“L’allegrezza è appropriata al gallo, che d’ogni piccola cosa si rallegra e canta con vari e scherzanti movimenti”.

Lo scrisse Leonardo da Vinci. Non uno qualunque e nemmeno uno di cui fidarsi poco.

Ma, in generale, del gallo in sé, sono sempre girate voci molto positive: un animale con un costante occhio vigile; una posizione eretta, come per scrutare ogniqualvolta una situazione e non farsi cogliere mai di sorpresa; scruta e osserva le tenebre, perché è consapevole che, con lui, queste spariranno.

È portatore di gioia e di lucentezza. Con la sua tenacia è pronto a sconfiggere qualsiasi cosa, senza scoraggiarsi e impaurirsi mai. Lo diceva anche Plinio il Vecchio, affermando che è <<un animale talmente battagliero da terrorizzare persino i leoni>>.

Cresta sempre alta e pronto ad emanare quel bagliore di luce che sembra non assopirsi mai. Grinta, passione, e animo granata. Lui, è Andrea Belotti.

Faccia pulita… e "rossa" granata

Pace, quiete e tranquillità. Sinonimi, ma che rendono l’idea di dove è cresciuto questo ragazzo.

Niente favelas, sparatorie e vite da strada. La storia di Andrea è disegnata dalla semplicità che caratterizza tutti noi. Perché si sa, a noi basta poco per farci avere il sorriso. E per lui è così. Genuino, pacato e imbevuto di umiltà. Non è nato nelle terre sudamericane, argentine o brasiliane che siano. È sbocciato nella nostra bella penisola. Calcinate precisamente, un comune di poco più di seimila abitanti, ma che ha visto anche i volti di Vierchowod e Gabbiadini.

Sono un ragazzo semplice e magari all’apparenza un po’ timido. Mi piace pescare […] Una passione nata fin da piccolo con mio papà e mio fratello […]

E mentre lo dice, un po’ di rossore in volto. Come quando la butta dentro. Come la maglia granata.

Dall’oratorio alla paura di non saltare

I primi calci al pallone non si scordano mai. Sono l’avvio di un sogno, quei piccoli passi che, girandosi indietro, sono il segno di una consacrazione. Una materializzazione di ciò che era soltanto utopistico.

E più piccolo di Calcinate, c’è l’oratorio di Gorlago. Un po’ più di 5000 abitanti, dove tutti sono secondi ad Andrea: troppo forte, un bel fisico, astuto con la palla, insomma, è diverso. Possiede un qualcosa in più. Tanto basta per andare alla Grumellese. Le lancette dell’orologio si spostano avanti di tre anni e già le voci che circolavano su di lui hanno un altro fascino. Medesime in senso positivo; differenti in senso professionale. Un provino all’Atalanta per fare il grande salto, ma invece, quella risposta mai arrivata dal club bergamasco, gli ha tagliato le gambe, facendolo vivere con la paura di non saltare più.

Così non è stato.

L’ancora Albinoleffe

Giocare nell’Atalanta, per lui, sarebbe stato un onore. Grande club, ma soprattutto, un orgoglio per il papà, visto che è tifoso della Dea. Però, per lui, è stata disegnata un’altra strada e, prima che si perdesse tra lo sconforto e la paura di non ritrovarsi, ecco che l’ancora di salvataggio viene lanciata dall’Albinoleffe.

L’essere scartato dall’Atalanta mi ha fatto male, ovviamente. Per fortuna poi è arrivato l’Albinoleffe: da allora mi sono sempre concentrato nel dare il meglio. Un mio mister mi disse di non mollare mai, perché avevo le qualità per emergere: preziose parole che non ho mai dimenticato.

Si alterna tra la linea mediana e la fascia, ma sotto la guida di Alessio Pala, nella Primavera, si sposta come punta centrale. Forte sia con il piede debole che con quello preferito. Bravo nel gioco aereo e amante delle acrobazie.

