“Notte di Coppa Campioni... notte che non finirà mai…” recitava un vecchio inno della Juventus che suonava, prima di ogni partita, nel vecchio Delle Alpi tra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila. Siamo soltanto agli ottavi di finale e il gruppo bianconero è già chiamato a regalare ai suoi tifosi una di quelle notti europee da tramandare negli anni. Unica squadra, tra quelle che hanno chiuso il girone al primo posto, ad aver perso la gara di andata di questa eliminatoria, la Juventus è obbligata a ribaltare il risultato di Oporto per proseguire il suo cammino nella competizione e anche per mettere alle spalle le recenti sanguinose eliminazioni subite nelle ultime due stagioni contro Ajax e Lione.

I segnali di ripresa mostrati nella rimonta di sabato sera contro la Lazio, inducono i tifosi bianconeri ad un cauto ottimismo. Serve un approccio forte e deciso. Un approccio che metta subito in chiaro ai giocatori del Porto che per loro sarà durissima uscire indenni dallo Stadium. L’errore più grande sarebbe quello di credere che potrebbe bastare anche un solo gol per superare il turno. La partita va giocata con forza, intensità e consapevolezza. Il ricordo della semifinale di Europa League contro il Benfica è ancora vivo nella mente di tutti i tifosi. Anche in quella occasione bastava fare un gol ma non arrivò mai. 
Dopo il rodaggio di qualche minuto effettuato da Bonucci e Arthur sabato sera contro la Lazio, Pirlo recupera, almeno per la panchina, anche Chiellini, che mancava dall’elenco dei disponibili proprio dalla partita di andata al “Do Dragao”, e De Ligt. Assente Danilo per squalifica, il mister bianconero, dopo le scelte coraggiose compiute nella gara contro i biancocelesti, torna al suo sistema di gioco consueto e presenta una linea difensiva formata da Cuadrado ed Alex Sandro sulle due fasce e la coppia Bonucci - Demiral al centro, a protezione della porta difesa da Szczesny. In mezzo al campo, Arthur si riprende il suo posto in cabina di regia. Al suo fianco gioca Rabiot. Chiesa parte dalla sinistra per favorire la salita di Cuadrado dalla parte opposta, come ormai siamo abituati a vedere nelle “transizioni liquide” imposte da questo sistema di gioco, mentre a Ramsey spetta il famoso doppio ruolo tra la fascia destra e la trequarti. In avanti Ronaldo e Morata. Una coppia offensiva che negli anni ha sempre mostrato particolare confidenza con le grandi notti europee. Il ritorno in campo di Bonucci dal primo minuto, priva Pinsoglio di un valido supporto per sostenere i ragazzi in campo. L’onere del tifo torna quindi tutto sulle spalle del terzo portiere. 
Dalla panchina portoghese, Conceicao risponde riproponendo lo stesso undici della gara di andata. Un 442 che, davanti alla porta di Marchesin, prevede al centro l’esperienza di Pepe affiancato da Mbemba, mentre ai lati agiranno Manafa e Zanusi. Uribe e Sergio Oliveira formano la coppia di mediani,  sulle due fasce invece si muoveranno  Corona e il brasiliano Otavio. In attacco conferma per Taremi e Marega, i due marcatori della sfida di Oporto.
I soliti spot, seguiti dal solito inno che introduce le partite della manifestazione, aprono la serata. Il fischio dell’arbitro olandese Kuijpers si leva acuto nello Stadium deserto a  comandare l’inizio dell’incontro. L’avvio della Juventus è incoraggiante. La squadra bianconera si riversa subito nella metà campo del Porto, determinata a trovare quel vantaggio che sposterebbe l’inerzia della sfida. La prima palla gol capita sulla testa di Morata, bravo a muoversi con i tempi giusti tra le linee avversarie sul cross di Cuadrado. Il suo colpo di testa, nel cuore dell’area di rigore, è forte ma troppo centrale e trova i riflessi pronti di Marchesin. Le buone sensazioni trasmesse dalla primissima parte di gara però si spengono con questa occasione. Il Porto riesce a prendere le misure e a rispondere, rendendosi pericoloso a sua volta.  Zanusi sovrasta Cuadrado, liberandosi di prepotenza lungo la linea di fondo. Il cross arretrato trova Taremi pronto alla battuta in piena area. La sua conclusione a colpo sicuro si infrange contro l’opposizione frontale di Bonucci, il successivo colpo di testa dello stesso centravanti iraniano, scaturito dal rimpallo, si spegne contro l’incrocio dei pali.

