Agosto 1963, di fronte a circa 30.000 persone radunate davanti al Linconl Memorial, Martin Luther King enuncia uno dei discorsi a favore della libertà e della parità di trattamento dei cittadini afroamericani più famosi della storia degli Stati Uniti e dell'intero occidente.
Un inno all'uguaglianza, alla condivisione, alla fraternità. Parole quest'ultime che rappresentano i pilastri di qualsivoglia competizione sportiva. Rappresentano o rappresentevano? La domanda sorge obbligata dalle menti di ognuno di noi.

Da molto, troppo tempo, lo sport si basa su un unico ideale: il profitto. Il denaro è divenuto l'unico carburante, il pricipale alimento dell'anima umana. Alcuni storceranno il naso, sbuffando: "Un altro articolo idealista, il mondo è andato, va, ed andrà sempre in questo modo, prima lo accetti meglio sarà la tua vita, rassegnati alla realtà".
Quanti di voi lo hanno pensato? Quasi tutti? Lo immaginavo, lo avrei pensato anch'io. Ma ipotizziamo l'esistenza di un mondo ideale, che possa ancora essere salvato, illudiamoci di poter riuscire ancora a fare qualcosa, da che parte ci schiereremmo? Sono convinto che la maggior parte di voi è già tra le fila degli idealisti, coloro che desiderano, aspirano all'attuazione della giustizia sociale.  

"Quindi siamo venuti qui oggi per tratteggiare a tinte forti una situazione vergognosa". ( M.L.King)

Quale vergogna maggiore, in ambito sportivo, se non i Mondiali che sono prossimi ad iniziare. Una macchia per tutti noi "occidentali", paladini dei diritti delle donne, delle comunità LGBT, dei diritti dei lavoratori. Tutto ciò è stato calpestato dall'assegnazione di una competizione di rilevanza internazionale ad una nazione che non rispetta e non riconosce parzialmente, se non totalmente, la libertà di espressione e di affermazione della propria identità. Un paese in cui se una donna denuncia una violenza sessuale subita rischia la galera e la fustigazione, un paese in cui l'omosessualità è reato, un paese in cui numerosi lavoratori sono morti nella costruzione degli impianti sportivi costruiti per il torneo prossimo all'inaugurazione.
Tutto questo allora perchè? Per il denaro. Un'ingente e poderosa massa di bigliettoni che le istituzioni del calcio hanno accolto a braccia aperte, senza remore e senza dignità. Ma se qualcuno di noi volesse esprimere il proprio disaccordo? Come fare? Semplice, non rendersi partecipe di tutto ciò tramite il dissenso. Non guardare la competizione è quanto si potrebbe attuare senza alcun timore. Per un appassionato è un sacrificio, lo riconosco, ma una presa di posizione necessità sempre di una rinuncia.

Eccole, già mi pare di sentire le obiezioni: "Ma tanto non serve a nulla, cosa può interessare agli organizzatori se una singola persona non guarda la competizione"? La risposta è semplice, nulla. Ma siamo in un mondo ideale, ricordate? Quindi non saremo soli, ma un cospicuo gruppo di uomini e donne che non accettano di essere pilotati e gestiti dalle scelte scellerate di pochi, mossi dall'avidità e dal desiderio di possesso che non ci appartengono.

"I have a dream" (M.L.King)

Ho un sogno, che tali Mondiali siano ricordati per le le dichiarazioni di protesta dei giocatori, per le manifestazioni non violente degli spettatori al di fuori degli stadi, per il dissenso del pubblico televisivo, per essere stati la scintilla del cambiamento.
Rendiamo quanto accaduto un'occasione per avvicinarci al mondo ideale, dove la giustizia sociale non è solo una parola, ma una concreta attuazione dei diritti civili.