Lì dietro sarebbe stato uno spreco.

A Palermo, l’uomo della certezza

Capocannoniere dell’Albinoleffe, con la squadra giovanile, e Trofeo Dossena portato a casa. Nel mentre, giocava anche in prima squadra, portando il bottino a 14 reti.

Poi, Palermo chiama e lui risponde al volo. Non solo alla chiamata del club, ma anche in quella del mister in campo: viene lanciato molto spesso a partita in corso ed è lì che alza la cresta. È l’uomo della certezza, che se chiamato alla battaglia sa sempre rispondere presente.

Nel calcio bisogna essere pronti a tutto. Una partita è come una battaglia e quindi bisogna esser pronti a giocarti tutte le proprie carte sia sottoforma di squadra che gruppo.

Non solo nel manto verde, ma anche fuori. Nello spogliatoio e nella collaborazione. Umiltà, caparbietà e tenacia. 16 gol in 62 presenze.  A Palermo ha trovato la certezza che aveva smarrito dopo Bergamo. Di lì in poi, i sogni hanno cominciato a prendere forma.

Gallo Belotti, animo granata

Qui non è avvenuto solo un passaggio di proprietà, ma qualcosa di molto più intenso. Dire e scrivere che Andrea sia passato nel 2015 da Palermo a Torino, è sinonimo di riduzionismo, svalutazione e superficialità.

La storia del Grande Toro, la casacca granata, il non mollare mai, è tutto racchiuso lì dentro. Un qualcosa di ineffabile, che ci fa affermare che il Torino sia la squadra giusta per il Gallo. Ma non per una questione di abitudine, ma proprio di sentimenti.

Godere quando la butta dentro, il rossore che dipinge il suo volto di grinta, il sudore che spende per una maglia così pesante, è puro calcio. È vecchio calcio. Quello vero. Come un leone, anzi, come un Gallo, perché come scrisse Plinio è un animale talmente battagliero da terrorizzare persino i leoni.

Basta guardare il gol contro la Roma.

La carica dei 101

12 la prima stagione; poi 28 in quella dopo; 13 nella terza; 17 nella quarta; 22 nella quinta e 9 solo adesso, dove detiene una media più alta della seconda stagione.

101 in totale. Dove nel 2017 prese per la prima volta la fascia di capitano, segnando una tripletta. Una tripletta al suo Palermo. Volto granata, maglia granata e cuore aggiungerei. Di lì in poi è stato un continuo, un fiume in piena.

Quell’esultanza che lo ha sempre contraddistinto. La porta sempre con sé, anche se dovesse segnare il gol della bandiera sul 10-1. Il Gallo è uno sentimentale, uno di noi. Un ragazzo di provincia, un sognatore. Uno che sognava un giorno di giocare a calcio e che adesso si ritrova ad essere l’ottavo marcatore della storia del Toro.

101 sono tanti, ma non sono destinati a rimanere tali.

La consapevolezza di essere Andrea Belotti

Ce ne sono stati tanti di paragoni. Uno in assoluto quello di Gennaro Gattuso:

Dopo Sheva, in vita mia ho visto solo Belotti tirare quindici ma anche venti volte in porta, centrando sempre lo specchio […]

Non un commento banale. Sheva è l’idolo di Andrea, e lo sa bene camera sua, dove ha affisso un poster dell’ucraino. Emiliano Mondonico disse che gli ricordava Vialli e, Pulici – colui che sta in vetta nella classifica marcatori del Torino – disse che gli ricordava Graziani.

Commenti che fanno girare – a fin di bene – la testa del Gallo, ma con umiltà e consapevolezza, afferma:

Io sono sempre di un’idea: io sono Andrea Belotti e le caratteristiche che uno ha, non le ha nessun altro.

Senza paragoni, ma solo e soltanto la consapevolezza di essere se stessi, di essere Andrea Belotti.