Il Porto è ben presente e pericoloso dentro la partita. Conceicao ripropone le stesse soluzioni che tanto efficaci si dimostrarono nella gara di andata. Manda i suoi giocatori in pressione quando la Juventus costruisce la propria azione dal basso, per poi compattare la squadra su due linee serrate, all’interno della trequarti difensiva, con lo scopo di chiudere i varchi e cancellare la profondità alla manovra bianconera. I portoghesi si muovono meglio. Gestiscono bene lo spazio e le distanze sul terreno di gioco, sfruttando ampiezza e profondità. La Juventus mostra segnali preoccupanti che si concretizzano poco prima del ventesimo minuto. Zanusi, Taremi, Corona. In tre passaggi il Porto copre il campo in tutta la sua larghezza, da sinistra a destra, trovando la Juve scoperta da quella parte. Corona serve Marega che si allarga per ricevere il pallone e poi lo gira subito dentro l’area. Taremi anticipa un Demiral troppo irruento. L’entrata del turco è ingenua e fallosa, l’arbitro Kuijpers concede il calcio di rigore. La mente del tifoso vola per un momento al penalty negato a Ronaldo negli istanti finali della gara di andata ma, in questa circostanza, abbiamo davvero poco da recriminare. L’errore è tutto di Demiral. Sergio Oliveira si presenta sul dischetto. Ronaldo parla con il sempre sorridente Szczesny. Il portiere polacco evidentemente attraversa una fase molto felice della sua vita. Non si nega mai una risata. Siamo sinceramente contenti per lui. Sergio Oliveira calcia con decisione incrociando con il destro, Szczesny e il suo sorriso volano dall’altra parte. Il Porto è in vantaggio.
La Juventus accusa colpo. La manovra va a chiudersi sempre nello stesso imbuto. Il Porto gioca meglio. Muove il pallone sfruttando le fasce, le sovrapposizioni, l’ampiezza e gli spazi che le macchinose transizioni tra le due fasi, previste dal gioco rivoluzionario di Pirlo, finiscono per concedere. Da una spettacolare uscita dalla difesa, fatta con tocchi ravvicinati e improvvise verticalizzazioni, tutto di prima intenzione, i portoghesi liberano al tiro Corona, sulla destra appena dentro l’area. La conclusione dell’ala messicana chiama Szczesny alla presa a terra. I portoghesi trovano la superiorità numerica in ogni zona del campo arrivando alla conclusione in diverse circostanze.
La Juventus non riesce a proporre contromisure adeguate. Il calcio di Pirlo mostra i soliti limiti, ormai noti a tutti tranne che a lui. Conceicao lo limita senza particolari sforzi, mantenendo la linea difensiva bassa e compatta a ridosso dell’area, intasando gli spazi e cancellando ogni possibilità per la Juventus di trovare la profondità. La linea di attacco a 5 punte finisce schiacciata contro il muro portoghese. Servirebbe aprire il campo, servirebbero le sovrapposizioni sulle fasce per allargare il gioco e colpire. Non si vede niente. La Juve continua a palleggiarsi addosso con i tre uomini che restano dietro e i due centrocampisti. Non ci sono movimenti e nemmeno si capisce come potrebbero esserci se ogni volta che i bianconeri entrano in possesso palla, mezza squadra corre a formare la linea avanzata.
La regia regala una inquadratura dall’alto in cui si nota in maniera chiarissima il 325 con il quale la Juventus manovra la palla in fase offensiva. La linea avanzata che si schiaccia contro quella di difesa, il pallone che si muove nelle retrovie. Sembra più un sistema di attacco da football americano piuttosto che da calcio. Il regista che diventa quarterback per lanciare le corse e gli uno contro uno degli attaccanti. In verità di corsa se ne vede poca. La linea difensiva del Porto copre bene, aumenta di uno o due uomini in base alle situazioni, chiude ogni possibilità sui lanci alti e blocca facilmente le azioni “alla mano” proposte dalla Juventus. 
Tom Brady e Rob Gronkowski giocano nei Tampa Bay Buccaneers. Il football americano è un gioco differente rispetto al calcio. Le idee di Pirlo, come al solito, restano sulla lavagna tattica. La manovra della Juventus si risolve sempre con un pallone a Cuadrado e la ricerca della giocata individuale. Chiesa finisce per lunghi tratti di partita emarginato laggiù sulla sinistra. Prova ad entrare dentro il campo per cercare qualche pallone ma finisce per aumentare la confusione nel solito imbuto centrale prodotto dalla lenta manovra bianconera. Pirlo, più volte inquadrato dalla regia, osserva la partita, batte le mani e dice “dai, dai”. Questo è tutto il contributo che fornisce durante il primo tempo l’allenatore della Juventus.
