impartendo lezioni da una cattedra di cartone costruita da schiavi del complesso di Aristotele.
Del resto, la storia del genere umano diventa sempre più una gara fra l'istruzione e la catastrofe; per questo insegna ma non ha scolari.
Né memoria.