E se non fosse stato per Ventura…

Petrachi – ex ds di Torino e Roma – preleva per 7,5 milioni di euro Belotti dal Palermo.

Nelle prime quattro-cinque partite non ha visto neanche la porta. Era andato in una depressione incredibile […] Lì c’è stato anche un lavoro di équipe: Ventura è stato bravissimo, che con i giovani ci sa fare e sa dare la giusta tranquillità e serenità.

Petrachi affermerà quanto anche lui abbia rincuorato il giocatore, facendogli capire quando credeva in lui. Bastava sbloccarsi, fare il primo gol per diventare una macchina da guerra.    Perché se non ci fosse stato Ventura sulla panchina del Toro, probabilmente Belotti, non lo avrebbe preso.

Ventura era bravo con i giovani e il Gallo stesso lo affermerà, dicendo che ha sempre creduto in lui anche quando non segnava. Poi, però, quando la buttava dentro, l’ex allenatore e c.t., lo imitava nell’esultanza.

Dal sogno Nazionale a centravanti della Nazionale

Sì, perché in un’intervista ai tempi del Palermo, raccontava quanto avrebbe sognato una maglia della Nazionale. Già a quei tempi veniva convocato per l’U20, dove ha sempre trovato il gol, (2 gol in 6 presenze con l’U-19, 4 gol in 9 presenze con l’U-20 e 9 gol in 18 presenze con l’U-21) ma indossare la maglia della prima squadra ha tutto un altro fascino.

Ad oggi, in 31 presenze, Andrea ha alzato la cresta per dieci volte. Perché il sogno di indossarla, alla fine, si è materializzato. Rappresentare un popolo, una Nazione, è sempre emozionante. Specie per uno come lui, che vive di questo.

Con Immobile si gioca la maglia da titolare per il prossimo Europeo. Lo stesso con cui, qualche anno fa, faceva sognare il Toro, ma che adesso, da solo, da vero capitano, se lo sta mettendo sulle spalle, cercando di uscire da una situazione indelicata.

Andrea Belotti, conosciuto come il Gallo

Un’esultanza originale, particolare, ma che in poco tempo ha condizionato tutta Italia:

Da piccolo andavo da mia zia, che ha un’azienda agricola in provincia di Bergamo. Mi raccontava di quanto ero ammirato da questi animali con la cresta: li rincorrevo, li ammiravo e da lì è nato questa sorta di amore per loro.

Una passione un po’ inusuale, che non si sente tutti i giorni. Ma non è solo per questo:

E perché il mio amico Juri Gallo mi ha detto di fare questa esultanza per scherzo: ho subito segnato e non ho più smesso di farla.

Una dichiarazione commovente. Lo disse diversi anni fa e chissà se il rapporto è rimasto tale. Però, l’emozione, sta nel fatto che quell’esultanza sarà sempre incisa da un sentimento di un caro amico e contrassegnata da un ricordo che non se ne andrà mai, anzi, che verrà rinnovato ogniqualvolta che la butterà dentro.

Ci mise la parola Pablito

E quando rammentiamo Paolo, ci si scalda sempre il cuore. Quasi quattro anni fa, per il centravanti del Torino, spese delle parole meravigliose:

Belotti è fortissimo […] È un attaccante potente, di razza, cattivo. Ha una forza fisica che io non avevo: in area è più spettacolare e più cattivo anche di 'Ciccio' Graziani. Non dico che talvolta metta paura, ma quasi...

Eppure, quella faccia sbarbata ancora avvolta nella fanciullezza, rossastra quando si sfoga dopo un gol alzando la cresta e quei 101 gol destinati ad incrementarsi, sembrano destinati ad un lieto fine. A ricordarci quel calcio pieno di valori e portatore di considerazioni emotive.

Il sogno di spingerci in alto al prossimo Europeo e magari anche al prossimo Mondiale. Nel nome di Andrea, quel ragazzo di Calcinate, con il sogno di diventare calciatore.