Un'occasione capita sui piedi di Morata che, su cross di Cuadrado, approfitta dell’errore di Mbemba, saltato verso il pallone sbagliando i tempi dell’intervento. Il centravanti spagnolo controlla e tira da posizione defilata trovando l’opposizione di Marchesin. Il primo tempo scivola via troppo velocemente, con il Porto che inizia a concedersi qualche piccola fastidiosa perdita di tempo.

I vari gruppi su whatsapp rimangono quasi silenziosi durante i quindici minuti di pausa. La voglia di commentare è poca. Prevale lo scoramento, gli animi sembrano quasi rassegnati all’eliminazione. La Juventus non ha offerto nessun appiglio che possa indurre almeno un minimo di ottimismo. La pessima prova di Ronaldo, lento e completamente estraneo alla partita, provoca un ulteriore moto di sconforto. L’intervallo non porta nessuna novità.
Si ricorre alla scaramanzia. Il tifoso bianconero davanti alla tv, già quasi rassegnato, rinuncia alla trasmissione in 4k di Sky e sintonizza il televisore su Canale 5, dove, anche se in semplice HD, il bravo Pardo racconta la partita.
La mossa scaramantica funziona. La scintilla si accende all’improvviso. Bonucci, dalla trequarti, con un lancio verticale a scavalcare la difesa trova Ronaldo, partito con i tempi giusti oltre la linea avversaria, smarcato in area. Il portoghese, spalle alla porta, defilato all’altezza del primo palo, con un solo tocco controlla il pallone servendo Chiesa che con l’interno del destro trova l’angolo alto del palo opposto. La Juventus pareggia all’inizio del secondo tempo. L’assist per Chiesa sarà anche l’unica giocata della partita di Ronaldo meritevole di essere ricordata.
Il Porto non ha nemmeno il tempo di organizzarsi alla ripresa di gioco che la partita incontra una nuova svolta. Taremi, ammonito un minuto prima per un intervento falloso ai danni di Chiesa, protesta, dopo un fallo fischiato a metà campo in favore della Juventus, scagliando lontano il pallone a gioco fermo. Il secondo cartellino giallo è inevitabile. Il Porto resta in dieci.
Nei minuti successivi la Juventus vive il miglior momento della partita e dell’intera eliminatoria. La qualificazione sembra a portata di mano. La squadra bianconera produce il massimo sforzo per cercare di raggiungerla. Il Porto sbanda, perde la sicurezza e le distanze. Rabiot lancia in profondità Chiesa che batte sullo scatto Corona, salta Marchesin con un colpo di testa ma nello slancio si allunga il pallone un centimetro di troppo e, in scivolata, pressato dal recupero di Pepe, riesce solamente a toccare sul palo. La Juventus ci crede. Pirlo batte le mani e dice “dai, dai, dai” con maggiore convinzione. Lo sguardo del condottiero bianconero non è però di quelli che infiammano gli animi pronti alla carica. 
Il ritmo di gioco è più alto, la manovra non è perfetta ma molto più intensa. Cuadrado da destra lascia partire l’ennesimo cross. Il pallone teso taglia l’intera area di rigore per incontrare, all’altezza del secondo palo, la testa di un dirompente Chiesa che scaglia nella porta di Marchesin il gol del vantaggio juventino. La sfida è ora in totale equilibrio. Pinsoglio entra in campo per festeggiare la rete trascinandosi dietro tutti i componenti della panchina, in un momento di entusiasmo collettivo che lascia trasparire la convinzione della squadra di andarsi a prendere la qualificazione. L’abbraccio è forte, trasmette l’idea di un gruppo determinato a raggiungere il traguardo. Manca mezz’ora e il passaggio del turno sembra davvero solo una questione di tempo. L’inerzia della gara è adesso completamente nelle mani della Juventus.
Sergio Conceicao cerca di correre ai ripari inserendo un altro difensore. Sarr prende il posto di Otavio, totalmente sovrastato dalla spinta di Cuadrado in questa fase della partita. La mossa del tecnico portoghese restituisce al Porto una nuova organizzazione, aiutando la squadra bianco azzurra a superare il momento di maggiore difficoltà. La difesa non sbanda più, i giocatori si mostrano nuovamente puntuali nelle chiusure. 
