"Pisa grande amore, solo tu la mia città, come un tempo oggi ovunque la tua storia è ormai realtà” recita la famosa hit musicale di Alberto Nelli, cantautore pisano che nel corso degli anni ha calcato i palchi dell’Arena di Verona, del Festival dei Rolling Stones e del Lucca Summer Festival.
Un inno alla città, componente fondamentale nel corso della storia dell’uomo e portata avanti da tutte quelle tradizioni che identificano un popolo, attraverso l’arrivo dei turisti e l’amore per la propria patria. Concetti, tradizioni, amicizie e vecchi ricordi che si identificano nel moto della cultura, teorizzata come una summa di valori che identifica un gruppo umano permettendo di attuare un rapporto diretto con l’ambiente circostante.
Riflettendoci bene, anche il calcio riesce ad unire una città con un po’ di buonsenso, un qualcosa di astrale volto a testimoniare l’affetto per la propria squadra, identificata nella magia e nella perseveranza, istanza essenziale per coronare un sogno. E quando la cultura si unisce alla vittoria calcistica tutto è più bello, tutto è più magico.

Lo sa bene il popolo pisano, che forse non ha mai festeggiato come in queste ore. Una stagione tappezzata dalla creazione di un’ottima squadra, forse non pronta per dominare il girone di Lega Pro e accedere direttamente alla Serie B, ma sicuramente affascinante sotto tutti i punti di vista. Una squadra, quella allenata da Luca d’Angelo, in grado di stupire nel divertimento, aspetto non banale visto e considerato che molto spesso anche nel campionato di Serie A molti allenatori vengono tacciati di una noiosa gestione ed un non gioco; non si può dire così del Pisa, e il percorso in questi play-off hanno testimoniato un gruppo coeso, unito nel sogno e appoggiato da un tifo “old style”, un po’ come ad Old Trafford, tanto per citare un tempio che conosco molto bene. Ma tralasciando il lungo e tortuoso percorso del campionato di Lega Pro, com’è stato possibile tutto ciò?

LA CULLA DELLA CULTURA

Attuare un paragone tra la cultura e un campo da calcio risulta assai difficile, anche se non impossibile. Uno stadio, per essere considerato tale, deve incarnare lo spirito di un popolo, unica variante in grado di incorniciare un momento, dettato dalla voglia di osare o dai semplici complimenti rivolti alla squadra. Ecco che allora la cultura subentra anche nell’atteggiamento di una piazza, come quella di Pisa, incentrata sull’arte e sulla capacità del sapere, un po’ come le numerose e pregiate facoltà universitarie che imperversano a macchia d’olio sulla città toscana. Insomma, una zona ricca di storia e raccolta attorno alla Torre, vera e propria opera in grado di emozionare turisti provenienti da tutto il mondo che ben conoscono le ricchezze della propria patria. La cultura che si ritrova anche in un campo da calcio; ecco che allora ritornano alla mente gli ottimi insegnamenti del tecnico D’Angelo, soprattutto nel delicato turno contro l’Arezzo, vinto dai nerazzurri in entrambe le sfide. Penso soprattutto alla gara di ritorno, quella in cui il Pisa doveva difendere il 3-2 maturato in terra aretina contro una squadra spinta all’attacco e poco propensa al contenimento; sembra un gioco da ragazzi, eppure i padroni di casa riuscirono, complice anche due ottime parate di Gori, a gestire il risultando sbloccando la partita a pochi minuti dalla fine. Un momento particolare, portato avanti dall’esperienza di Moscardelli e da uno stadio che incitava i ragazzi dal primo all’ultimo minuto. Il grido pisano, indirizzato all’interno di quella cultura che rende la città di Pisa una delle più affascinanti dell’intera Toscana.

PISA NON SI PIEGA: A TRIESTE PER IL SOGNO

Ricorderò per sempre un famoso striscione esposto dalla curva del Pisa esattamente due anni fa, prima della sfida contro lo Spezia nella vigilia di Natale: Pisa non si piega. Un motto di emozioni che testimoniano la grinta di chi non si arrende a niente, soprattutto in un periodo che vedeva i nerazzurri allenati da Gattuso coinvolti nella lotta retrocessione, con una penalizzazione che non lasciò scampo per la salvezza. A distanza di diversi mesi da quell’evento, quel famoso striscione torna attuale nell’analisi dell’ultimo match stagionale, quello giocato nella serata di ieri allo stadio Nereo Rocco di Trieste. Era l’ultimo atto della stagione, la partita della vita, per citare un famoso detto che riecheggia in alcuni locali; una sfida spettacolare già all’andata, quando il Pisa riuscì a pareggiare a pochi minuti dalla fine acquistando quel pizzico di fiducia che indirizzava i giocatori a provare l’impossibile in terra nemica, in quel Nereo Rocco che desidera tornare ad ospitare le partite di Serie A. E così, dopo qualche giorno di pre-tattica, ecco che d’Angelo trova le giuste misure per fermare la corazzata di Pavanel: un 5-3-2 in fase di non possesso, con l’astuzia di Gori in porta e l’abilità tattica di Masucci e Marconi, autori tra l’altro di due gol importantissimi per i nerazzurri. Decisamente il modo migliore per chiudere la stagione; un secco 3-1 ai tempi supplementari che avvalora la tesi secondo la quale “la vittoria è tanto più sentita quanto più ardua è stata la lotta”.

E CHISSA’ ANCONETANI…

Impossibile non ricordare chi ha reso il Pisa una squadra illustre e animata da uno spirito combattivo degno di nota. Stiamo parlando di Romeo Anconetani, storico presidente dei nerazzurri, che nel corso degli anni 80 portò il club toscano a cimentarsi contro le squadre più importanti, dall’Inter al Milan, passando per il Napoli di Maradona. L’epoca delle scaramanzie, come il "rito del sale" prima dei big match, caldeggiato da una forte ansia di prestazione che trovava libera espressione nell’amore per il Pisa, portatore sano di vero carattere, come il giovane Simeone che da sotto la Torre si preparava a diventare uno dei personaggi calcistici più importanti del globo.

Chissà come avrà reagito Romeo Anconetani dal mondo ultraterreno alla conquista della Serie B da parte di quel club che ha alzato al cielo nell’epoca in cui il portafoglio lasciava spazio al sorriso di un bambino; sicuramente, se fosse stato tra noi, avrebbe sparso il sale a bordo campo del Nereo Rocco facendo arrabbiare i triestini, ma Pisa è anche questo, un insieme di eventi che ruotano attorno ad una sfera con il sogno di un obiettivo circondato dalla voglia di raggiungerlo.
Fatto sta che tra le dirette Instagram di Moscardelli, la gioventù spontanea di Birindelli e l’amore per la maglia di tutto il gruppo, il Pisa è tornato nella seconda divisione italiana, con una cultura importante e con un popolo che si emoziona, soprattutto quando dall’alto della Torre vede il mare, quel mare che ha reso la città una vera e propria perla d’Italia.