La Juventus ricade nel suo solito gioco prevedibile e ripetitivo. Si ritrova costantemente nella metà campo avversaria ma produce trame scontate che si risolvono tutte con un lancio da trequarti campo che non crea difficoltà agli avversari. L’azione tipo della squadra di Pirlo prevede la palla nei piedi di Arthur, un passaggio corto a Rabiot poi indietro a Bonucci. A quel punto il gioco si allarga un minimo a sinistra per Sandro che cerca di nuovo Arthur poco più avanti. Gli attaccanti nel frattempo sono già da una buona mezz’ora schiacciati contro la linea difensiva. I movimenti non esistono. Gli spazi non si aprono. Arthur non ha altre soluzioni che allargare il pallone per Cuadrado. Il colombiano dalla trequarti effettua un cross che finisce il più delle volte respinto dalla testa di Pepe. 

Passato il momento di maggiore difficoltà, anche in dieci uomini, pur soffrendo più che nel primo tempo, il Porto riesce a mantenere la rotta. Copre bene il campo, corre meglio della Juve. Nonostante l’inferiorità numerica trova linee di passaggio che gli permettono almeno di venire fuori dalla pressione per qualche momento.
Pirlo propone le sue prime mosse. Lascia il campo Ramsey, al suo posto entra McKennie. Cambio di uomini ma nessuna novità tattica. Si continua a giocare alla stessa maniera. L'americano rileva ruolo e mansioni del compagno sostituito. Esattamente come il gallese, andrà a creare ulteriore intasamento al limite dell'area, a ridosso della linea difensiva di Conceicao, diventata a cinque con l’ingresso di Sarr. Con McKennie entra anche De Ligt. L’olandese prende il posto di un Bonucci che non sembra felicissimo di lasciare il campo. Una smorfia di disappunto poi si ricompone e raggiunge il suo solito posto, nella parte alta della panchina, da dove sosterrà i compagni.
La ricerca della porta passa sempre di più attraverso le soluzioni individuali, soprattutto di Cuadrado. Un nuovo cross del colombiano libera Ronaldo all’altezza del secondo palo. Da una posizione per lui favorevole, l’attaccante portoghese cerca di incrociare di testa sul palo più lontano mancando la porta di parecchio. Per Ronaldo siamo forse alla prestazione peggiore da quando veste la maglia bianconera. Lento e fermo, completamente fuori dalla partita. I pericoli per la porta di Marchesin passano soprattutto attraverso i piedi di Chiesa e di Cuadrado. Lanciato da Rabiot, l’ala bianconera salta secco Corona ma vede la sua conclusione ribattuta dall’uscita bassa del portiere avversario. L’ultima grande occasione arriva in pieno recupero con un'iniziativa individuale di Cuadrado che salta secco Luis Diaz, subentrato da qualche minuto al posto di Zanusi, e di sinistro colpisce la traversa. Come spesso accade nelle serate europee, la fortuna non assiste la Juventus.

Il triplice fischio dell’arbitro Kuijpers decreta la fine dei novanta minuti. Si va ai tempi supplementari. L’ombra dei calci di rigore si allunga sulla partita. La sensazione che la Juventus in questo secondo tempo abbia sprecato una grande opportunità avanza in maniera inquietante. La prima frazione dei supplementari scorre via senza particolari sussulti. La prima occasione è per il Porto. Un colpo di testa di Marega, facilmente parato da Szczesny, sugli sviluppi di un calcio d’angolo. La fatica si fa sentire e sembra colpire pure l’arbitro che inizia ad invertire i falli, a dimenticare qualche ammonizione e ad inventarne di altre. Come prevedibile si accentuano i tentativi da parte dei giocatori del Porto di perdere tempo. Ad ogni contrasto, qualcuno resta a terra per un periodo di tempo che sembra sempre superiore rispetto al necessario. Pirlo si gioca le carte Bernardeschi e Kulusevski, richiamando in panchina Arthur ed uno straordinario ma esausto Chiesa. Inizia il secondo tempo supplementare con la Juventus che cerca, in maniera sempre più confusa e meno efficace, il gol della qualificazione ed il Porto che si difende con ordine, punta ai rigori ma non rinuncia a ripartire quando si creano le opportunità. Non si verificano occasioni importanti. Un paio di strappi di Kulusevski, un contropiede di Luis Diaz, una conclusione centrale da fuori area di Morata.
Da una valutazione errata dell’arbitro olandese Kuijpers, arriva l’episodio che decide la qualificazione. Rabiot ferma Luis Diaz entrando in maniera pulita sul pallone. Kuijpers vede qualcosa che non c’è. Fischia fallo e ammonisce il centrocampista francese. Mancano cinque minuti ai rigori. Il punto di battuta è molto distante, trenta metri più o meno. Sergio Oliveira decide di provare lo stesso. Avrà ragione lui. Parte un tiro rasoterra che non sembra irresistibile ma che supera i tre uomini in barriera e batte Szczesny, apparso in netto ritardo nella circostanza. Il replay evidenzia il grave errore dei giocatori in barriera (Morata, Ronaldo e Rabiot) che si sono aperti e si sono voltati, permettendo ad un pallone praticamente innocuo di trasformarsi in un tiro in porta. E’ il gol del pareggio che significa qualificazione per il Porto. Mancano cinque minuti e alla Juventus servirebbero due reti per ribaltare il destino. Un gol arriva subito, alla prima occasione. Calcio d’angolo di Bernardeschi e colpo di testa preciso di Rabiot, lasciato abbastanza libero di colpire in piena area. La speranza si riaccende ma si rivelerà una speranza effimera. Il tempo restante, compresi i tre minuti di recupero, scorre via tra perdite di tempo, proteste e giocatori del Porto che stramazzano a terra ad ogni contatto. Il tifoso bianconero davanti alla tv rivive le scene di quel lontano Juventus - Benfica. Partita diversa nel suo svolgimento, ma conclusa alla stessa maniera, con i portoghesi a perdere secondi preziosi ad ogni occasione.
Un’ultima disperata mischia, risolta dall’intervento di un attento Marchesin, e arriva il triplice fischio di Kuijpers a chiudere partita ed eliminatoria.
Per la seconda stagione consecutiva, la Juventus, dopo aver vinto il suo girone, esce agli ottavi. Un’eliminazione che sorprende fino ad un certo punto. Nel doppio il confronto il Porto ha sicuramente espresso un’organizzazione migliore. Senza la sciocchezza di Taremi, costata ai portoghesi l’inferiorità numerica per larga parte dell’incontro, forse non ci sarebbero neppure stati i tempi supplementari. 

L’amara notte europea segna il fallimento della scommessa Pirlo. Il suo e quello di chi lo ha scelto. La Juventus ha giocato due partite affidandosi all’unico schema che il suo allenatore sembra conoscere, un sistema di gioco oltretutto troppo complicato (oppure insegnato male), rendendo il doppio confronto di semplice lettura per Conceicao, che con un paio di contromisure, addirittura banali nella loro semplicità, ha portato all’evaporazione il calcio “liquido” di Pirlo. Non si è vista nemmeno una volta, nell’arco delle due partite, un’intuizione del nostro allenatore che potesse in qualche modo rompere il copione di un confronto che per almeno una partita e mezza ha visto il Porto completamente padrone della situazione. 
Nonostante i nostri rivali fossero arroccati in difesa, neppure nel nostro momento migliore, subito dopo i due gol di Chiesa e l’espulsione di Taremi, abbiamo visto il nostro tecnico rinunciare ai tre centrali in difesa per impostare il gioco. Non si è vista in due partite la sovrapposizione di un terzino, il tentativo di creare una superiorità numerica sulle due fasce per allargare le maglie della retroguardia avversaria. Una discesa sul fondo, un cross arretrato. Niente di simile all’azione del gol che ha permesso alla Juventus di sbloccare la partita contro lo Spezia, ad esempio. La squadra di Pirlo ha insistito testardamente nel cercare spazi per vie centrali, dove era apparso subito evidente che non ce ne fossero, con l’unico risultato di chiudersi costantemente nell’imbuto predisposto da Conceicao. L’azione continua di Cuadrado e lo spirito indomito e guerriero di Chiesa hanno preso per mano la squadra, trascinandola fino ad un passo da una qualificazione che, per quanto mostrato nelle due partite, la Juventus forse non avrebbe nemmeno meritato.
Finisce dunque il cammino bianconero in Champions League. L’amarezza è grande, ma forse per il bene delle scelte future è meglio così. Non ci sarà nessun effimero traguardo intermedio con il quale nascondere, almeno in parte, il disastro che stiamo vivendo e su cui poggiare eventualmente le basi per una seconda stagione con Pirlo in panchina. Eliminati agli ottavi da una squadra organizzata ma non irresistibile, distanti dieci punti dalla vetta della classifica, la stagione inizia a mostrare un conto pesante alla società e ad una scommessa che fin da subito è sembrata troppo azzardata.